Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2182 del 25/01/2019

Cassazione civile sez. trib., 25/01/2019, (ud. 27/11/2018, dep. 25/01/2019), n.2182

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON E. – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA E. L. – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI G. – Consigliere –

Dott. TRISCARI G. – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M. G. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 8111 del ruolo generale dell’anno 2012

proposto da:

R.M., rappresentata e difesa dall’Avv. Gianantonio Testa per

procura speciale in calce al ricorso, elettivamente domiciliata in

Roma, viale Giulio Cesare, n. 14-A/4, presso lo studio dell’Avv.

Gabriele Pafundi;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

i cui uffici è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Lombardia n. 144/24/2011, depositata il giorno 4

ottobre 2011;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 novembre

2018 dal Consigliere Dott. Triscari Giancarlo.

Fatto

RILEVATO

che:

la sentenza impugnata ha esposto, in punto di fatto, che: l’Agenzia delle entrate aveva emesso un avviso di diniego della definizione agevolata dei carichi di ruolo presentata da R.M. relativamente agli importi dovuti per tasse automobilistiche, per gli anni di imposta 1993, 1994 e 1996, in quanto la stessa non era stata perfezionata secondo le previsioni di cui alla L. n. 289 del 2002; avverso il suddetto atto di diniego aveva proposto ricorso la contribuente; la Commissione tributaria provinciale aveva rigettato il ricorso; avverso la suddetta pronuncia aveva proposto appello la contribuente;

la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha rigettato l’appello, in particolare ha ritenuto che: la contribuente non aveva provveduto a depositare la domanda di definizione agevolata, circostanza che non consentiva di decidere sulla legittimità della medesima; l’atto impugnato era sufficientemente motivato, non avendo rilevanza la mancata allegazione del provvedimento direttoriale citato nell’atto di diniego; la domanda di definizione agevolata, presentata in data 16 maggio 2003, nonchè il versamento della prima rata, di pari data, erano da considerarsi tardivi; non potevano trovare considerazione, nel caso di specie, il D.L. n. 143 del 2003 ed il D.M. 8 aprile 2004, in quanto applicabili solo in favore di chi non avesse già presentato domanda di condono ai sensi della L. n. 289 del 2002;

avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso dinanzi a questa Corte la contribuente affidato a due motivi di censura, cui ha resistito l’Agenzia delle entrate depositando controricorso;

la contribuente ha, altresì, depositato memoria;

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione del D.L. n. 143 del 2003, art. 1, convertito dalla L. n. 212 del 2003, nonchè del D.M. 8 aprile 2004, con riferimento alla L. n. 289 del 2002, art. 12;

in particolare, parte ricorrente lamenta che il giudice del gravame ha ritenuto che, nella fattispecie, il versamento della prima rata, avvenuto il 16 maggio 2003, poichè tardivo rispetto alla disciplina di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 12, non poteva comportare la legittimità della procedura di definizione agevolata, non potendo trovare applicazione la proroga dei termini cui al D.L. n. 143 e al D.M. 8 aprile 2004, utilizzabile solo da chi non avesse già presentato domanda di condono;

il motivo è fondato;

questa Corte ha, sul punto, osservato che “Secondo una interpretazione costituzionalmente orientata, la disciplina di cui alla L. 29 dicembre 2002, n. 289, art. 12 opera anche per coloro che avevano pagato la prima rata in epoca anteriore alla data di entrata in vigore del D.L. 24 giugno 2003, n. 143 (conv. nella L. 1 agosto 2003, n. 212 e contenente un primo differimento). Infatti, il cit. D.L. n. 143, art. 1, comma 2 e il D.M. 8 aprile 2004, art. 1, comma 2, lett. g) – che limita la platea dei destinatari della proroga dei termini a quei contribuenti che alla data di entrata in vigore del predetto D.L. n. 143, non avevano effettuato versamenti utili per la definizione degli adempimenti e degli obblighi tributari di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 12 (tra gli altri) – vanno interpretati nel senso che per versamenti “utili” devono intendersi quelli immediatamente estintivi di detti obblighi, ossia quelli effettuati “in unica soluzione”; nella fattispecie, risulta dalla sentenza impugnata che il pagamento effettuato il 16 maggio 2003 costituiva il primo atto di definizione, avendo il giudice del gravame precisato che lo stesso costituiva il versamento della prima rata, sicchè le successive previsioni di proroga trova applicazione anche con riferimento alla vicenda in esame;

è altresì riconosciuto dalla controricorrente che la contribuente ha versato il saldo in data 21 giugno 2004, quindi entro il termine finale del 18 aprile 2005, previsto dal D.M. 8 aprile 2004;

la pronuncia impugnata, pertanto, non ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi;

l’accoglimento del primo motivo di ricorso comporta l’assorbimento del secondo motivo con il quale si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 3 e della L. n. 212 del 2000, art. 7, prospettato sul punto della decisione che ha ritenuto non rilevante, ai fini della motivazione del diniego impugnato, la mancata allegazione del Provv. Dirett. del 27 giugno 2005;

in conseguenza di quanto sopra, la sentenza va cassata, e, non dovendosi procedere ad accertamenti in fatto, decidendo nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, va accolto il ricorso introduttivo proposto dinanzi al giudice di primo grado, con compensazione delle spese di lite relativamente ai precedenti grado di giudizio e condanna della controricorrente al pagamento delle spese di lite del presente grado di giudizio;

PQM

La Corte:

accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata, e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo proposto dalla contribuente dinanzi al giudice di primo grado, con compensazione delle spese di lite relativamente ai precedente giudizio e condanna della controricorrente al pagamento delle spese di lite del presente grado di giudizio che si liquidano in complessive Euro 3.000,00, oltre spese forfettarie nella misura del quindici per cento, ed accessori.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta sezione civile, il 27 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2019

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