Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21820 del 15/10/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 21820 Anno 2014
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: LORITO MATILDE

SENTENZA

sul ricorso 12158-2008 proposto da:
DUSSMANN SERVICE S.R.L.,

(già PEDUS SERVICE P.

DUSSMANN S.R.L.) C.F. 00124140211, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE DEI MELLINI 10,
presso lo studio dell’avvocato CASTELLANI FILIPPO,
2014
2059

rappresentata e difesa dall’avvocato MOIZO FULVIO
giusta delega in atti;
– ricorrente contro

SORANZO

PIETRO,

KUMAR ASHOK,

BAIDOURY AMINA,

Data pubblicazione: 15/10/2014

domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la
CANCELLERIA DELLA CORTE ‘ SUPREMA DI CASSAZIONE,
rappresentati e difesi dall’avvocato GIANNI LANZINGER,
giusta delega in atti;
.,

controricorrenti

DI TRENTO SEZIONE DISTACCATA DI BOLZANO, depositata il
23/02/2008 r.g.n. 22/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 10/06/2014 dal Consigliere Dott. MATILDE
LORITO;
udito l’Avvocato MOIZO FULVIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

.,

avverso la sentenza n. 16/2008 della CORTE D’APPELLO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza emessa il 12/1/07 il Tribunale di Bolzano
accoglieva le domande proposte da Soranzo Pietro, Baidoury
Amina e Kumar Ashok nei confronti della Pedus Service Dussmann
Abh.r.l. oggi Dussmann Service s.r.l. intese a conseguire il
riconoscimento del diritto a ottenere la somma di euro 300
annui oltre accessori di legge a titolo di attività prestata

divise di servizio effettuate due volte alla settimana, come
da preventivo di lavanderia per lavaggi sterili.
Sostenevano i ricorrenti di essere impegnati con contratto di
pulizia all’interno della Azienda sanitaria di Bolzano e,
nell’ambito di tale attività che si svolgeva nella cucina
, dell’ospedale, erano tenuti ad indossare abiti di servizio in
condizione di perfetta igiene e quindi con lavaggio
sterilizzante periodico, al fine di evitare contaminazioni.
Benché a termini del contratto di appalto il lavaggio e 13
pulizia degli indumenti di servizio sarebbe stata a carico
delle imprese appaltatrici, lamentavano che la società avesse
imposto che l’onere della pulizia e quindi del lavaggio
periodico, fosse accollato al singolo dipendente.
Il primo giudice, dopo avere svolto attività istruttoria,
riteneva che il datore di lavoro fosse tenuto alle spese per
il lavaggio degli indumenti di lavoro, sulla base dell’art.
379 del d.p.r. n. 547 del 1955 e degli artt. 40,43, commi 3 e
4 d.lgs. 626 del 1994 e dell’art.32 della Costituzione, e
riteneva quindi sussistente un inadempimento della parte
datoriale sanzionabile con il risarcimento dei danni ai sensi
dell’art.1218 c.c.
Detta pronuncia veniva confermata dalla Corte d’Appello di

Trento, sezione distaccata di Bolzano che, con sentenza

23/2/08, confermava che la pulizia della divisa era una
garanzia non solo per i degenti dello ospedale ma anche per i
suoi dipendenti per cui la cooperativa doveva assicurare alla

fuori orario e fuori luogo di lavoro per il lavaggio delle

stregua del disposto dell’art. 2087 c.c. tutti i mezzi
.necessari per tutelare la integrità fisica dei lavoratori.
Ne conseguiva che l’osservanza della igiene non poteva essere
lasciata alla iniziativa del singolo dipendente ma doveva
essere assicurata con modalità specifiche da lavanderie che
solo davano una completa garanzie anche per la disinfezione.
Avverso tale decisione interpone tempestivo ricorso per

motivi corredati da quesiti di diritto, illustrati da memoria
ex art.378 c.p.c. e resistiti da controricorso proposto dai
lavoratori.
MOTIVI DELLA DECISIONE
‘Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa
applicazione degli artt. 112 e 414 c.p.c. per avere la Corte
territoriale ritenuto acclarati fatti ~ attinenti alla idoneità
del vestiario indossato nello svolgimento delle mansioni
ascritte ad essere soggetto a rischio infettivo, e ad essere
considerato quale mezzo di protezione individuale di
sicurezzappche erano stati tardivamente dedotti a verbale o in
note difensive, introducendo nuove prospettazioni e ragioni in
fatto e in diritto a sostegno della domanda.
Si lamenta in sintesi, che la tardiva introduzione di elementi
che ampliano il

