Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21816 del 28/10/2016

Cassazione civile sez. trib., 28/10/2016, (ud. 06/07/2016, dep. 28/10/2016), n.21816

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26751-2014 proposto da:

CENTRO RICERCHE FIAT in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE GIULIO CESARE 14

A-4, presso lo studio dell’avvocato GABRIELE PAFUNDI, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati LUIGI GIORGI, MARCO

CASAVECCHIA giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DEL TERRITORIO in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

sul ricorso 20620-2015 proposto da:

CENTRO RICERCHE FIAT CRF SOCIETA’ CONSORTILE PER A in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA

VIALE GIULIO CESARE 14 A-4, presso lo studio dell’avvocato GABRIELE

PAFUNDI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati LUIGI

GIORGI, MARCO CASAVECCHIA giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 15669/2014 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

di ROMA, depositate il 09/07/2014 e 25/08/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/07/2016 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA;

udito per il ricorrente l’Avvocato CASAVECCHIA che si riporta agli

atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CUOMO LUIGI che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO

La Centro Ricerche Fiat (CRF) soc. consortile per azioni, incorporante la Elasis Sistema Ricerca Fiat nel Mezzogiorno spa, propone due distinti ricorsi per la revocazione della sentenza di questa corte di legittimità n. 15669 del 9 luglio 2014, reiettiva del ricorso (n. 24644/09) da essa proposto avverso la sentenza n. 83/45/09 del 10 aprile 2009 con la quale la commissione tributaria regionale di Napoli, in accoglimento dell’appello proposto dall’agenzia del territorio, riteneva fondato, in tutti i suoi profili, l’avviso di accertamento notificatole nel maggio 2006 in rettifica del classamento con attribuzione di rendita catastale, proposto dalla società con procedura DOCFA, in relazione al complesso immobiliare con impianti fissi da essa detenuto in (OMISSIS).

A) Nel primo ricorso (n. 26751/14) CRF chiede la revocazione ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c. e art. 395 c.p.c., n. 4), individuando nella sentenza di legittimità in oggetto i seguenti errori di fatto aventi asserita natura revocatoria:

primo errore (relativo al primo motivo del ricorso per cassazione, a sua volta concernente l’avviso di accertamento nella sua interezza e, quindi, sia al ritenuto aumento del valore venale del complesso immobiliare da Euro 13.022.100,00 ad Euro 17.304.410,00, sia al computo ex novo degli impianti aziendali stabilmente infissi e non denunciati, per ulteriori Euro 20.000.000,00): avere la corte di cassazione attribuito natura di “motivazione” al ragionamento esposto nella sentenza della commissione tributaria regionale, nonostante che quest’ultima, non solo non avesse preso in considerazione le contestazioni mosse dalla società contribuente in ordine alla carente motivazione dell’avviso di accertamento, ma si fosse limitata a basare il proprio giudizio (con difetto di terzietà) su quanto puramente e semplicemente affermato dall’agenzia del territorio con richiamo alla valutazione interna da questa svolta (n. prot. (OMISSIS), allegata all’avviso, per la parte immobiliare), e ad altro documento interno (denominato “inc. 3166/2002”, non allegato all’avviso e mai ad essa comunicato, per la parte mobiliare ed impiantistica). Ritenere “motivato” ciò che la “parte Fisco” aveva affermato sulla base delle sole risultanze interne, e senza dare conto delle contestazioni mosse, integrerebbe una “evidente svista”, e non un giudizio giuridico; in quanto si risolverebbe nella erronea “supposizione” di un giudizio motivato da parte del giudice merito, in realtà “inesistente ovvero nullo”. Altrimenti ragionando, si poneva questione di incostituzionalità, ex artt. 3, 24 e 113 Cost. in relazione alla L. n. 212 del 2000, art. 7, dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 118 disp. att. cod. proc. civ.;

