Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21821 del 20/09/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 20/09/2017, (ud. 11/09/2017, dep.20/09/2017),  n. 21821

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22254/2012 R.G. proposto da:

Iveco Spa, rappresentata e difesa dal Prof. Avv. Maurizio Logozzo e

dall’Avv. Rocco Agostino, con domicilio eletto presso quest’ultimo,

in Roma, viale delle Milizie n. 34, giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle dogane, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia sez. staccata di Brescia n. 113/66/11, depositata il 14

luglio 2011;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11 settembre

2017 dal Consigliere Giuseppe Fuochi Tinarelli;

Letta la memoria depositato dal Prof. Avv. Maurizio Logozzo e

dall’Avv. Rocco Agostino per la ricorrente;

Letta la memoria depositata dall’Avv. Giuseppe Albenzio per la

controricorrente.

Fatto

RILEVATO

CHE:

– Iveco Spa impugna per cassazione la decisione della CTR della Lombardia che, confermando la decisione di primo grado, aveva ritenuto legittimo l’avviso di pagamento per accise sul consumo di energia elettrica e addizionali provinciali per gli anni dal 2006 al 2008, assumendo con cinque motivi:

– (a) la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, per aver la CTR statuito la legittimità dell’avviso di pagamento nonostante l’omessa indicazione delle norme violate e dunque delle ragioni giuridiche della pretesa;

– (b) la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 52, comma 1, art. 53, comma 2, lett. a, artt. 54 e 56, nonchè del D.L. n. 511 del 1988, art. 6,comma 2, e dell’art. 1322 c.c., comma 2, per aver la CTR ritenuto che nello stabilimento di Brescia la Iveco non fosse l’unico consumatore dell’energia elettrica ma che tale qualità rivestissero anche le altre società ivi operanti, erroneamente qualificando il contratto di fornitura di multiservizi inteso a fornire una molteplicità di prestazioni – concluso tra queste ultime e la Iveco come contratto di somministrazione di energia elettrica, così ritenendo la Iveco rivenditore di energia elettrica;

– (c) la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 52, comma 2, lett. o-bis (ora art. 52, comma 3, lett. f), dovendosi ritenere le società terze insediate nello stabilimento – e cessionarie di rami d’azienda dell’Iveco in una prospettiva di terziarizzazione – concorrenti in maniera integrata al processo produttivo della Iveco, derivandone l’unicità dell’opificio industriale con esenzione dall’imposta erariale sui consumi di energia elettrica ed applicazione unitaria dell’addizionale provinciale;

– (d) omessa e insufficiente motivazione su fatti controversi e decisivi per il giudizio con riguardo alla sussistenza di cessioni di prodotti da parte delle società insediate nello stabilimento a terzi diversi dalla Iveco, nonchè di numerosi contatori elettrici, dalle quali ha derivato l’inesistenza di un unico opificio industriale;

– (e) omessa e insufficiente motivazione su fatto decisivo e controverso per aver ritenuto la fatturazione operata da Iveco relativa alla sola cessione di energia elettrica anzichè la prestazione del servizio complesso di “service”.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

– il primo motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, non avendo la ricorrente riprodotto (se non per un limitato frammento) nè il pvc, nè l’invito di pagamento, la cui motivazione risulterebbe asseritamente carente;

– la doglianza è comunque infondata: la CTR ha esplicitamente affermato che la società “è stata messa in condizione di conoscere l’iter logico-giuridico posto a fondamento della pretesa impositiva” e, dunque, anche delle ragioni giuridiche della stessa, senza che l’eventuale omessa indicazione delle esatte norme giuridiche ritenute violate (peraltro, adeguatamente indicate per come risulta dal diverso stralcio del pvc riprodotto dall’Agenzia delle dogane) costituisca, di per sè, ragione di nullità dell’atto per inosservanza dell’obbligo di motivazione (v. Cass. n. 9499 del 2017);

– il secondo, il terzo e il quarto motivo, da esaminare unitariamente in quanto strettamente connessi, non sono fondati;

– le norme rilevanti ai fini della determinazione della soggettività passiva dell’imposta sono principalmente:

– l’art. 52, comma 1 TUA, secondo il quale obbligato al pagamento dell’imposta è “l’esercente l’officina di produzione” di energia elettrica od il soggetto ad esso assimilato, denominato “fabbricante”;

