Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21828 del 29/08/2019

Cassazione civile sez. II, 29/08/2019, (ud. 04/04/2019, dep. 29/08/2019), n.21828

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7142/2018 proposto da:

G.M., domiciliato in ROMA presso la Cancelleria della Corte di

Cassazione, e rappresentato e difeso dall’avv. GIANLUCA SICCHIERO

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CONSERVATORE ARCHIVIO NOTARILE TRENTO, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

PROCURATORE GENERALE CORTE APPELLO VENEZIA;

– intimato –

avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il

06/12/2017;

udito il Sostituto Procuratore Generale Dott. CARMELO SGROI, che ha

concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato Gianluca Sicchiero per il ricorrente.

Fatto

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Il notaio G.M. impugnava la decisione della COREDI del Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Veneto del 20/1/2017 con la quale gli era stata irrogata la sanzione pecuniaria di Euro 600,00 per la violazione dell’art. 28 della L.N. per l’omessa menzione della conformità catastale in un atto dal medesimo notaio rogato, con la conseguente nullità ai sensi della L. n. 52 del 1985, art. 29, comma 1 bis.

La Corte d’Appello di Venezia nella resistenza della Conservatoria dell’Archivio notarile di Trento, con ordinanza del 6 dicembre 2017 accoglieva in parte il reclamo, rideterminando la sanzione pecuniaria nel minimo edittale pari ad Euro 516,00, ritenendo che l’omessa menzione concerneva solo uno dei cinque atti rogati nel medesimo giorno, e ciò verosimilmente per una mera svista del professionista.

Quanto alle altre doglianze del notaio, disattendeva l’eccezione relativa alla nullità dell’intero procedimento disciplinare stante la nullità del verbale di ispezione che non risultava sottoscritto dal Conservatore.

Secondo la Corte distrettale, la mancata sottoscrizione da parte di uno solo dei pubblici ufficiali che operano l’ispezione non mina la legittimità dell’azione disciplinare che trae origine dal riscontro della violazione del menzionato art. 29, comma 1 bis e non già dall’atto ispettivo che è invece un mero atto prodromico del procedimento disciplinare.

Nel merito della ravvisata nullità, l’ordinanza impugnata riteneva che l’assenza della formale menzione non potesse essere colmata tramite la lettura complessiva dell’atto e dei relativi allegati, ritenendo di aderire alla precedente giurisprudenza di legittimità che aveva escluso che la dichiarazione di conformità, la cui finalità è anche quella di assicurare un contrasto all’evasione fiscale, possa reputarsi soddisfatta tramite la dichiarazione di conformità allo stato di fatto dell’immobile della sola planimetria catastale depositata ovvero di un documento relativo alla sola descrizione grafica del bene, essendo necessario il riferimento ai dati catastali che possono fornire gli elementi oggettivi di riscontro delle caratteristiche patrimoniali dell’immobile rilevanti ai fini fiscali. La norma di cui alla L. n. 52 del 1985, art. 29,comma 1 bis, si configura alla stregua di una previsione di nullità formale assoluta ed insanabile per la cui realizzazione è sufficiente il mero riscontro dell’assenza della dichiarazione completa di conformità.

Risultava quindi correttamente applicata la previsione di cui all’art. 28 della Legge Notarile.

Nè poteva condurre a diversa conclusione la rinnovazione dell’atto nullo, in quanto la regolarità della condotta del notaio deve essere valutata ai fini disciplinari in relazione alla data di compimento dell’atto.

Alcun ausilio poteva poi offrire al notaio la previsione di cui al D.L. n. 50 del 2017, art. 8 comma 1 bis, entrato in vigore il 24 giugno 2017 che ha previsto anche per la nullità di cui all’art. 29, comma 1 bis, la possibilità della conferma, stante l’inapplicabilità all’illecito disciplinare del notaio del principio del favor rei di cui all’art. 2 c.p..

Infine, non poteva invocarsi l’efficacia del controllo tavolare effettuato sull’atto in questione, atteso che si tratta di controllo meramente formale finalizzato unicamente all’accertamento dei requisiti richiesti per l’iscrizione dell’atto nel libro fondiario ma che non si estende alla validità dell’atto.

Inoltre, stante il limitato controllo del giudice tavolare, deve escludersi che si sia al cospetto di attività giurisdizionale di tipo contenzioso, non potendosi quindi invocare al riguardo l’autorità del giudicato sostanziale.