secondo errore (relativo al secondo motivo del ricorso per cassazione, a sua volta concernente la parte dell’avviso di accertamento recante imputazione di valore degli impianti stabilmente infissi per Euro 20.000.000,00); avere la corte di cassazione ritenuto che l’obbligo di motivazione degli atti tributari potesse essere adempiuto anche “per relationem”, con riferimento, nella specie, ad atti interni all’amministrazione finanziaria (segnatamente, “inc. 3166/2002”) che nella sentenza oggetto di revocazione erano stati dati – contrariamente al vero – per conosciuti o conoscibili dalla società contribuente, in quanto dalla stessa provenienti; nella specie, “l’assumere tale giudizio come “giudizio motivato” costituisce un “fatto” la cui verità è incontrastabilmente esclusa” (così ric., pag.23);

terzo errore (relativo al terzo motivo del ricorso per cassazione, a sua volta concernente il fatto che il valore degli impianti fissi dovesse ritenersi ricompreso, e non aggiungersi, a quello della parte immobiliare); avere la corte di cassazione ritenuto motivato un avviso di accertamento basato su un documento (“inc. 3166/2002”) non allegato all’atto di accertamento, non presente nel fascicolo di causa e da essa contribuente contestato, con correlativo sovvertimento del principio dell’onere della prova a carico dell’amministrazione finanziaria; sicchè l’errore revocatorio sussisterebbe, perchè “il “fatto giudizio” della sentenza di cui si chiede la revocazione dà per scontato che la “motivazione” del “giudice terzo di merito” si basi su un documento non presente nel giudizio. La sentenza ha supposto un fatto (la motivazione dell’accertamento dei 20 milioni di Euro basata su un documento) inesistente” (così ric., pag.27).

B) Nel secondo ricorso (n.20620/15) CRF chiede la revocazione della sentenza ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c. e art. 395 c.p.c., nn. 1) o 3) perchè la corte di cassazione avrebbe ritenuto legittima la motivazione dell’avviso di accertamento per relationem ad un atto (il più volte citato “inc. 3166/2002”) non solo erroneamente dato per noto alla società contribuente in quanto da quest’ultima asseritamente proveniente, ma anche del tutto privo nel suo contenuto (come emergente dalla disamina di tale documento, resa possibile soltanto nel luglio 2015 a seguito di accesso agli atti del procedimento di accertamento) di qualsivoglia elemento atto a sostenere l’accertamento del valore di 20 milioni di Euro sugli impianti fissi. Tale documento rilevava ai fini della revocazione, se non per effetto di dolo della parte ex art. 395 c.p.c., n. 1), quantomeno per effetto dell’art. 395, n. 3), trattandosi di documento decisivo che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario.

In entrambi i ricorsi resiste l’agenzia delle entrate con controricorso.

CRF ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

p. 1. I due ricorsi così proposti devono essere riuniti, in quanto aventi ad oggetto la revocazione della medesima sentenza: vuoi per motivi originari (primo ricorso), vuoi per motivi sopravvenuti all’acquisizione di un documento reputato decisivo ai fini del giudizio (secondo ricorso).

Essi non possono trovare accoglimento.

p. 2. Per quanto concerne le ipotesi di errore di fatto revocatorio ex art. 395 c.p.c., n. 4), occorre partire dal dato normativo secondo cui “vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell’uno quanto nell’altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare”.

L’errore revocatorio deve dunque cadere – per regola generale, valevole anche nel caso di revocazione di sentenze di legittimità ex artt. 391 bis e ter cod. proc. civ., recettivi di quanto stabilito dalla corte costituzionale con le sentenze nn. 17/1986 e 36/1991 – su un “fatto”; esso si concreta in una falsa percezione della realtà, a sua volta indotta da una “svista” di natura percettiva e sensoriale.