thema decidendum si traduca nella violazione

del principio del contraddittorio e del diritto della parte
convenuta a predisporre le proprie difese in fatto e in
diritto.
La censura non può trovare ingresso in questa sede di
legittimità.
S’impone, infatti, l’evidenza della violazione del principio
di autosufficienza che governa il ricorso per cassazione,
alla cui stregua la parte ricorrente è tenuta ad indicare lo
specifico atto del giudizio precedente in cui si deduce essere
stato introdotto il novum, onde dar modo alla Suprema Corte di
controllare

ex actis

la veridicità delle proprie asserzioni

prima di esaminare il merito della questione. Il ricorso per

Cassazione la Dussmann Service s.r.l. articolato in qugEero

cassazione – in ragione del ricordato principio – deve infatti
contenere in sé tutti gli elementi necessari a costituire le
ragioni di cui si chiede la cassazione della sentenza di
.merito ed, altresì, a permettere la valutazione della
fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio
ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad
elementi o atti concernenti il pregresso grado di giudizio di

2013 n.23675, Cass. 22 gennaio 2013 n.1435, Cass. 9 settembre
2011 n. 18523).
Nell’ottica descritta il ricorrente ha infatti l’onere di
indicare in maniera specifica e perspicua tutte le ragioni
che, in fatto e in diritto, sostenevano la pretesa e che,
asseritamente, sarebbero state trascurate o mal valutate dal
giudice di

merito; ciò al fine di permettere al giudice di

legittimità la valutazione della fondatezza

di

tali ragioni

solo sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, senza la
necessità di far rinvio o accedere a fonti estranee allo
stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al
pregresso giudizio di merito.
Pertanto, sarebbe stato onere della ricorrente specificamente
riportare il tenore dell’atto introduttivo stilato dalla
controparte e il contenuto dell’appello al fine di provare che
si fosse in presenza di una modifica della domande che
richiedeva una autorizzazione del giudice ex art. 420, ultima
parte, sì da consentire alla Corte la possibilità di
verificare, sulla base degli atti, l’effettiva correttezza
dell’argomentare dei giudici di merito, dal momento che la
censura svolta, non essendo rilevabile d’ufficio, comporta pur
sempre che il potere – dovere della Suprema Corte di esaminare
direttamente

gli

atti processuali sia condizionato

all’adempimento, da parte del ricorrente, dell’onere di
indicarne compiutamente il contenuto, per quanto di rilievo ai
fini della doglianza sollevata, non essendo compito della

merito (vedi in tali sensi, fra le tante, Cass. 18 ottobre

Corte stessa quello di ricercarlo autonomamente (cfr. Cass. 12
giugno 2008 n.15808).
Con il secondo mezzo di impugnazione, la ricorrente denuncia
violazione e falsa applicazione degli artt.115 e 420 c.p.c.
per avere omesso i giudici del gravame, di ammettere le prove
.

testimoniali riguardanti l’accertamento delle attività svolte
dai ricorrenti, la loro esposizione a rischio patogeno,

protezione individuale.
La società denunzia un ingiustificato diniego delle prove
richieste a dimostrazione dei dati fattuali – quale la natura
della concreta attività spiegata dai lavoratori e la effettiva
esposizione a rischio dei dipendenti – senza però provare
ancora una volta e avere dimostrato sulla base dei verbali del
giudizio di primo grado, se tale richiesta sia stata rigettata
e con quale motivazione dal giudice di prima istanza, nè se in
sede di gravame sia stata mossa una censura specifica su tale
punto; il che avrebbe dovuto trovare riscontro anche con
l’allegazione al ricorso per cassazione dell’atto di appello
e la riproduzione del suo contenuto all’interno del suddetto
ricorso.
Al di là del riscontrato difetto di autosufficienza dell’atto
introduttivo del presente giudizio, non può sottacersi che il
contenuto della censura concerne comunque la “mancata
ammissione di un mezzo istruttorio” che si traduce in vizio di
‘ motivazione e non di violazione di legge come denunciato, ed
‘in ogni caso costituisce apprezzamento di merito
insuscettibile di sindacato in sede di giudizio di Cassazione
(vedi fra le altre, Cass. 31 gennaio 2007 n.2201 cui