Avverso tale ordinanza propone ricorso G.M. sulla base di quattro motivi illustrati da memorie ex art. 378 c.p.c..

L’Archivio Notarile di Trento ha resistito con controricorso.

Il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Venezia è rimasto intimato.

2. Il primo motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 101 c.p.c. e art. 155 L.N., in quanto nel procedimento di reclamo sarebbero stati parti, oltre al reclamante, solo il PG presso la Corte d’Appello ed il Conservatore di Trento, senza che fosse stato evocato anche il Consiglio notarile distrettuale di Trento, presso cui è iscritto il ricorrente.

In tal senso rileva l’opinione di questa Corte secondo cui la partecipazione del Consiglio notarile al procedimento disciplinare in sede di impugnazione giurisdizionale è necessaria, dovendosi tenere fermo tale orientamento anche a seguito della novella di cui al D.Lgs. n. 249 del 2006.

Il ricorrente segnala che però sulla questione, ed in relazione a procedimenti sottoposti alla disciplina di cui alla menzionata riforma, accanto a pronunce di legittimità che hanno espressamente ribadito la tesi della partecipazione necessaria, ve ne sono altre che invece si sono orientate in senso opposto, sicchè si invita il Collegio a valutare l’opportunità di investire della questione le Sezioni Unite.

Va però in primo luogo dissipata ogni perplessità circa l’ammissibilità del motivo che nella sostanza denuncia un error in procedendo, a fronte della previsione di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 26, che si limita a prevedere la ricorribilità in cassazione delle decisioni adottate dalle Corte d’Appello in materia di procedimenti disciplinari concernenti i notai solo per violazione di legge.

All’uopo va richiamato il recente intervento delle Sezioni Unite di questa Corte che con la sentenza n. 1415/2019 hanno affermato che in tema di procedimento disciplinare nei confronti dei notai, cui si applica il D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 26,il ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte d’appello, adottata sul reclamo nei confronti del provvedimento disciplinare, deve intendersi ammesso anche per le violazioni di norme processuali riconducibili ai vizi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in forza di un’interpretazione costituzionalmente orientata ed al fine di garantire la piena tutela delle garanzie primarie del diritto di difesa e del diritto al contraddittorio.

In relazione alla questione oggetto del motivo, deve effettivamente rilevarsi che, sebbene in relazione al testo della norma anteriore alla riforma del 2006, questa Corte ha espresso il principio secondo cui (Cass. S.U. n. 9328/2002) nel procedimento giurisdizionale in materia di sanzioni disciplinari a carico di notai – tanto se successivo alla fase amministrativa demandata al Consiglio notarile locale che abbia applicato una sanzione disciplinare minore (avvertimento o censura), quanto se instaurato, su iniziativa del pubblico ministero, per l’applicazione, diretta e per la prima volta, delle sanzioni più gravi (ammenda, sospensione o destituzione) – il Consiglio dell’ordine cui appartiene il notaio incolpato è, in ogni caso, parte del giudizio, essendo portatore di un interesse alla esatta applicazione della sanzione disciplinare, ed è quindi legittimato ad impugnare la relativa sentenza (conf. ex multis Cass. n. 10880/2002).

Trattasi però di principio che non appare ancora invocabile a seguito della riforma del procedimento disciplinare notarile del 2006.

In tale direzione si ritiene maggiormente persuasivo l’orientamento, manifestatosi appunto dopo la riforma di cui al D.Lgs. n. 249 del 2006, secondo cui nella fase giurisdizionale dei procedimenti disciplinari nei confronti dei notai il consiglio notarile è parte (e pertanto può essere condannato al rimborso delle spese di giudizio in caso di soccombenza) soltanto ove il suo presidente abbia promosso l’azione o sia intervenuto davanti alla commissione amministrativa regionale di disciplina (Cass. n. 15273/2013; conf. Cass. n. 12740/2015).

Infatti, si è sottolineato che, nel sistema precedente la menzionata riforma, nel procedimento giurisdizionale in materia di sanzioni disciplinari a carico di notai – tanto se successivo alla fase amministrativa demandata al Consiglio notarile locale che avesse applicato una sanzione disciplinare minore (avvertimento o censura), quanto se instaurato, su iniziativa del pubblico ministero, per l’applicazione, diretta e per la prima volta, delle sanzioni più gravi (ammenda, sospensione o destituzione) – il Consiglio dell’ordine cui apparteneva il notaio incolpato era, in ogni caso, parte del giudizio, essendo portatore di un interesse alla esatta applicazione della sanzione disciplinare, ed era quindi legittimato ad impugnare la relativa sentenza.