Proprio per tale sua natura, questa falsa percezione della realtà – che nel procedimento di cassazione concerne necessariamente i soli atti interni al giudizio di legittimità, ossia quelli che la corte esamina direttamente nell’ambito del motivo di ricorso o delle questioni rilevabili d’ufficio: Cass. 4456/15, ord. – deve emergere in maniera oggettiva ed immediata dal solo raffronto tra la realtà fattuale e la realtà rappresentata in sentenza; con la conseguenza che non può dirsi revocatorio quell’errore la cui verificazione richieda indagini, procedimenti ermeneutici, svolgimento di argomentazioni giuridico-induttive (tra le molte: Cass. nn. 3317/98; 14841/01; 2713/07; 10637/07; 23856/08; 8472/16, ord.).

Non varrebbe obiettare – con il richiamo alla motivazione della sentenza – che l’errore revocatorio non riguarda soltanto i fatti materiali (o storici, o empirici) di natura sostanziale, ma anche gli eventi del processo.

Questa affermazione deve ritenersi, in linea di principio, del tutto corretta.

Essa ha trovato varie applicazioni quanto ad errore costituito, ad esempio, dall’omesso esame di uno scritto difensivo (ma solo nell’ipotesi in cui l’omissione sia tale da comportare una svista percettiva del giudice in ordine all’esistenza o inesistenza di una circostanza fattuale di natura decisiva, non già una diversa valutazione in diritto della fattispecie sostanziale o processuale: Cass.3137/94); ovvero dall’omessa pronuncia su una domanda che si assuma essere stata ritualmente proposta, ma che il giudice abbia ritenuto non essere mai stata formulata in giudizio (Cass. 12958/11); ovvero, ancora, nell’omesso esame di un motivo di impugnazione non percepito (Cass. 362/10; 17163/15).

E tuttavia, anche questa tipologia di errore, concernente le intrinseche modalità di svolgimento del giudizio, deve incidere su un “fatto”, ancorchè di natura processuale; con esclusione anche in tal caso, pertanto, di qualsivoglia rilevanza dell’errore di ‘valutazionè nel quale sia in ipotesi incorso il giudice nella ricostruzione fattuale della vicenda, ovvero nell’applicazione della legge e nella sussunzione della fattispecie.

Va ancora considerato che l’esclusione di rilevanza revocatoria per tutto ciò che sia errore non “di fatto” (sostanziale o processuale), ma sulla “valutazione” e sul “giudizio” non implica lesione del diritto di difesa ex art. 24 Cost.. Sul punto si è osservato (fin da Cass. 3137/94, cit.) che tale diritto va contemperato con l’esigenza, anch’essa di natura costituzionale, di assicurare la definizione della lite mediante la formazione del giudicato; con la conseguenza che l’opzione di accordare l’eccezionale strumento della revocazione soltanto in presenza di errori di fatto, lasciando quindi fuori ogni possibilità di sindacato sulla correttezza dei principi giuridici infine applicati (quand’anche astrattamente suscettibili di essere confutati dal vaglio delle controdeduzioni della parte soccombente) esprime una valutazione discrezionale del legislatore ordinario coerente con detta esigenza. Affermazione, questa, già ritenuta compatibile anche con il diritto dell’Unione Europea, soccorrendo in proposito quanto stabilito da Cass. Sez. U, Ordinanza n. 13181 del 28/05/2013, secondo cui: “la disciplina risultante dal combinato disposto dell’art. 391-bis c.p.c. e art. 395 c.p.c., n. 4), – nella parte in cui non prevede come causa di revocazione l’errore di giudizio o di valutazione – non viola il diritto dell’Unione Europea, non recando alcun “vulnus” al principio dell’effettività della tutela giurisdizionale dei diritti; atteso che la stessa giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea riconosce, da un lato, l’importanza del principio della cosa giudicata, al fine di garantire sia la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici, sia una buona amministrazione della giustizia, e rimettendo, dall’altro, le modalità di formazione della cosa giudicata, e quelle di attuazione del relativo principio, agli ordinamenti giuridici degli stati membri”.

