Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21818 del 20/10/2011

Cassazione civile sez. lav., 20/10/2011, (ud. 19/09/2011, dep. 20/10/2011), n.21818

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 21764-2007 proposto da:

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI MAGNA GRAECIA DI (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la

rappresenta e difende, ope legis,-

– ricorrente –

contro

M.R., T.R., A.P.,

TA.FR., B.G., P.C., D.

C.V.M., C.F., G.

C., R.A., tutti domiciliati in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dagli avvocati DE GIUSEPPE SANDRO, COSENTINO

ALFONSO MARIA, giusta delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 729/2007 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 03/05/2007 R.G.N. 701/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/09/2011 dal Consigliere Dott. IRENE TRICOMI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso che ha concluso per l’inammissibilità o, in

subordine, rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte d’Appello di Catanzaro, con la sentenza n. 729/07, depositata il 3 maggio 2007, pronunciando sull’appello proposto dalla Università Magna Grecia nei confronti di R.A. avverso la sentenza del Tribunale di Catanzaro del 12 gennaio-12 marzo 2004, nonchè sull’appello di G.C. ed altri nei confronti della medesima Università Magna Grecia, avverso la sentenza del Tribunale di Catanzaro del 9-22 febbraio 2005, così provvedeva:

rigettava l’appello proposto dalla suddetta Università nei confronti di R.A. e confermava l’impugnata sentenza;

accoglieva l’appello proposto da G.C. ed altri e, in riforma dell’impugnata sentenza, accertava il diritto degli appellanti ad essere inquadrati nella categoria C, posizione economica C1, a decorrere dall’aprile 2001 e condannava l’Università in questione a corrispondere le differenze retributive maturate, oltre accessori di legge.

2.1 suddetti lavoratori avevano adito il giudice di primo grado premettendo:

di essere già dipendenti del Consorzio per l’Università a distanza, dichiarato fallito con sentenza del 30 aprile 1998 dal Tribunale di Cosenza;

di aver partecipato al concorso bandito il 7 aprile 2000 dalla Università Magna Grecia di (OMISSIS), in ragione della L. n. 144 del 1999, art. 23, che aveva previsto la possibilità per i dipendenti del Consorzio dichiarato fallito di partecipare ad appositi concorsi banditi dalle tre Università calabresi (di (OMISSIS));

che la R. era stata assunta dalla Università di (OMISSIS) il 22 agosto 2000 e gli altri il 2 aprile 2001;

che tutti erano stati inquadrati nella categoria B. Tanto premesso, con autonomi ricorsi, chiedevano al Tribunale di Catanzaro di accertare il loro diritto all’inquadramento nella categoria C, posizione economica C1, ai sensi del CCNL in vigore dal 9 agosto 2000, il cui art. 74 prevedeva che. con effetto dalla data di stipulazione del presente CCNL, il personale dipendente inquadrato nella ex 5^ fascia funzionale a seguito di concorso pubblico, per l’accesso al quale è richiesto il possesso del diploma di istituto secondario di 2^ grado, è inquadrato nella categoria C, posizione economica C1.

L’Università resisteva deducendo che il concorso al quale avevano partecipato i ricorrenti non poteva qualificarsi pubblico in quanto riservato agli ex dipendenti CUD. Il Tribunale, con la sentenza del 12 gennaio/12 marzo 2004 accoglieva la domanda della R., mentre con altra sentenza rigettava l’analoga domanda di G.C. e altri.

3. Avverso la sentenza della Corte d’Appello, che decideva sui ricorsi riuniti proposti in ordine alle suddette sentenze, ricorre l’Università degli Studi Magna Grecia di (OMISSIS) nei confronti di R.A. e gli altri resistenti indicati in epigrafe, prospettando un articolato di ricorso.

4. Resistono con controricorso gli intimati.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione di legge, anche in ragione della motivazione della sentenza, erronea e contraddittoria.

La resistente prospetta il quesito di diritto con riguardo al seguente assunto: se l’assunzione di personale per mezzo della procedura della selezione riservata non equivale a quella operata attraverso il meccanismo del pubblico concorso. Pertanto, se la disposizione di cui all’art. 74 del CCNL del 9 agosto 2000 non è applicabile agli ex dipendenti CUE), assunti a seguito di concorso riservato della L. 17 maggio 1999, n. 144, ex art. 23.