Tuttavia con il D.Lgs. 1 agosto 2006, n. 249, sono stati sostituiti, tra gli altri, anche della L. n. 89 del 1913, artt. 153 e segg., così che l’iniziativa per l’apertura del procedimento disciplinare è stata attribuita al Procuratore della Repubblica, al Presidente del Consiglio notarile ed al Capo dell’Archivio notarile territoriale (art. 153 vig.), mentre la competenza a conoscere degli illeciti disciplinari commessi dai notai si appartiene alla Commissione Amministrativa Regionale di Disciplina, presieduta da un magistrato.

In questa sede sono quindi parti necessarie l’organo che ha proposto il procedimento ed il notaio, pur potendo intervenire, ancorchè non abbiano richiesto l’apertura del procedimento, il P.M. ed il Presidente del Consiglio notarile, mentre eguale facoltà di intervento non è riconosciuta al Capo dell’Archivio notarile (L. n. 89 del 1913, art. 156 bis, n. 5).

Deve però ritenersi che nella fase giurisdizionale del procedimento siano parti necessarie, oltre ovviamente al notaio, anche la parte che già lo era nella fase amministrativa e cioè il soggetto che aveva richiesto l’apertura del procedimento, il quale, pur non avendo richiesto tale apertura, fossero tuttavia intervenuti nel procedimento.

Ne discende che il Consiglio notarile, a cui appartiene il notaio incolpato, non necessariamente è parte nel fase giurisdizionale del procedimento disciplinare e ciò perchè non è più il soggetto che ha emesso la sanzione disciplinare, non essendo quindi portatore dell’interesse al mantenimento del provvedimento o all’esatta applicazione dello stesso.

Laddove, invece, come nella vicenda in esame, l’iniziativa disciplinare sia stata assunta dal Conservatore dell’Archivio Notarile, senza che il Consiglio notarile abbia preso parte alla fase procedimentale, resta esclusa la sua qualità di parte necessaria nel procedimento giurisdizionale, ove abbia altresì deciso di non avvalersi della facoltà di intervento.

Non può invece darsi seguito all’opinione espressa da altra decisione di questa Corte (Cass. n. 2558/2011) che, sebbene emessa in relazione ad una sanzione disciplinare assunta nel vigore della riforma del 2006, ha affermato che il Consiglio notarile è parte necessaria del procedimento disciplinare a carico del notaio, così’ che il mancato avviso al Consiglio dell’avvio del procedimento, ad iniziativa del capo dell’Archivio notarile, dinanzi alla Commissione regionale di disciplina è causa di nullità del procedimento stesso.

Trattasi però di precedente che oltre ad anticipare gli effetti della necessaria partecipazione alla stessa fase procedimentale amministrativa, non tiene conto degli effetti della riforma quanto al potere di iniziativa disciplinare ed all’individuazione dell’organo competenti ad emettere i provvedimenti sanzionatori, limitandosi a richiamare il menzionato arresto delle Sezioni Unite, ma senza adeguatamente ponderare gli effetti della novella, che invece depongono, ad avviso del Collegio, per l’esclusione della qualità di parte necessaria al soggetto che in concreto non abbia esercitato il potere di iniziativa disciplinare.

Il motivo deve quindi essere rigettato.

3. Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione di legge in relazione all’art. 1418 c.c. e artt. 128 e 153 L.N..

Si evidenzia che in sede di reclamo era stata posta la questione concernente la nullità del verbale del Conservatore ex art. 128 della L.N., atteso che tale atto, che è attribuibile sia al Conservatore che al Presidente del Consiglio notarile, risultava sottoscritto solo dal notaio ricorrente e dal Presidente del Consiglio notarile e non anche dal Conservatore e ciò in violazione di quanto previsto dall’art. 253 del regolamento n. 1326/1914, che invece prevede che tutti i pubblici ufficiali debbano sottoscrivere il verbale.

Tuttavia la Corte d’appello nel disattendere la doglianza del ricorrente ha assunto che la mancata sottoscrizione del Conservatore non minava la legittimità dell’azione disciplinare, che trae origine dalla violazione riscontrata e non già dall’atto ispettivo.

In tal modo però i giudici di merito non hanno considerato che la legge in tanto attribuisce al Conservatore il potere di iniziativa disciplinare, in quanto abbia riscontrato degli illeciti nell’esercizio dell’attività ispettiva, che però si sia estrinsecata in un valido atto ispettivo.