p. 3. Ora, nel caso di specie, CRF individua il fatto costituente l’oggetto dell’errore revocatorio nella supposizione, da parte della corte di legittimità, dell’effettiva esistenza della motivazione della sentenza della commissione tributaria regionale, nonostante che tale non potesse considerarsi quella che si limitava a passivamente recepire, senza controllo critico da parte di un giudice-terzo, le affermazioni e le valutazioni estimative fornite dall’amministrazione finanziaria; per giunta, in massima parte sulla base di atti interni (quali l'”inc. 3166/2002″) non allegati all’avviso; in quest’ultimo non riportati; ad essa mai notificati nè portati altrimenti a conoscenza.

Deve escludersi – per le appena esposte considerazioni – che l’errore così segnalato abbia natura revocatoria.

Risulta infatti dallo stesso tenore del ricorso come la società individui la causa di revocazione della sentenza nell’erronea supposizione di esistenza della motivazione della sentenza di appello (a sua volta relativa alla motivazione dell’avviso di accertamento); erronea supposizione derivata però, secondo la ricorrente, non da una “svista” occorsa nella lettura della sentenza stessa, bensì dall’erronea valutazione giuridica sul “fatto” che il ragionamento offerto dalla commissione regionale (meramente recettivo della tesi dell’amministrazione finanziaria) potesse, per ciò soltanto, integrare l’elemento di cui all’art. 132 c.p.c., n. 4).

In altri termini, non si lamenta l’errata percezione “sensoriale” circa la sussistenza o insussistenza di una necessaria componente fisica e materiale di un testo (la sentenza impugnata), bensì l’errata attribuzione concettuale del valore giuridico di vera e propria “motivazione” al ragionamento offerto sul punto dalla commissione regionale.

Ciò è reso evidente dall’abbondante richiamo, nello stesso ricorso, all’insegnamento di legittimità che la sentenza oggetto di revocazione avrebbe travisato quanto a requisiti della motivazione della sentenza e dell’atto di accertamento; ai limiti di ammissibilità della motivazione “per relationem”; alla necessità normativa (con richiamo alla L. n. 212 del 2000, art. 7) che l’avviso di accertamento riproduca gli elementi essenziali degli atti sui quali esso si basa, ovvero che tali atti siano allegati all’avviso o comunque portati a conoscenza del contribuente. Ed è parimenti palesato dai sollevati dubbi di costituzionalità della normativa di riferimento, in ipotesi di diversa opinione (giuridica) sui requisiti minimi essenziali della motivazione.

In questa situazione è dunque evidente come qualificare “fatto” revocatorio quello che altro non è se non il “giudizio” della corte di legittimità sulla effettiva sussistenza e congruità della motivazione offerta dal giudice di appello, costituisca – attraverso la creazione artificiale di un “fatto-giudizio” – un’evidente forzatura del sistema revocatorio; idonea a scardinare il giudicato. E tale da configurare – per assurdo – la possibilità di un errore revocatorio sul fatto ogniqualvolta la corte esprima un giudizio di legittimità sul concorso, in concreto, dei requisiti legali minimi della motivazione del giudice di merito, compresi quelli atti ad escluderne la mera apparenza.

E ciò è reso una volta più evidente considerando quanto, sul punto specifico, è stato osservato dalla sentenza oggetto di revocazione, la quale ha respinto il ricorso per cassazione di Elasis-CRF sulla base di tipiche considerazioni ermeneutiche desunte: vuoi (pag. 4) dal costante orientamento di legittimità in materia (così quanto, in particolare, al richiamo a Cass. 16650/11, secondo cui: “nel giudizio di impugnazione di avvisi di accertamento, il giudice del merito non è tenuto a dare conto del fatto di aver valutato analiticamente tutte le risultanze processuali, nè a confutare ogni singola argomentazione prospettata dalle parti, essendo sufficiente che egli, dopo averli vagliati nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il suo convincimento e l’iter logico seguito, implicitamente disattendendo gli argomenti morfologicamente incompatibili con la decisione adottata, come nel caso di mere allegazioni difensive quali sono le osservazioni contenute nella perizia stragiudiziale”); vuoi (pag. 6) da una determinata interpretazione della L. n. 212 del 2000 cit., art. 7 in ordine al fatto che la motivazione degli atti tributari possa essere adempiuta anche “per relationem”, requisito ritenuto sussistente nel caso di specie, posto che l’avviso di accertamento in oggetto si era basato su un documento noto alla società contribuente, perchè dalla stessa proveniente.

