Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21822 del 09/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 09/10/2020, (ud. 18/02/2020, dep. 09/10/2020), n.21822

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28995/2016 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., elett.te

domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– ricorrente –

contro

Avv. T.S., rapp.to e difeso da se stesso, elett.te dom.to

in (OMISSIS).

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 50/01/16 della Commissione Tributaria di II

grado di Trento, depositata il 16/5/2016, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18 febbraio 2020 dalla Dott.ssa d’Orfano Milena.

 

Fatto

RITENUTO

CHE:

1. con sentenza n. 50/01/16, depositata il 16 maggio 2016, non notificata, la CT di II grado di Trento, accoglieva parzialmente l’appello proposto dal contribuente avverso la sentenza n. 250/2/14 della CT di I grado di Trento, con compensazione delle spese di lite;

2. il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione di una cartella di pagamento, che seguiva avviso di liquidazione non opposto, con cui era stato richiesto all’Avv. T.S., soccombente, il pagamento in misura proporzionale, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 8, comma 1, lett. b), della parte I della Tariffa allegata, dell’imposta di registro, pari ad Euro 36.272,11 oltre sanzioni, dovuta in relazione ad una sentenza di condanna al risarcimento del danno per responsabilità professionale, integralmente riformata in appello;

3. la Commissione di primo grado aveva rigettato il ricorso rilevando che la cartella conseguiva ad un avviso non opposto e che la sentenza di riforma in appello non risultava passata in giudicato;

4. la CTR, preso atto della sospensione in autotutela dell’efficacia esecutiva della cartella disposta dall’Agenzia, aveva dichiarato la cessata materia del contendere in relazione alla pretesa ed annullato le sanzioni sul presupposto che il contribuente avesse fatto affidamento sull’intervento di tale provvedimento di sospensione;

5. avverso la sentenza di appello l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, consegnato per la notifica in data 15-12-2016, affidato a due motivi; il contribuente ha resistito con controricorso, notificato via PEC in data 30-1-2017, e presentato memoria ex art. 380 bis c.p.c., notificata via PEC in data 7-3-2017.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. con il primo motivo di ricorso l’Agenzia denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 39, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo la CTR errato nel ritenere cessata la materia del contendere all’esito della mera sospensione dell’efficacia esecutiva della cartella che non aveva inciso sulla debenza del tributo;

2. con il secondo motivo l’Agenzia denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 10, commi 1 e 2 e del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 54, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver dato rilievo ad un affidamento incolpevole sebbene la sanzione fosse stata legittimamente applicata per l’omesso pagamento nei termini di un’imposta ingiunta con avviso di liquidazione non opposto;

3. con la memoria integrativa il controricorrente ha depositato la sentenza di questa Corte n. 5051, depositata in data 28-2-2017, che ha confermato la sentenza della Corte di appello di Trento che aveva riformato, con il rigetto della domanda, la sentenza del Tribunale di Trento oggetto di imposizione.

OSSERVA CHE:

1. Preliminarmente, alla luce della previsione di cui all’art. 372 c.p.c., deve essere ritenuta l’ammissibilità della produzione da parte del controricorrente della sentenza che ha determinato il passaggio in giudicato della decisione di appello che ha posto nel nulla il provvedimento di condanna oggetto di imposizione; tale sentenza infatti, che con l’autorità del giudicato ha fatto venir meno il presupposto impositivo, è stata depositata da questa Corte successivamente alla notifica del tempestivo controricorso del contribuente, ed è stata immediatamente notificata alla ricorrente Agenzia unitamente alla memoria integrativa.

1.1 Sull’ammissibilità di tale produzione questa Corte ha già ribadito (cfr. Cass. n. 3934 del 2016; n. 1579 del 1980 e n. 6408 del 1982) che “L’art. 372 c.p.c., in tema di deposito di documenti nuovi in sede di legittimità, nonostante il testuale riferimento alla sola inammissibilità del ricorso, consente la produzione di ogni documento incidente sulla proponibilità, procedibilità e proseguibilità del ricorso medesimo, inclusi quelli diretti ad evidenziare l’acquiescenza del ricorrente alla sentenza impugnata per comportamenti anteriori all’impugnazione, ovvero la cessazione della materia del contendere per fatti sopravvenuti che elidano l’interesse alla pronuncia sul ricorso purchè riconosciuti ed ammessi da tutti i contendenti.”.