Il motivo è infondato.

Rileva il Collegio che le conclusioni alle quali è pervenuta la Corte distrettuale meritino condivisione.

Ed invero, come emerge dalla stessa narrazione dei fatti compiuta dalla difesa del ricorrente, il verbale risultava predisposto anche per la sottoscrizione da parte del Conservatore, la cui identificazione come coautore dell’atto non è controversa e d’altronde la sottoscrizione apposta dallo stesso ricorrente conforta il convincimento che le operazioni ispettive siano state effettuate con la partecipazione del Conservatore, sicchè deve reputarsi non contestato che le operazioni ispettive si siano svolte, anche con la partecipazione del Conservatore, il che legittima la successiva promozione dell’azione disciplinare in relazione alle violazioni emerse all’esito dell’attività di verifica di cui il verbale comunque fornisce contezza.

4. Il terzo motivo denuncia la violazione della L. n. 52 del 1985, art. 29, comma 1 bis e degli artt. 1363,1366 e 1367 c.c. e del R.D. n. 499 del 1929, art. 94 (legge tavolare).

Assume il ricorrente che l’esistenza delle menzioni catastali non è correlata ad una formula specifica ma deve ricavarsi dal contesto dell’atto.

Nella specie la conformità catastale del bene poteva ricavarsi dalla presenza degli estratti di mappa formati dai contraenti, assicurando in tal modo il soddisfacimento delle prescrizioni imposte dalla legge.

Inoltre il giudice tavolare aveva effettuato il proprio controllo sulla validità dell’atto, essendo quindi intervenuta una statuizione di carattere giurisdizionale circa l’assenza di nullità. Si ritiene pertanto erronea l’affermazione del giudice di merito il quale ha rilevato che la dichiarazione di conformità delle parti, prescritta a pena di nullità non poteva essere adempiuta con il solo richiamo alla conformità allo stato di fatto della planimetria del bene, essendo invece necessario anche il richiamo ai dati fiscali.

Il motivo è infondato.

Ed, invero, va immediatamente disattesa la censura nella parte in cui deduce che non si sarebbe tenuto conto della valutazione dell’atto resa da parte del giudice tavolare.

In tal senso va richiamata la costante giurisprudenza di questa Corte a mente della quale (cfr. Cass. n. 10623/2017) i provvedimenti adottati dal giudice tavolare, quale il provvedimento di diniego di intavolazione emesso dal tribunale in sede di reclamo, sono insuscettibili di ricorso straordinario per Cassazione ex art. 111 Cost., che è esperibile solo contro decisioni conclusive di procedimenti contenziosi, in quanto si tratta di provvedimenti pronunciati all’esito di un procedimento che non comporta esplicazione di un’attività giurisdizionale in sede contenziosa, – essendo in esso unica parte l’istante e non avendo ad oggetto la risoluzione di un conflitto di interessi quanto, piuttosto, il regolamento, secondo legge, dell’interesse pubblico alla pubblicità immobiliare – ed è insuscettibile di passare in giudicato potendo le parti agire in via contenziosa per ottenere una pronuncia sull’esistenza del loro diritto all’intavolazione (conf. Cass. n. 10379/1997; Cass. n. 27289/2005).

Ne deriva che l’eventuale valutazione del giudice tavolare non può in alcun modo pregiudicare la successiva valutazione, ancorchè in sede disciplinare, circa la validità o meno dell’atto. Quanto invece al diverso profilo della possibilità di surrogare la menzione di conformità di cui all’art. 29, comma 1 bis, con la presenza in atti degli estratti di mappa firmati dalle parti, reputa il Collegio di dover confermare il proprio orientamento al quale risulta essersi conformata la decisione gravata.

Infatti, va riaffermato che (cfr. Cass. n. 20465/2016) la dichiarazione di conformità dell’immobile ai dati catastali non può essere surrogata dalla mera dichiarazione di conformità delle planimetrie, sicchè il notaio che redige l’atto senza inserire la dichiarazione di conformità catastale incorre in una nullità ai sensi dell’art. 28 L. Not. (conf. Cass. n. 8611/2014, a mente della quale la dichiarazione richiesta dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 19, comma 14, conv. in L. 30 luglio 2010, n. 122, riguarda la conformità allo stato di fatto non della sola planimetria dell’immobile, ma anche dei dati catastali, questi ultimi costituendo gli elementi oggettivi di riscontro delle caratteristiche patrimoniali del bene, rilevanti ai fini fiscali; l’omissione determina la nullità assoluta dell’atto, perchè la norma ha una finalità pubblicistica di contrasto all’evasione fiscale, conseguendone la responsabilità disciplinare del notaio, ai sensi della L. 16 febbraio 1913, n. 89, art. 28, comma 1; Cass. n. 11507/2016).