adde

Cass. 8 febbraio 2012 n.1754).
Con il terzo motivo si censura l’impugnata sentenza ex art.360
n.5 c.p.c. per insufficiente e contraddittoria motivazione in
ordine al fatto controverso della esposizione dei lavoratori a
contagio da agenti biologici. Si lamenta che la Corte
territoriale abbia travisato le deposizioni testimoniali

l’utilizzo delle divise da lavoro quali indumenti di

raccolte , non tenendo conto di quanto dichiarato in ordine
alla questione decisiva, della funzione e natura delle divise
da lavoro indossate dai dipendenti della Dussmann Service
s.r.1.(già Pedus .Service P.Dussmann s.r.1.) addetti alle
cucine dell’Ospedale.
La doglianza presenta evidenti profili di inammissibilità.
Al di là della circostanza concernente la mancata riproduzione

assume sia stato oggetto di travisamento da parte dei giudici
del gravame, non può tralasciarsi di considerare che l’intero
impianto dell’articolata censura, confligge con i principi
consolidati nella giurisprudenza di legittimità alla cui
stregua è inammissibile il motivo di ricorso per cagSazioné
con il quale la sentenza impugnata venga censurata per vizio
di motivazione ai sensi dell’art.360 n.5 c.p.c., qualora esso
intenda far valere la rispondenza della ricostruzione dei
fatti operata dal giudice al diverso convincimento soggettivo
della parte ed, in particolare, prospetti un preteso migliore
e più appagante coordinamento dei dati acquisiti, atteso che
tali

aspetti

del

giudizio

interni

all’ambito

di

discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e
dell’apprezzamento

dei

fatti,

attengono

al

libero

convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso
formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della
disposizione citata. In caso contrario, infatti, tale motivo
di ricorso si risolverebbe in una inammissibile istanza di
revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di
merito, e perciò in una richiesta diretta all’ottenimento di
una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed alle
finalità del giudizio di cassazione (cfr.

ex plurimis :

Cass.

n.7394 del 26 marzo 2010).
Questa Corte è infatti ferma nel negare ingresso alle censure
che si risolvano in un travisamento o erronea valutazione dei
fatti per le quali può prospettarsi il rimedio

revocaborto

(Cass. n.17057 del 3 agosto 2007, Cass. 13 novembre 2006 n.

integrale delle deposizioni testimoniali il cui contenuto si

24166), ed evidenzia che il rimedio evocato ex art.350 n.5 è
indirizzato avverso un errore di attività logica e quindi, da
un lato è errore di attività, dall’altro presuppone un vizio
che impedisce il riesame del giudizio sul fatto, comprensiVo
della valutazione delle prove, se non sotto il profilo
dell’errore logico o nella omissione di valutazione(vedi Cass.
13 novembre 2009 n.24041).

c.p.c. non possono concorrere fra loro ma sono alternativi,
non essendo logicamente concepibile che una stessa motivazione
sia, su una determinata questione, contemporaneamente
illogica, insufficiente e contraddittoria (cfr. Cass. 30 marzo
2010 n.7626) e che non è sufficiente la prospettazione di una
possibile diversa valutazione della ricostruzione dei fatti
rispetto a quella fatta propria dalla sentenza, ma occorre
dimostrare che quella diversa valutazione sia l’unica
logicamente possibile (in tali sensi vedi Cass. 24 aprile 2008
n.10684).
Nel caso di specie, la ricorrente non si è attenuta ai
principi enunciati, procedendo ad una rivisitazione di tutte
le risultanze processuali non consentita in sede di
legittimità perché priva dei necessari requisiti di
specificità ex art.366 c.p.c., prospettando per ciascun
motivo, contemporaneamente vizio di illogica, insufficiente e
contraddittoria motivazione su questioni in relazione

alle

quali manca l’indispensabile requisito della decisività, per
la completezza ed esaustività dell’iter motivazionale sotteso
alla pronuncia impugnata.
Infatti la Corte di merito ha proceduto ad una disamina del
materiale istruttorio, del tutto congrua sul piano della
consequenzialità logico-giuridica, osservando come fosse
emersa dalle deposizioni testimoniali raccolte la necessità
che le divise fossero lavate fuori dall’ambiente casalingo, in
lavanderie che sole davano quella garanzia di igiene, a tutela
della salute dei medesimi dipendenti, con approccio

