Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21828 del 28/10/2016


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Cassazione civile sez. trib., 28/10/2016, (ud. 19/09/2016, dep. 28/10/2016), n.21828

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Luigi – Presidente –

Dott. DAVIGO Piercamillo – Consigliere –

Dott. SANDRINI Enrico – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

Dott. GUARDIANO Alfredo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19501-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

VIMATEX SPA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 75/2011 della COMM.TRIB.REG. di FIRENZE,

depositata il 10/06/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/09/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;

udito per il ricorrente l’Avvocato CAPOLUPO che si riporta agli atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE Alessandro, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- La VIMATEX Spa, esercente l’attività di “elaborazione elettronica dati”, impugnava l’avviso di accertamento notificato in data 2 ottobre 2008, che, per l’anno d’imposta (OMISSIS) e relativamente alle imposte IVA-IRPEG e IRAP, accertava maggiori ricavi sulla base dell’applicazione degli studi di settore.

La Commissione Tributaria Provinciale di Firenze rigettava il ricorso.

2.- La società contribuente proponeva appello per i seguenti motivi, così riportati nella sentenza impugnata: 1) carenza di motivazione; 2) infondatezza dei presupposti legislativi in fatto ed in diritto; 3) mancato rispetto del principio di effettiva capacità contributiva (L. n. 212 del 2000 “statuto del contribuente”).

La Commissione Tributaria Regionale di Firenze ha accolto il gravarne ed ha compensato le spese processuali. Il giudice d’appello ha valorizzato i seguenti due dati: l’attendibilità della contabilità, in regime ordinario e sottoposta ai controlli di legge e di statuto della società per azioni; l’irrilevanza, nel caso di specie, dell’antieconomicità dell’attività svolta, come enunciata nell’avviso di accertamento, tenuto conto della “grave crisi globale”, sicchè l’Agenzia delle Entrate non avrebbe provato ai fini dell’accertamento “motivi specifici” e non avrebbe fornito “elementi sufficienti” per avvalorare i risultati degli studi di settore.

3.- Avverso la sentenza, pubblicata il 10 giugno 2011, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso affidato a due motivi.

La VIMATEX s.p.a. non si è difesa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Col primo motivo di ricorso si denuncia “nullità della sentenza per ultrapetizione in violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4″, perchè la CTR avrebbe deciso rilevando l’illegittimità dell’accertamento in presenza di contabilità regolare, mentre la società contribuente non avrebbe mai affermato nulla in merito alla regolarità della propria contabilità.

1.1.- Il motivo è privo di pregio, considerato che, nel tenore della motivazione, l’esame della contabilità è espressione della valutazione della realtà economica e gestionale della società contribuente, dalla quale il giudice di merito non può prescindere nella verifica della prova presuntiva offerta dall’Amministrazione e della prova contraria spettante al contribuente ai sensi della normativa sugli studi di settore, di cui appresso.

Il primo motivo va perciò rigettato.

2.- Col secondo motivo si denuncia violazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, comma 3, convertito con modificazioni in L. n. 427 del 1993, dell’art. 2727 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, perchè la decisione si basa sui due assunti sopra riportati nello svolgimento del processo, che l’Avvocatura Generale ritiene essere in contrasto con le norme di legge enunciate in rubrica, così come interpretate dalla giurisprudenza di questa Corte richiamata in ricorso.

2.1.- Il motivo è fondato.

Questa Corte ha chiarito che la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards in sè considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. In tale sede, quest’ultimo ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli standards o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente. L’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità degli standards al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte (cfr. Cass. S.U. n. 26635/2009, Cass. n. 12558/2010, Cass. n. 12428/2012, Cass. n. 23070/2012).

In termini di onere della prova, nella citata sentenza delle Sezioni Unite, si è affermato, schematicamente, che “l’onere della prova (..) è così ripartito: a) all’ente impositore fa carico la dimostrazione dell’applicabilità dello standard prescelto al caso concreto oggetto dell’accertamento; b) al contribuente (..) fa carico la prova della sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possano essere applicati gli standard o della specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo cui l’accertamento si riferisce”. Come successivamente precisato da questa Corte (Cass. n. 3312/2011), l’effetto del principio di diritto affermato delle Sezioni Unite è stato quello di porre in luce l’importanza del contraddittorio, non solo nel processo ma anche nella realtà, quale strumento principale di verificazione o falsificazione della corrispondenza tra realtà e sua rappresentazione, in quanto proprio “in sede di contraddittorio – il quale può avvenire già in fase amministrativa, ma anche e soprattutto nel giudizio – il contribuente potrà in primo luogo dedurre e dimostrare che i parametri utilizzati sono in sè erronei perchè sono basati su elementi fattuali non corrispondenti alla realtà o su criteri di elaborazione e di inferenza illogici” e potrà quindi chiedere l’annullamento del provvedimento che li ha approvati ovvero dedurre e dimostrare che l’Ufficio impositore è incorso in errore operativo nell’applicare i parametri alla sua realtà ovvero ancora dedurre o l’estraneità della propria attività rispetto alla tipologia alla quale quei parametri intendono riferirsi o la sussistenza, nella propria attività, di caratteri per così dire anormali, cioè di elementi che la diversificano rispetto a quelle in riferimento alle quali è stata individuata la normalità reddituale (cfr., da ultimo, Cass. n. 3415/15, in motivazione).

3.- La C.T.R. non si è attenuta ai principi di cui sopra, quando ha preteso da parte dell’Amministrazione la prova di elementi di fatto ulteriori idonei ad “avvalorare l’attribuzione di maggiori ricavi derivanti dall’applicazione degli Studi di settore. Nel caso di specie, la prova presuntiva fornita da questi ultimi si è adeguatamente formata mediante l’attivazione di regolare contraddittorio con la società contribuente sugli standards elaborati a supporto dell’accertamento, la cui applicazione all’attività esercitata dalla società non è nemmeno in contestazione. Dato ciò, sarebbe stato onere della contribuente fornire ulteriori elementi di segno contrario rispetto agli elementi presuntivi offerti dall’Amministrazione, onde giustificare lo scostamento tra i ricavi dichiarati e quelli presunti.

3.1.- Nè può rilevare, come sembra ritenere la CTR, che la società abbia tenuto una contabilità regolare per tutto il periodo in contestazione.

In proposito, è sufficiente ribadire l’orientamento giurisprudenziale richiamato in ricorso per il quale “In tema di accertamento delle imposte sui redditi, il D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 62 sexies (convertito in L. 29 ottobre 1993, n. 427) consente, pure in presenza di contabilità formalmente regolare e senza obbligo di ispezione dei luoghi, se non assolutamente necessaria, la rettifica induttiva del reddito d’impresa qualora emergano gravi incongruenze tra i ricavi dichiarati e quelli ragionevolmente attesi in base alle caratteristiche dell’attività svolta o agli studi di settore, e quindi anche al di fitori delle ipotesi previste del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d” (così Cass. n. 8643/07, nonchè Cass. n. 6929/13, alla cui motivazione si fa integrale rinvio).

Peraltro, nel caso di specie, l’Amministrazione ha evidenziato una situazione di grave antieconomicità protratta per diversi anni, palesata proprio dalle scritture contabili sociali.

In conclusione, rigettato il primo motivo, va accolto il secondo motivo di ricorso. La sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata alla Commissione Tributaria Regionale di Firenze, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte, rigettato il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale di Firenze, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 19 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2016

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