La censura del ricorrente non offre elementi che possano indurre il Collegio a discostarsi dai menzionati precedenti, nè, nel lamentare l’omessa verifica del contenuto dell’atto, si perita di indicare se ed in quale parte dello stesso fossero presenti tutti i dati, anche di rilevanza essenzialmente fiscale, che il legislatore esige siano contemplati nella menzione di cui alla L. n. 52 del 1985, art. 29, comma 1 bis.

5. Il quarto motivo denuncia la violazione della L. n. 52 del 1985, art. 29, comma 1 ter, art. 1418 c.c. e artt. 28 e 138 della L.N..

Rileva la difesa del notaio che con D.L. 24 aprile 2017, n. 50, entrato in vigore il 24 giugno 2017, il legislatore ha previsto la conferma anche per l’atto privo delle menzioni di cui all’art. 29, comma 1 bis e che il ricorrente aveva tempestivamente provveduto in tal senso, depositando innanzi alla Corte d’Appello il relativo atto redatto in data 13 luglio 2017.

I giudici di merito hanno però ravvisato l’irrilevanza di tale conferma, ritenendo che occorreva avere riguardo, ai fini della verifica della responsabilità disciplinare alla situazione sussistente al momento della redazione dell’atto.

Infatti, in materia di illecito disciplinare notarile non è dato invocare l’art. 2 c.p., in tema di favor rei, non potendo quindi incidere sul giudizio di responsabilità del professionista la norma sopravvenuta.

Assume il mezzo di gravame che tale motivazione sarebbe erronea, in quanto l’art. 29, comma 1 ter, introdotto dal menzionato D.L., avrebbe previsto non già una sanatoria dell’atto nullo, ma un’ipotesi di formazione progressiva dell’atto. Ne consegue quindi che la nullità potrebbe essere contestata, ai fini disciplinari, solo se la stessa sussista ancora al momento della decisione, con la conseguenza che poichè nella vicenda si era completata la formazione progressiva dell’atto di trasferimento, non poteva essere affermata la responsabilità del ricorrente.

Il motivo è infondato.

A tal fine va richiamato quanto affermato anche di recente da questa Corte (Cassazione civile sez. II, 11/05/2015, n. 9486) secondo cui costituisce illecito disciplinare la ricezione, da parte del notaio, dell’atto di trasferimento di un immobile derivante da lottizzazione abusiva, anche se successivamente l’ordinanza del sindaco, denotante tale provenienza, sia stata dichiarata illegittima dal giudice penale per ragioni di carattere formale.

In motivazione si è appunto sottolineato che la regolarità della condotta del notaio, a fini disciplinari, deve essere valutata al momento della stipula dell’atto, e che le valutazioni riservate al notaio con riferimento alla validità dell’atto devono effettuarsi con un giudizio “ex ante”, per non esporre le parti alle conseguenze pregiudizievoli derivanti dalla stipula di un atto nullo, e ciò in quanto il divieto imposto al notaio dall’art. 28 della L.N. di ricevere atti espressamente proibiti dalla legge, è violato nel momento stesso della redazione dell’atto rogato dal professionista, in quanto la ricezione dell’atto stesso segna il momento di consumazione istantanea dell’illecito.

In tal senso rileva anche Cass. n. 21493/2005, che ha affermato che in tema di responsabilità disciplinare del notaio, il divieto (imposto dalla L. 16 febbraio 1913, n. 89, art. 28, comma 1, n. 1 e sanzionato con la sospensione a norma dell’art. 138, comma 2) di ricevere atti espressamente proibiti dalla legge, è violato nel momento stesso della redazione della clausola nulla, inserita in un atto rogato dal professionista, in quanto la redazione della clausola segna il momento di consumazione istantanea dell’illecito, sul quale non possono spiegare efficacia sanante o estintiva della punibilità eventuali rimedi predisposti dal legislatore per conservare ai fini privatistici l’atto (quali la sostituzione di diritto della clausola nulla con norma imperativa).

