Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21822 del 20/09/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 20/09/2017, (ud. 11/09/2017, dep.20/09/2017),  n. 21822

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16823/2013 R.G. proposto da:

Agenzia delle dogane, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Iveco Spa, rappresentata e difesa dal Prof. Avv. Maurizio Logozzo e

dall’Avv. Rocco Agostino, con domicilio eletto presso quest’ultimo,

in Roma, viale delle Milizie n. 34, giusta procura speciale a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia sez. staccata di Brescia n. 1/63/13, depositata il 15

gennaio 2013;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11 settembre

2017 dal Consigliere Giuseppe Fuochi Tinarelli;

Letta la memoria depositato dal Prof. Avv. Maurizio Logozzo e

dall’Avv. Rocco Agostino per la controricorrente.

Fatto

RILEVATO

CHE:

– l’Agenzia delle dogane impugna per cassazione la decisione della CTR della Lombardia che aveva annullato l’avviso di contestazione ed irrogazione delle sanzioni in tema di accise sul consumo di energia elettrica e relativa addizionale provinciale per gli anni 2006, 2007 e 2008, assumendo, con un unico motivo, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 12 e 16, avendo la CTR erroneamente ritenuti non rispettati i requisiti di forma imposti dall’art. 16 cit.;

– si costituisce la contribuente deducendo l’infondatezza del ricorso e deducendo, inoltre, l’erroneità del cumulo tra imposta erariale e addizionale provinciale ai fini dell’individuazione del tributo evaso nonchè della sua determinazione su base annuale anzichè mensile.

Diritto

CONSIDERATO

CHE

– il ricorso è fondato;

– il giudice d’appello ha annullato l’atto di contestazione perchè “non risultano compiutamente indicati i calcoli attraverso i quali è stata determinata la sanzione concretamente applicabile, mancando l’espressa enunciazione di quali siano i minimi edittali previsti per le singole violazioni. Insufficiente è infatti il rilievo dell’Amministrazione Finanziaria in base al quale l’atto di contestazione e irrogazione sanzioni contiene un richiamo al processo verbale di contestazione, dato che in esso l’ufficio si limita ad esporre i relativi tributi, ma non contiene alcuna indicazione in ordine alle modalità di determinazione ai minimi edittali. Nessun cenno, infatti, risulta compiuto alla circostanza che i minimi edittali si ricavino mediante moltiplicazione per due dei relativi tributi”;

– la CTR, dunque, con riferimento ai requisiti richiesti a pena di nullità dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16, comma 2, ha ritenuto l’atto inosservante dell’indicazione dei “criteri che” l’Ufficio “ritiene di seguire per la determinazione delle sanzioni e della loro entità nonchè dei minimi edittali previsti dalla legge per le singole violazioni”;

– occorre peraltro osservare che:

a) l’atto di contestazione – riprodotto in parte qua in ottemperanza del principio autosufficienza – prevede esplicitamente la contestazione della violazione “del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 59, comma 3, punibile ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 59, comma 1, con una sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro dal doppio al decuplo dell’imposta evasa o che si è tentato di evadere”;

b) il pvc espone, come affermato anche dalla stessa CTR ed incontestato dallo stesso controricorrente, i singoli tributi ritenuti dovuti in riferimento a ciascun anno d’imposta e con indicazione cumulativa dell’imposta erariale e dell’addizionale provinciale;

c) l’atto di contestazione contiene il computo della sanzione e specificamente:

1) l’individuazione della violazione più grave determinata nel minimo edittale (il tributo maggiore, ossia quello evaso per il 2007, moltiplicato per due);

2) l’incremento della sanzione base così determinata nella misura minima (la metà) D.Lgs. n. 472 del 1997, ex art. 12, comma 5, poichè tutte violazioni sono “della stessa indole” e sono state “commesse in periodi di imposta diversi” (2006, 2007 e 2008);

3) l’incremento dell’importo così determinato ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12, comma 2, per la progressione delle violazioni;

– ne deriva, pertanto, che, contrariamente a quanto affermato dalla CTR, per ogni violazione era indicato il tributo evaso e il criterio di determinazione del minimo edittale della sanzione (il doppio del tributo evaso);

– quanto alle doglianze riproposte dalla contribuente, infine, è legittima la determinazione dell’imposta dovuta su base annuale (e, per il 2008, per l’intera frazione di anno interessata) poichè il D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 55, comma 1, (TUA), prevede espressamente che “L’accertamento e la liquidazione dell’accisa sono effettuati dal competente Ufficio dell’Agenzia delle dogane sulla base della dichiarazione di consumo annuale”,

– correttamente, inoltre, è stato considerato il cumulo dell’imposta erariale e dell’addizionale provinciale per ciascuna annualità atteso il carattere meramente accessorio di quest’ultima (v anche Cass. n. 12692 del 2004, che precisa “essa comunque rientra nel “genus” delle imposte di consumo, di quei tributi cioè “destinati a svolgere un ruolo rilevante in termini di gettito” applicate ai fornitori di beni di consumo i quali provvedono poi a rivalersi sui consumatori finali, che colpiscono produzione e consumo dei beni, e postulano per la nascita del rapporto obbligatorio d’imposta necessariamente il consumo del bene. Si tratta in sostanza di un “inasprimento” dell’imposta già esistente”) che si traduce nell’applicazione di una aliquota aggiuntiva secondo una tariffa stabilita per ogni chilowattora di energia impiegata (D.L. n. 511 del 1988, ex art. 6, conv. nella L. n. 20 del 1989, poi modificato dal D.Lgs. n. 26 del 2007, art. 5) che viene “liquidata e riscossa con le stesse modalità dell’imposta erariale di consumo”;

– va osservato, del resto, che l’imposta, nella totalità delle sue componenti, è incassata dallo Stato, salva, poi, la successiva concreta destinazione (allo Stato o alla Provincia ovvero, nel caso, al Comune) del relativo gettito;

– in accoglimento del ricorso, pertanto, la sentenza impugnata va cassata e, non essendovi necessità di ulteriori accertamenti in fatto, va respinto il ricorso introduttivo del contribuente, che va condannato alle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, dovendosi invece compensare le spese dei gradi di merito.

PQM

 

La Corte in accoglimento del ricorso cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente. Condanna la parte soccombente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 8.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Compensa le spese dei gradi di merito.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 11 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2017

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