– l’art. 53, comma 1 TUA, per cui “chiunque intenda esercitare una officina di produzione di energia elettrica deve farne denuncia all’ufficio tecnico di finanza, competente per territorio, che, eseguita la verifica degli impianti, rilascia la licenza d’esercizio, soggetta al pagamento di un diritto annuale”;

– l’art. 53, comma 2 TUA, che precisa (lett. a) “sono considerati fabbricanti, ai fini della imposizione, gli acquirenti di energia elettrica: a) che l’acquistano per farne rivendita;” o (lett. b) che la utilizzano per uso proprio con impiego promiscuo (nel testo modificato dal D.Lgs. n. 26 del 2007, art. 53, comma 1, dispone in termini analoghi “Obbligati al pagamento dell’accisa sull’energia elettrica sono: a) i soggetti che procedono alla fatturazione dell’energia elettrica ai consumatori finali, di seguito indicati come venditori” e alla lett. c) è regolata l’ipotesi dell’utilizzo per uso proprio con impiego promiscuo);

– l’art. 54 TUA, invece, introduce la nozione di officina di produzione:

– per il comma 1 l’officina di produzione è costituita dal complesso degli apparati di produzione, accumulazione, trasformazione e distribuzione dell’energia elettrica esercitati da una medesima ditta, anche quando gli apparati di accumulazione, trasformazione e distribuzione sono collocati in luoghi distinti da quelli in cui si trovano gli apparati di produzione, pur se ubicati in comuni diversi;

– al comma 2 viene precisato che costituiscono distinte officine, cd. “di produzione”, le diverse stazioni di produzione dell’energia elettrica che una stessa ditta esercita in luoghi distinti anche quando queste stazioni siano messe in comunicazione fra loro mediante un’unica stazione di distribuzione, mentre le officine cd. “di acquisto” – cioè delle ditte acquirenti di energia elettrica, per farne rivendita o per uso proprio – sono costituite dall’insieme dei conduttori, degli apparecchi di trasformazione, di accumulazione e di distribuzione, a partire dalla presa dell’officina venditrice;

– quanto alla tariffazione, infine, il D.L. n. 511 del 1988, art. 6 conv. nella L. n. 20 del 1989 prevede per ogni chilowattora di energia impiegata differenti tariffe per applicazioni nelle abitazioni o per uso in locali e luoghi diversi;

– l’intero l’assetto normativo, dunque, ruota tutto sulle nozioni di officina, di produzione o di acquisto, quali luoghi fisici, sulla nozione di consumatore quale destinatario ed utilizzatore finale dell’energia elettrica, nonchè sulla tariffazione per punto di presa, che trova ulteriore riscontro nel sistema di versamento dell’imposta disciplinato dall’art. 56 TUA, nel testo vigente ratione temporis, secondo cui: a) l’imposta è versata dal fabbricante direttamente in tesoreria, con diritto di rivalsa sui consumatori; b) ogni bolletta di pagamento rilasciata dal fabbricante ai consumatori deve riportare i quantitativi di energia elettrica forniti e la liquidazione dell’imposta e relative addizionali, con le singole aliquote applicate, e si coordina con l’obbligo di denuncia a carico dell’esercente officina di produzione di energia elettrica previsto dall’art. 53, comma 1, e con la possibilità per questo di verificare il superamento, o meno, della soglia di 1,2 milioni di chilowattora previsto dall’art. 52, comma 2, lett. o-bis (poi art. 52, comma 3, lett. f);

– la Iveco deduce che le diverse società esistenti nello stabilimento operavano tutte in funzione della realizzazione di un unitaria produzione (in una prospettiva di terziarizzazione dell’attività originariamente svolta dalla sola Iveco Spa) e che, rispetto alle società terze, la fornitura di energia elettrica avveniva non con un contratto di somministrazione di energia elettrica ma con un contratto di fornitura di multiservizi – che includeva una varietà di prestazioni quali la corrispondenza, l’erogazione dell’acqua potabile ed anche la fornitura di energia elettrica – sicchè il consumatore finale doveva essere identificato solo con la Iveco Spa;

– orbene, tale prospettiva non influisce sulla sostanza del rapporto e sulla correlata soggettività passiva dell’imposta atteso che, nella vicenda in esame, si realizzava, in ogni caso, una cessione onerosa di energia elettrica a favore di terzi con una soggettività giuridica autonoma: è infatti irrilevante la tipologia contrattuale poichè la disposizione ha ad oggetto una fattispecie di intermediazione nello scambio dell’energia elettrica, senza che incida l’eventuale contestuale cessione di altre utilità;