Ciò consente di affermare che anche laddove già la formulazione della norma originaria contempli la possibilità di una conferma o di una conservazione della validità dell’atto, il riscontro della fattispecie idonea a determinare la nullità genera la responsabilità disciplinare del notaio, non potendosi a tal fine tenere conto di quanto eventualmente posto in essere dallo stesso notaio o dalle parti con la redazione di un atto di conferma, che non elide il giudizio di disvalore dell’ordinamento nei confronti dell’atto al momento della sua stipula originaria, esponendo quindi le parti al rischio di avere concluso un atto nullo, nonostante l’essersi affidate al ministero notarile.

Va pertanto disatteso quanto affermato da Cass. n. 3526/2008, a mente della quale, in tema di responsabilità disciplinare dei notai, poichè il divieto (imposto dalla L. n. 89 del 1913, art. 28, comma 1, n. 1) di ricevere atti “espressamente proibiti dalla legge” riguarda gli atti affetti da nullità assoluta, e non da mera annullabilità, inefficacia o nullità relativa, la sanzione prevista dalla legge notarile non è applicabile a carico del notaio che abbia allegato ad un atto pubblico di compravendita un certificato di destinazione storico-urbanistica non riportante la destinazione attuale della particella compravenduta, trattandosi di atto di cui il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 30, comma 4 bis, non prevede la nullità assoluta, ma una invalidità sanabile, stante la possibilità di una sua “conferma” o “integrazione” anche ad opera di una sola delle parti o dei suoi aventi causa, in quanto trattasi di soluzione che risulta chiaramente contraddire l’espressa qualificazione della legge in termini di nullità, ancorchè suscettibili di conferma, che non elide quindi il giudizio originario di disvalore dell’ordinamento per gli atti che non soddisfino i requisiti imposti dalla stessa legge a pena di nullità.

Peraltro va altresì evidenziato che nella fattispecie la possibilità di conferma dell’atto nullo è frutto di una norma sopravvenuta rispetto alla data di commissione dell’illecito contestato, potendosi quindi reputare che l’invocare gli effetti della disciplina più favorevole dettata dal legislatore contrasti con il principio dell’inapplicabilità del favor rei di cui all’art. 2 c.p., in materia di sanzioni disciplinari notarili, come appunto ribadito dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 7274/2008 secondo cui l’illecito disciplinare del notaio è soggetto alle norme vigenti al tempo in cui fu commesso, a nulla rilevando che successivamente tali norme siano state abrogate o modificate in senso favorevole all’incolpato; conf. Cass. n. 9878/2008).

La necessità quindi di dover in ogni caso avere riguardo alla avvenuta stipula di un atto affetto da nullità, occorrendo traguardare il giudizio di responsabilità disciplinare a tale momento, e senza che quindi abbia rilievo l’eventuale successiva conferma dell’atto, ove ritenuta ammissibile da parte del legislatore, non consente quindi di attribuire portata decisiva alle affermazioni, pur richiamate dalla difesa del ricorrente di cui alla recente decisione di questa Corte n. 29894/2018, laddove in motivazione si ritiene che, proprio in relazione ad una vicenda che concerneva la medesima ipotesi di nullità qui in esame, la responsabilità (disciplinare) del notaio verrebbe meno, ove già nel procedimento disciplinare o comunque davanti al giudice, il notaio dia prova che sia stato posto in essere l’atto di conferma e che al momento del compimento dell’atto nullo sussisteva la conformità allo stato di fatto dei dati catastali.

Trattasi però di affermazioni rese a livello di obiter dicta (posto che nella fattispecie decisa nel precedente ora richiamato, non risultava comunque dimostrata la conferma, sicchè questa Corte era chiamata a valutare la responsabilità disciplinare per il compimento di un atto che non aveva ricevuto conferma, e che restava affetto da nullità) e che non tengono conto dei superiori rilievi circa la necessità di traguardare il giudizio di disvalore disciplinare al momento del compimento dell’atto nullo, stante l’irrilevanza ai fini che qui interessano, della successiva sorte dell’atto (evento quanto che potrà, se del caso, incidere su altri e diversi profili di responsabilità del professionista, quale ad esempio quella civile).

Il ricorso deve pertanto essere rigettato.

6. Tenuto conto del contrasto interpretativo sorto in merito alla soluzione delle questioni che i motivi di ricorso pongono, e che hanno richiesto di valutare gli effetti di novelle normative rispetto agli orientamenti giurisprudenziali maturati in precedenza, si ritiene che ricorrano le condizioni per disporre l’integrale compensazione delle spese del presente giudizio.

7. Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, il comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del presente giudizio;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 4 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 agosto 2019

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