E’ indubbio, peraltro, che i vizi indicati nell’art.360 n.5

argomentativo che, per essere improntato a ragioni di logica
coerenza, si sottrae alle censure mosse.
Il quarto motivo di censura verte sulla violazione degli
artt.40 e 43 d.lgsl. n.626/941 e dell’art.2087 c.c.
Stigmatizza, in sintesi, la società, la qualificazione de(
vestiario indossato dal personale sul luogo di lavoro quale
dispositivo di protezione disposta dai giudici del gravame,

acquisite agli atti e segnatamente, con quelle rese dai testi
Bombonato e Deflorian che tale qualificazione avevano negato.
La censura si presenta priva di pregio sotto diversi profili.
Non può sottacersi, invero, che la doglianza non appare
conferente con la decisione impugnata, per quanto attiene alla
denunzia di violazione del decreto n. 626 del 1994.
Diversamente da quanto argomentato da parte ricorrente,
giudici del gravame hanno infatti omesso ogni valutazione
degli indumenti da lavoro con riferimento alla categoria dei
dispositivi di protezione disciplinata dal menzionato decreto,
ritenendo, sulla scorta delle acquisizioni probatorie in atti,
che l’onere per la parte datoriale, di provvedere al lavaggio
degli indumenti di lavoro in guisa tale da garantirne l’igiene
e da evitare pericoli di contagio, rientrasse nel più generale
ambito di disciplina della norma di chiusura del sistema
antinfortunistico, di cui all’art.2087 c.c.
Nella descritta prospettiva, il motivo palesa evidenti profili
di inammissibilità, che si ripropongono anche in

relaziovxe

alla pretesa violazione del dettato contrattuale di cui agli
artt.27-45 c.c.n.l. di categoria (imprese di pulizia e servizi
integrati/multiservizi) alla cui stregua vengono poste a
carico dei lavoratori, le operazioni di pulizia e lavaggio
delle dotazioni personali fornite dall’impresa e degli
indumenti.
Pur volendo tralasciare il fatto che la censura svolta è
assorbita dalla conferma della decisione in punto di
accertamento della violazione del dovere di sicurezza sancito

perché ritenuta non coerente con le dichiarazioni testimoniali

dal disposto di cui all’art.2087 c.c., s’impone l’evidenza
della mancanza di autosufficienza del ricorso sul punto, per
l’omesso riferimento alle disposizioni integrali della
contrattazione collettiva richiamate, oltre che del mancato
deposito dei contratti sui quali il ricorso si fonda.
Non può sottacersi, al riguardo, che non solo

non

Viehe

riportato il testo dell’art.45 del suddetto c.c.n.l. , pur

testo del contratto collettivo di cui si lamenta la
disapplicazione, in violazione dei principi consolidati nella
giurisprudenza di questa Corte, ed ai quali si intende dare
continuità, alla cui stregua l’onere di depositare i contratti
e gli accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda,
imposto a pena di improcedibilità dall’art.369 secondo comma
n.4 c.p.c. nella nuova formulazione di cui al d.lgs. n. 40/06,
non può dirsi soddisfatto con la trascrizione nel ricorso,
delle sole disposizioni della cui violazione il ricorrente si
duole, dovendosi ritenere che la produzione parziale del
documento sia incompatibile con i principi generali
dell’ordinamento e con i criteri di fondo dell’intervento
legislativo di cui al citato d.lgs. n.40/06 intesi a
potenziare la funzione nomofilattica della cassazione. Tanto
anche sulla considerazione che la mancanza del testo integrale
del contratto collettivo non consente di escludere che in
altre parti dello stesso vi siano disposizioni indirettamente
rilevanti per l’interpretazione esaustiva della questione
trattata (cfr. Cass. 2 luglio 2009 n.15495 cui

adde Cass.18

febbraio 2010 n.3894 e Cass. 6 aprile 2011 n.7891).
In definitiva, le argomentazioni sinora esposte inducono alla
reiezione del ricorso.
Le spese del presente giudizio di Cassazione seguono, infine,
il principio della soccombenza nella misura in dispositivo
indicata, con distrazione in favore dell’avv.Gianni Lanzinger
dichiaratosi antistatario.
P.Q.M.
8

richiamato, ma. neanche risulta depositato integralmente il

.1•~1~1•1•11.11~~1.

NONICERF

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al
.pagamento delle spese del presente giudizio di Cassazione che
liquida in euro 100,00 per esborsi ed euro 3.000,00 per
competenze professionali, oltre accessori di legge, da
distrarsi in favore dell’av .V.Gianni Lanzinger dichiaratosi
anticipatario.

Così deciso in Roma il 10 giugno 2014.

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