Ad avviso della ricorrente, l’art. 74 non è applicabile ai resistenti, per un duplice ordine di considerazioni. Da un lato, infatti, il concorso sarebbe stato bandito prima della sigla del CCNL in questione, dall’altro, gli stessi venivano assunti a seguito di concorso riservato agli ex dipendenti CUD, ai sensi della L. n. 144 del 1999, art. 23 e, dunque, non pubblico.

Quanto dedotto, incidentalmente (“inoltre, si ricorda”), in ordine alla non cumulabilità di interessi e rivalutazione, non integra autonomo motivo di doglianza e, peraltro, la Corte d’Appello riconosceva sulle differenze retributive gli interessi legali ma “non anche la svalutazione monetaria stante il divieto di cumulo per le pubbliche amministrazioni”, come si legge nella motivazione della sentenza.

2. Il motivo non è fondato.

La Corte costituzionale (sentenze n. 52 del 2011, n. 81 del 2006, n. 205 e n. 34 del 2004) ha riconosciuto nel concorso pubblico (art. 97 Cost., comma 3) la forma generale ed ordinaria di reclutamento per il pubblico impiego, in quanto meccanismo strumentale al canone di efficienza dell’amministrazione, ed ha ritenuto che possa derogarsi a tale regola solo in presenza di peculiari situazioni giustificatrici.

nell’esercizio di una discrezionalità che trova il suo limite nella necessità di garantire il buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost., comma 1) ed i cui vaglio di costituzionalità non può che passare attraverso una valutazione di ragionevolezza della scelta operata dal legislatore.

La Corte ha inoltre, sottolineato che la regola del pubblico concorso possa dirsi pienamente rispettata solo qualora le selezioni non siano caratterizzate da arbitrarie ed irragionevoli forme di restrizione dei soggetti legittimati a parteciparvi.

In particolare il Giudice delle (Leggi ha riconosciuto che l’accesso al concorso possa essere condizionato al possesso di requisiti fissati in base alla legge, anche allo scopo di consolidare pregresse esperienze lavorative maturate nell’ambito dell’amministrazione, ma ciò “fino al limite oltre il quale possa dirsi che l’assunzione nell’amministrazione pubblica, attraverso norme di privilegio, escluda o irragionevolmente riduca, le possibilità di accesso, per tutti gli altri aspiranti, con violazione del carattere “pubblico” del concorso, secondo quanto prescritto in via normale, a tutela anche dell’interesse pubblico, dall’art. 97 Cost., comma 3″.

Solo in peculiari ipotesi la Corte cost. ha ritenuto legittime procedure concorsuali integralmente riservate a personale interno e specificamente qualificato (cfr. Corte cost., sentenze n. 228 del 1997, n. 477 del 1995 ed ordinanza n. 517 del 2002).

In tali ipotesi, peraltro, la Corte, dopo avere confermato l’indirizzo interpretativo sopra ricordato, ha ritenuto non irragionevoli tali previsioni in considerazione della specificità delle fattispecie in questione, e comunque coerenti con il principio del buon andamento.

Alla luce della giurisprudenza del Giudice delle Leggi, dunque, il carattere pubblico del concorso non è escluso, di per sè, dal fatto che lo stesso possa essere riservato.

La L. n. 144 del 1999, art. 23 la cui rubrica reca “Personale del Consorzio universitario a distanza” prevede: “il personale dipendente dal Consorzio universitario a distanza, per il quale è stato dichiarato il fallimento con sentenza depositata il 30 aprile 1998, ancorchè in cassa integrazione alla medesima data, partecipa a domanda ad appositi concorsi che possono essere banditi dalle università statali di (OMISSIS) ai fini dell’inquadramento nei ruoli del personale tecnico-amministrativo delle università stesse, nel rispetto delle professionalità acquisite, senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato”.

Dalla suddetta disposizione normativa, in mancanza di qualsiasi indicazione da parte della ricorrente, suffragata dal bando, circa le modalità di espletamento del concorso, non è dato rilevare che il concorso in questione non potesse essere considerato pubblico ai fini di cui all’art. 74, punto 3, del CCNL 1998-2001 dei personale non dirigente del comparto università, in questione. D’altro canto, non è senza rilievo che il ricorrente non abbia prospettato l’illegittimità dell’assunzione in sè, e, dunque, del fatto che costituisce la premessa della domanda di attribuzione di diversa posizione economica, per cui è causa.