1.2 In tema di giudicato costituisce poi principio consolidato che “Nel giudizio di cassazione, il giudicato esterno è, al pari del giudicato interno, rilevabile d’ufficio, non solo qualora emerga da atti comunque prodotti nel giudizio di merito, ma anche nell’ipotesi in cui il giudicato si sia formato successivamente alla sentenza impugnata; in tal caso, infatti, la produzione del documento che lo attesta non trova ostacolo nel divieto posto dall’art. 372 c.p.c., che è limitato ai documenti formatisi nel corso del giudizio di merito, ed è, invece, operante ove la parte invochi l’efficacia di giudicato di una pronuncia anteriore a quella impugnata, che non sia stata prodotta nei precedenti gradi del processo. (Vedi Cass. n. 1534 del 2018 e n. 24531 del 2017).

2. Ciò posto, il D.P.R. n. 131 del 1986 all’art. 37, stabilisce che gli atti dell’autorità giudiziaria in materia civile che definiscono anche parzialmente il giudizio “sono soggetti all’imposta anche se al momento della registrazione siano stati impugnati o siano ancora impugnabili….., salvo conguaglio o rimborso in base a successiva sentenza passata in giudicato”. La “ratio” della sanzione discende da una previsione normativa autonoma rispetto all’esito del giudizio avente ad oggetto la pronuncia civile su cui si è radicato il presupposto impositivo e l’obbligo della sanzione scaturisce dal solo fatto del mancato pagamento del tributo entro la scadenza del termine, a condizione, tuttavia, che non si sia formato il giudicato sugli atti giudiziari con conseguente revoca dell’atto presupposto d’imposta.

2.1 Il D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 37 citato, va dunque interpretato nel senso che, qualora l’esito definitivo delle impugnazioni esperite nel corso del giudizio determini l’annullamento o la revoca degli atti giudiziari sottoposti a tassazione (come nel caso di specie di giudicato sulla sentenza di riforma in appello della sentenza di primo grado oggetto di imposta), l’Amministrazione finanziaria che abbia emesso legittimamente l’avviso di liquidazione dell’imposta principale e la relativa cartella esattoriale, ma che non abbia riscosso coattivamente l’imposta, è, pure se soccombente, priva di interesse a ricorrere per cassazione avverso la sentenza di appello del giudice tributario, in quanto il pagamento dell’imposta, sebbene dovuto sulla base della originaria attribuzione patrimoniale è successivamente divenuto privo di presupposto impositivo, essendo venuti meno i previsti effetti traslativi, e comporterebbe l’obbligo di immediato rimborso da parte della medesima amministrazione. (Vedi Cass. n. 19953 del 2005; n. 24097 del 2014 e n. 15645 del 2019).

2.2 Infatti, dal momento che l’Amministrazione, a fronte del rifiuto del contribuente di ottemperare alla richiesta contenuta nell’avviso di liquidazione, non ha proceduto alla riscossione coattiva del tributo, disponendo nel caso in esame anche la sospensione in autotutela dell’efficacia esecutiva della cartella, sono venuti a mancare i requisiti del diritto azionato che devono permanere fino al momento della decisione, essendo la concreta ed attuale sussistenza del diritto fatto valere condizione per l’accoglimento della domanda.

2.3 Nella specie, l’interesse ad agire da parte della Amministrazione finanziaria è venuto meno con la definitiva caducazione del provvedimento giudiziario, sicchè, non sussistendo più i presupposti traslativi sui quali si fondava la richiesta del tributo, ormai sfornito di presupposto impositivo, appare illogico sostenere la tesi relativa alla necessità di un pagamento, non più preventivo, dell’imposta, cui dovrebbe seguire l’immediato rimborso della spesa.

3. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile per una sopravvenuta carenza di interesse ad agire dell’Agenzia ricorrente.

3.1 Quanto alle spese, ne va disposta la compensazione, atteso il formarsi del giudicato sull’annullamento della sentenza oggetto di imposizione in data successiva all’introduzione del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso; compensa le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, il 18 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2020

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