Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21825 del 20/10/2011

Cassazione civile sez. I, 20/10/2011, (ud. 28/09/2011, dep. 20/10/2011), n.21825

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.G., con domicilio eletto in Roma, via Giulia di

Colloredo n. 46/48, presso l’Avv. De Paola Gabriele che lo

rappresenta e difende come da procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, rappresentato e difeso, per legge, dall’Avvocatura generale

dello Stato, e presso gli Uffici di questa domiciliato in Roma, Via

dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

per la cassazione del decreto della Corte d’appello di Venezia n.

257/2008 V.G. depositato il 15 giugno 2009.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

giorno 28 settembre 2011 dal Consigliere relatore Dott. Vittorio

Zanichelli;

sentite le richieste del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. LETTIERI Nicola che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

M.G. ricorre per cassazione nei confronti del decreto in epigrafe della Corte d’appello che, liquidando Euro 3.750 per anni sette e mesi sei di ritardo, ha accolto parzialmente il suo ricorso con il quale è stata proposta domanda di riconoscimento dell’equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata del processo svoltosi in primo grado avanti alla competente Corte dei Conti dal 26.5.1997 al 14.11.2007.

Resiste l’Amministrazione con controricorso.

Il P.G. ha depositato memoria.

Il Collegio ha disposto la redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo e il secondo motivo con i quali si deduce violazione della L. n. 89 del 2001 e della Convenzione nonchè difetto di motivazione in relazione alla quantificazione del danno non patrimoniale che il giudice del merito ha determinato in Euro 500 per ogni anno eccedente il periodo di tre anni ritenuto ragionevole, e che per la loro connessione possono essere trattati congiuntamente, sono fondati.

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito come la valutazione dell’indennizzo per danno non patrimoniale resti soggetta – a fronte dello specifico rinvio contenuto nella L. n. 89 del 2001, art. 2 – all’art. 6 della Convenzione, nell’interpretazione giurisprudenziale resa dalla Corte di Strasburgo, e, dunque, debba conformarsi, per quanto possibile, alle liquidazioni effettuate in casi similari dal Giudice europeo, sia pure in senso sostanziale e non meramente formalistico, con fa facoltà di apportare le deroghe che siano suggerite dalla singola vicenda, purchè in misura ragionevole (Cass., Sez. Un., 26 gennaio 2004, n. 1340); in particolare, detta Corte, con decisioni adottate a carico dell’Italia il 10 novembre 2004 (v., in particolare, le pronunce sul ricorso n. 62361/01 proposto da Riccardi Pizzati e sul ricorso n. 64897/01 Zullo), ha individuato nell’importo compreso fra euro 1.000 ed euro 1.500 per anno la base di partenza per la quantificazione dell’indennizzo, ferma restando la possibilità di discostarsi da tali limiti, minimo e massimo, in relazione alle particolarità della fattispecie, quali l’entità della posta in gioco e il comportamento della parte istante (cfr., exmultis, Cass., Sez. 1, 26 gennaio 2006, n. 1630).

Da tali principi consegue che non è giuridicamente rilevante, ai fini dell’attribuzione di una somma apprezzabilmente inferiore rispetto a detto standard minimo, il riferimento alla natura collettiva del ricorso.

Il ricorso deve dunque essere accolto e cassato il decreto impugnato.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti in farro la causa può essere decisa nel merito e pertanto, tenuto conto del principio già enunciato secondo cui (sentenza n. 14753/2010) secondo cui, in fattispecie in cui non sia applicabile il disposto del D.L. n. 112 del 2008, art. 54 l’importo dell’indennizzo per giudizi avanti al giudice amministrativo e contabile protrattisi per lungo tempo l’indennizzo può essere liquidato in via forfettaria e di quanto riconosciuto in casi analoghi, l’Amministrazione deve essere condannata al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 6.250,00, oltre interessi di legge.

Le spese di entrambi i gradi seguono la soccombenza.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 6.250, oltre interessi di legge dalla data della domanda e al pagamento delle spese del giudizio che liquida, quanto alla fase di merito, in complessivi Euro 1.140, di cui Euro 490 per onorari e Euro 600 per diritti, oltre spese generali e accessori di legge, spese distratte in favore dei difensori antistatari Gabriele e Francesco de Paola, e, quanto alla fase di legittimità, in complessivi Euro 1.000, di cui Euro 900 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 28 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 ottobre 2011

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