Non è, dunque, incompatibile con il carattere pubblico di una procedura concorsuale che la stessa sia riservata, salvo verificare che l’entità della riserva e le modalità fissate per l’espletamento della procedura concorsuale rispondano ai canoni individuati dalla Corte costituzionale, con riguardo all’art. 97 Cost..

D’altro canto, tale ratio informa anche il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 35 laddove lo stesso prevede che l’assunzione nelle amministrazioni pubbliche avviene con contratto individuale di lavoro: tramite procedure selettive, volte all’accertamento della professionalità richiesta, che garantiscano in misura adeguata l’accesso dall’esterno, conformi ai seguenti principi:

a) adeguata pubblicità della selezione e modalità di svolgimento che garantiscano l’imparzialità e assicurino economicità e celerità di espletamento, ricorrendo, ove è opportuno, all’ausilio di sistemi automatizzati, diretti anche a realizzare forme di preselezione;

b) adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti, idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alla posizione da ricoprire;

c) rispetto delle pari opportunità tra lavoratrici e lavoratori;

d) decentramento delle procedure di reclutamento;

e) composizione delle commissioni esclusivamente con esperti di provata competenza nelle materie di concorso, scelti tra funzionari delle amministrazioni, docenti ed estranei alle medesime, che non siano componenti dell’organo di direzione politica dell’amministrazione, che non ricoprano cariche politiche e che non siano rappresentanti sindacali o designati dalle confederazioni ed organizzazioni sindacali o dalle associazioni professionali.

Correttamente e con congrua motivazione, il giudice di appello ha, dunque, ritenuto che il concorso indetto da un ente pubblico che sia di fatto riservato ad alcune categorie di persone non cessa di essere un pubblico concorso se le modalità di espletamento siano quelle tipiche dei pubblici concorsi.

La Corte d’Appello ha, quindi, affermato che la L. n. 144 del 1999, art. 23 parla di concorsi appositi e non di selezione riservata;

inoltre il concorso è stato bandito e pubblicato sulla Gazzetta ufficiale, con esplicito riferimento non solo alla L. n. 144 del 1999 ma anche alle disposizioni che disciplinano i pubblici concorsi (D.P.R. n. 487 del 1994 e D.P.R. n. 3 del 1957); la Commissione giudicatrice è stata nominata in base al Regolamento sugli accessi agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le prove concorsuali per titoli ed esami si sono svolte con modalità identiche a quelle previste per l’accesso ai pubblici impieghi.

In conclusione, dunque ha ritenuto la Corte d’Appello che sia la R. che gli altri ex dipendenti CUD, essendo in possesso dei requisiti richiesti dall’art. 74 del CCNL avevano diritto ad ottenere l’inquadramento richiesto.

Anche il secondo profilo di censura, con cui si deduceva che l’art. 74 poteva trovare applicazione solo con riguardo al personale già in servizio alla data dell’agosto 2000, data di entrata in vigore del contratto, mentre i ricorrenti erano atti assunti nel 2001, non è fondato.

Ed infatti, come ritenuto con motivazione congrua dalla Corte d’appello, l’espressione personale dipendente non deve riferirsi al personale già dipendente ma anche ai soggetti che dopo la stipula del contratto collettivo assumano tale qualità, potendo, invece, avere una valenza nel senso prospettato dalla ricorrente l’espressione “in servizio” che tuttavia non era stata utilizzato nella stesura dell’art. 74 in esame.

Peraltro, si può osservare come analoga questione (relativa al comma 4, ex 7^ qualifica funzionale) ha costituito oggetto di interpretazione autentica ARAN (G.U. n. 138 del 17 giugno 2003), ritenendosi che “in relazione al quesito posto dal giudice del lavoro di Modena, dott. Ce., con ordinanze del 13 settembre 2002. le partì sottoscrittrici del CCNL 9 agosto 2000 concordano nel confermare di aver inteso, all’art. 74, comma 4, che la posizione economica DI debba essere attribuita anche al personale, vincitore di concorso pubblico per la ex 7^ qualifica funzionale (per l’accesso alla quale era previsto il diploma di laurea), bandito antecedentemente alla data di sottoscrizione dell’anzidetto CCNL 9 agosto 2000, ed assunto successivamente alla sottoscrizione del contratto medesimo”.

3. Il ricorso deve essere rigettato.

4. In ragione della peculiarità e della complessità delle questioni trattate, le spese di giudizio sono compensate.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa tra le parti le spese di giudizio.

Così deciso in Roma, il 19 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 ottobre 2011

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