– l’espressione utilizzata dalla norma “acquistano per farne rivendita” possiede, del resto, sul piano letterale, un indubbio ed univoco significato nel senso del puro e semplice riferimento ad una attività di intermediazione nel trasferimento dell’energia elettrica, non limitato alla figura del contratto di somministrazione, a prescindere, dunque, dalla figura negoziale a cui in concreto le parti abbiano fatto ricorso, tale da non consentire all’interprete di introdurre eccezioni o limitazioni all’ambito applicativo della norma, chiaramente desumibile dal suo tenore testuale (art. 12 preleggi) e ciò, tanto più, che venendo in rilievo l’attribuzione di una agevolazione, le correlate relative disposizioni di favore debbono essere interpretate in termini rigorosi;

– tale conclusione, del resto, trova ulteriore conferma alla luce dei successivi interventi normativi (v. D.Lgs. n. 26 del 2007, art. 1; D.L. n. 16 del 2012, art. 9, comma 2), che, nel dare continuità alle originarie previsioni, hanno sostituito – con riguardo all’art. 53, comma 1, lett. a – l’originaria locuzione con la formula “Obbligati al pagamento dell’accisa sull’energia elettrica sono: a) i soggetti che procedono alla fatturazione dell’energia elettrica ai consumatori finali, di seguito indicati come venditori” e – con riguardo all’art. 52, comma 1 – in termini corrispondenti con il testo “L’energia elettrica … è sottoposta ad accisa… al momento della fornitura ai consumatori finali”, con una declinatoria che attiene, chiaramente, alla dottrina economica;

– l’intervento del 2007, infatti, costituisce l’attuazione della Direttiva n. 2003/96/CE, mirata sulla nozione di fornitura al consumatore proprio al fine di evitare di limitarne il campo di applicazione a specifiche figure contrattuali;

– sotto altro profilo, poi, va escluso (dissentendo in tal senso dal precedente Cass. n. 9567 del 2013) che il mancato rilascio della licenza escluda l’assunzione della qualità di soggetto passivo o che quest’ultimo, in ogni caso, debba comunque ricoprire un ruolo professionale: come rilevato, infatti, chi (art. 53, comma 1, lett. a) “acquista per rivendere” viene equiparato al fabbricante “ai fini dell’imposizione” e, pertanto, è soggetto agli obblighi di denuncia e della necessità di munirsi della licenza, la cui inosservanza, peraltro, non determina il mancato sorgere dell’obbligo impositivo, il cui fatto generatore è solo l’erogazione per il consumo, la cui elusione, diversamente, risulterebbe fin troppo agevole;

– è privo di rilievo, quindi, che debba o meno essere attribuita natura costitutiva alla licenza, la cui necessità ha incidenza solo sul piano amministrativo (e la cui mancanza è autonomamente sanzionata ai sensi dell’art. 59, lett. a TUA) e non anche ai fini impositivi fiscali;

– il requisito dell’esercizio professionale dell’attività, inoltre, non è previsto nè dalla normativa nazionale, nè da quella comunitaria;

– ai fini tributari, del resto, ha preminente rilievo, in assenza di una diversa ed univoca volontà legislativa, la sostanza dell’operazione economica presa in considerazione, che, nella vicenda in esame è costituita da una intermediazione nello scambio dell’energia elettrica, e ciò a prescindere dallo specifico schema negoziale utilizzato dalle parti, il quale continua a disciplinare i reciproci rapporti tra le stesse, senza che, dunque, ne possa derivare una lesione ai principi di autonomia negoziale;

– la tesi propugnata dalla contribuente, inoltre, si scontra con l’accertamento di fatto operato dal giudice di merito;

– la CTR, infatti, ha rilevato che, ai fini dell’unicità dell’opificio industriale, “si reputa significativa la circostanza che le imprese debbano approvvigionarsi da un unico punto di prelievo dell’energia elettrica mediante una rete interna di utenza; nel caso in esame i funzionari hanno viceversa accertato la presenza di numerosi contatori elettrici installati da Iveco Spa nella sottostazione elettrica che serve in media tensione tutto il comprensorio di (OMISSIS) e l’insieme di detti gruppi di misura – e non un unico punto di prelievo – sono impiegati da Iveco per imputare i consumi ai soggetti consumatori finali all’interno del comprensorio”;