Ci si muove dunque nell’ambito una tipica argomentazione logico-giuridica, che ha infine portato la corte di legittimità ad affermare non soltanto la sussistenza, ma anche la rispondenza alla legge, della motivazione del giudice regionale; ancorchè pienamente adesiva, nel merito, alla tesi offerta in giudizio dall’amministrazione finanziaria.

D’altra parte, che non si verta di errore revocatorio trova ulteriore conferma in sede di verifica controfattuale; nel senso che in tanto la revocazione potrebbe essere qui in ipotesi pronunciata, in quanto si confutasse – con opposti argomenti di interpretazione ed applicazione normativa – quanto sostenuto dalla corte di legittimità sui requisiti della motivazione della sentenza di merito e dell’avviso di accertamento. Il che – ben lontano dai su richiamati limiti di rilevanza obiettiva e lampante dell’errore di fatto revocatorio – non potrebbe realizzarsi se non in sede di inammissibile ulteriore delibazione (in quarto grado) della causa, nei suoi risvolti non fattuali ma prettamente tecnico-giuridici.

Vi è però un ulteriore aspetto di infondatezza dell’istanza di revocazione per errore, atteso che quest’ultimo – come stabilito dall’art. 395, n. 4) cit. – può a tal fine rilevare solo se il fatto che ne rappresenta l’oggetto “non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare”. Ora, nel caso di specie, questa evenienza va senz’altro esclusa, dal momento che l’insussistenza di motivazione nell’atto impositivo e, poi, nella sentenza della commissione tributaria regionale – lungi da non costituire un punto controverso di causa – venne fatta oggetto di specifica contestazione, nei gradi di merito ed in sede di legittimità, da parte della società contribuente. Ne deriva che la pronuncia con la quale la corte di cassazione ha respinto i motivi di ricorso proposti su questo specifico aspetto si è posta all’esito di un ampio ed articolato dibattito processuale; infine confluito in un giudizio di natura giuridico-valutativa del tema decisionale.

p. 4. Il presupposto revocatorio va qui escluso anche per quanto concerne la ritenuta pregressa conoscenza, in capo alla CRF, degli atti interni (non riprodotti nell’avviso di accertamento, nè a quest’ultimo allegati) sui quali l’amministrazione finanziaria ha fondato l’avviso di accertamento per riclassificazione catastale ed attribuzione di rendita; segnatamente dell’atto denominato “inc. 3166/2002” (incarico).

Nemmeno questo profilo – dedotto in entrambi i ricorsi per revocazione, ai sensi sia dell’art. 395 cit., n. 4) sia nn. 1) e 3) – può infatti trovare ingresso.

Per quanto concerne l’ipotesi sub n.4), va in primo luogo osservato che la pregressa conoscenza di tale atto da parte della società costituì anch’esso l’esito di una valutazione, questa volta risalente al giudizio di merito; là dove la commissione tributaria regionale ha osservato che l’avviso di accertamento (per quanto concerne l’imputazione di valore degli impianti) faceva “riferimento alla richiesta fatta dall’appellata per usufruire delle agevolazioni relative all’industrializzazione del Mezzogiorno”; affermazione, quest’ultima, che denota un tipico convincimento di merito, relativo al fatto che le risultanze essenziali e rilevanti, ai fini di causa, dell’ “inc. 3166/2002” dovevano reputarsi effettivamente note alla società, in quanto riferite ad un’istanza, con relativa documentazione, da quest’ultima presentata all’amministrazione finanziaria.

