Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2183 del 27/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 27/01/2017, (ud. 13/12/2016, dep.27/01/2017),  n. 2183

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25477/2015 proposto da:

P.M., elettivamente domiciliato in ROMA, L.GO COLLI

ALBANI 32, presso lo studio dell’avvocato ALFONSO DELLARCIPRETE, che

lo rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

e contro

CARIGE ASSICURAZIONI SPA, D.R.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 5657/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 16/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. CHIARA GRAZIOSI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, rilevato che il consigliere relatore, esaminati gli atti, ha depositato ex articolo 380 bis c.p.c. la relazione seguente:

” P.M. propone ricorso per cassazione avverso sentenza del 16 settembre 2014 emessa dalla Corte d’Appello di Roma ex art. 281 sexies c.p.c., che ha rigettato il suo appello avverso sentenza n. 31892/2004 del Tribunale di Roma, la quale aveva respinto la sua domanda risarcitoria per danni da incidente stradale del (OMISSIS) proposta nei confronti di D.R.G. – proprietario della vettura che si era scontrato con il ciclomotore dell’attore – e della sua compagnia assicuratrice.

Nessuno degli intimati si è costituito.

Il ricorso, articolato in tre motivi, può essere trattato in Camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 c.p.c..

Il primo motivo denuncia “tardività della riproposizione da parte della convenuta del proprio assunto radicato sulla validità della dichiarazione del sedicente C.”, con violazione degli articoli 343-166 e 167 c.p.c. in relazione all’articolo 360, primo comma, nn.3 e 5 c.p.c.

Il motivo adduce che nel giudizio d’appello la devoluzione è limitata ai soli motivi di impugnazione, e che “la parte vittoriosa, ove voglia avvalersi di alcune delle proprie argomentazioni non considerate nella sentenza, pur non essendo tenuta a svolgere impugnazione incidentale, deve pur sempre riproporle nel rispetto dei termini di legge”. In questo caso, invece, “controparte” le aveva riproposte solo con la comparsa di costituzione depositata in udienza, quindi dopo la scadenza del termine ex articolo 167 c.p.c.

La sintesi del motivo dimostra che non è sufficientemente specifico, perchè non è dato comprendere che cosa significa effettivamente “riproposizione da parte della convenuta” – evidentemente la compagnia assicuratrice, unica appellata costituitasi – di un “assunto radicato sulla validità della dichiarazione del sedicente C.”. Ciò conduce il motivo alla inammissibilità. Ad abundantiam si osserva che comunque, facendosi riferimento a quello che viene definito un mero “assunto” – e quindi non è una domanda nè una eccezione – si è di fronte ad una mera difesa, per la quale non sono applicabili i principi invocati nel motivo.

Il secondo motivo, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, lamenta “omessa valutazione del fatto del mancato accertamento dell’identità del C.” con conseguente inutilizzabilità della di lui “dichiarazione” per violazione degli artt. 251-252 c.p.c. e art. 2700 c.c., con violazione del diritto di difesa.

Così presentandolo, il ricorrente mescola nel motivo sia un preteso vizio motivazionale – omessa valutazione di un fatto che, evidentemente, secondo il ricorrente è decisivo – sia la violazione di norme ai fini procedurali, creando così una doglianza inammissibilmente ambigua. Non vi è d’altronde specificità nel motivo in riferimento a quanto viene osservato dalla corte territoriale proprio a proposito delle dichiarazioni di C.D. (motivazione, pagina 3). Il motivo appare quindi inammissibile.

Il terzo motivo viene rubricato come “omesso esame di fatti emergenti da un rapporto della P.S. e delle deposizioni dei testi P. e M.” con violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4. Il contenuto del motivo, tuttavia, costituisce una diretta critica delle valutazioni di fatto operate dal giudice d’appello, il che lo rende inammissibile.

Si propone pertanto la declaratoria di inammissibilità del ricorso”.

ritenuto che detta relazione è condivisibile e che la memoria successivamente depositata del ricorrente non ha apportato elementi idonei a contrastarne il contenuto, riproponendo in sostanza le argomentazioni già confutate dalla relazione;

ritenuto pertanto che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la presente motivazione semplificata, nulla dovendosi disporre in ordine alle spese processuali, non essendosi costituiti gli intimati;

ritenuto che sussistono D.P.R. n. 115 del 2012, ex art. 13, comma 1 quater, i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso. Nulla spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2017

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