– ha poi valutato, in tale prospettiva, la significatività della richiesta della licenza d’esercizio di officina di produzione di energia elettrica effettuata dalla società stessa nel 2006, presentata in assenza di alcuna modifica – neppure dedotta – dello stato di fatto o di diritto esistente;

– oltre a ciò, infine, ha evidenziato che, dagli stessi contratti di collaborazione stipulati tra Iveco e le società Mac Spa e Fenice Spa, risulta che il rapporto di produzione tra l’Iveco Spa e le altre società presenti nello stabilimento non aveva carattere di esclusività (la Iveco “si impegna ad acquistare una percentuale significativa del fabbisogno di prodotti quali quelli fabbricati nel ramo d’azienda”), e che, in concreto, tali società avevano “effettuato operazioni di cessioni ed acquisti intracomunitari ed operazioni di import/export”;

– orbene, l’esenzione dall’imposta erariale sull’energia elettrica non può riferirsi al consumo complessivo di una pluralità di aziende solo perchè incluse nello stesso comprensorio industriale (v. Cass. n. 3537 del 2012; Cass. n. 24687 del 2011), tanto più che, se la tariffa applicabile ad una fornitura dovesse calcolarsi a seguito del cumulo di tutti i consumi nelle varie unità, non avrebbe possibilità di applicazione il riferimento alle tariffe al momento dell’erogazione o consumo contenuto nel D.Lgs. n. 504 del 1995, ART. 52, comma 1;

– non è poi incongrua, a tale fine, la correlazione dell’unitarietà del ciclo produttivo al requisito dell’esclusività della destinazione della produzione: diversamente l’ambito di riconoscibilità dell’esenzione verrebbe esteso in termini indefiniti, restando rimessa alle mera scelta operativa e discrezionale del contribuente;

– neppure può ritenersi omessa od insufficiente la motivazione, che ha come punto di riferimento le risultanze del pvc e i contratti di collaborazione (atti riprodotti anche dal controricorrente), nè illogica e incoerente, giustificandosi la presenza di una pluralità di contatori (la cui esistenza non è solo affermata dalla CTR ma risulta dall’estratto del pvc riprodotto dall’Agenzia delle dogane) solo in funzione della esatta determinazione della quantità di energia elettrica consumata dalle singole società terze, tanto più in assenza di indicazioni da parte della società ricorrente, le cui deduzioni sono del tutto generiche, astratte e prive di riscontro, sicchè si risolvono in una contestazione (pure in termini suggestivi, riferendo, in termini irrelati, che i beni oggetto di cessioni intracomunitarie o di esportazione da parte delle società Mac e Fenice “avrebbero potuto essere stati di proprietà delle società insediate ma essere prodotti in altri e diversi stabilimenti”) volta a fornire una interpretazione contrapposta a quella del giudice di merito in vista di una nuova autonoma inammissibile valutazione dei fatti da parte della Corte;

– il quinto motivo, con cui si censura, per vizio di motivazione, la ritenuta fatturazione della sola cessione dell’energia elettrica anzichè del servizio complessivo di service, resta assorbito;

– va, conclusivamente, affermato il seguente principio di diritto: “in tema di accise sul consumo di energia elettrica ed addizionale provinciale, il D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 53, comma 1, lett. a, nel testo ratione temporis applicabile, ha ad oggetto una fattispecie di intermediazione nello scambio oneroso dell’energia elettrica, senza che rilevi, ai fini tributari, lo specifico schema negoziale utilizzato dalle parti, che continua a regolare i rapporti tra esse, od incida l’eventuale contestuale cessione di altre utilità, sicchè, qualora nel medesimo sito industriale insista una pluralità di aziende alimentate con contratto onnicomprensivo (contratto di service, con messa a disposizioni di locali, servizi vari, noleggio di beni ed utenze, tra cui l’energia elettrica), il prestatore del servizio, ancorchè sprovvisto di licenza, va qualificato come soggetto passivo dell’imposta e l’esenzione di cui all’art. 52, comma 2, lett. o-bis TUA (poi sostituita dall’art. 52, comma 3, lett. f), va computata in capo a ciascun soggetto separatamente”;

– il ricorso va pertanto respinto e le spese di questo giudizio regolate per soccombenza.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere all’Agenzia delle dogane le spese di questo giudizio, che liquida in Euro 6.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 11 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2017

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