E tale delibazione – in quanto prettamente fattuale e di merito – non poteva trovare ammissibile sindacato da parte della sentenza di legittimità oggetto di revocazione, se non nei limiti (dunque anch’essi genericamente ascrivibili alla “valutazione” del fatto e non alla sua “percezione” nel senso indicato) del vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Ed in tal senso va letto il secondo motivo di ricorso per cassazione, come riportato nella sentenza di legittimità in esame, attestante la circostanza che anche questo specifico aspetto fu oggetto, da parte della corte di cassazione, di un accertamento non fattuale (il che era del resto precluso dalla natura stessa del giudizio), ma prettamente delibativo sulla logicità e congruità della motivazione così offerta, sul punto, dal giudice di merito.

Ricorre in proposito l’affermazione contenuta nella sentenza in questione, secondo cui – fermo restando che il giudice di merito aveva appurato, in fatto, la pregressa conoscenza del documento da parte della società contribuente, in quanto rinveniente da una sua istanza documentata di agevolazione – legittimo, in diritto, doveva ritenersi l’avviso di accertamento che non l’avesse riportato nè allegato, ma solamente richiamato “per relationem” (L. n. 212 del 2000, ex art. 7).

Va detto che, alla stessa conclusione di infondatezza dell’istanza di revocazione ex art. 395 c.p.c., n. 4), dovrebbe comunque pervenirsi anche in esito alla disamina sostanziale dell'”inc. 3166/2002″; come dalla ricorrente acquisito presso l’amministrazione finanziaria, e prodotto in giudizio (anche con la trascrizione integrale, stante la sua non perfetta leggibilità).

Si osserva infatti che tale documento: – è un parere interno sulla natura e caratteristiche del complesso aziendale in oggetto, reso dall’agenzia del territorio su richiesta dell’agenzia delle entrate in vista del riconoscimento alla società contribuente (richiedente l’agevolazione) dell’esenzione Irpeg prevista dalle leggi sulla industrializzazione del Mezzogiorno; – quand’anche mai comunicato nè prima conosciuto dalla società, tale parere recepisce la documentazione proveniente da quest’ultima e relativa, tra il resto, alle fatture di acquisto di beni dello stabilimento; – l’impegno economico di spesa così contabilizzato, sulla base della documentazione offerta dalla società richiedente, è stato posto a fondamento della determinazione di valore della parte mobiliare ed impiantistica dello stabilimento nell’avviso di accertamento opposto; – nel parere in oggetto si dà espressamente atto di quanto segue: “Macchinari ed attrezzature: dalla documentazione di spesa esibita, costituita da un elenco delle fatture di acquisto che allegato alla presente ne forma parte integrante, risulta (…)”, dal che deriva come, pur non provenendo direttamente dalla società contribuente, l’atto in questione recepisse come parte integrante la documentazione di costo effettivamente proveniente da quest’ultima, così come presa a riferimento essenziale nell’avviso di accertamento.

Siamo dunque di nuovo in presenza di una valutazione giuridico-probatoria della fattispecie, di per sè estranea alla revocazione per errore di fatto.

E ciò pur considerando quanto dedotto da CRF nella memoria ex art. 378 cod. proc. civ.; inidoneo a smentire l’assunto secondo cui non può reputarsi revocatorio l’errore derivante dalla valutazione probatoria di un fatto da parte del giudice di merito – la cui sentenza, si badi, non è stata raggiunta da alcuna istanza di revocazione – come convalidata, sul piano motivazionale, dalla corte di cassazione entro i limiti di sindacato propri della funzione di legittimità.

p. 5. Quanto, infine, al ricorso per revocazione basato sull’ipotesi di cui all’art. 395 cod. proc. civ., n. 3) (avendo mostrato la ricorrente di sostanzialmente recedere dall’ipotesi di dolo dell’amministrazione finanziaria in suo danno, ai sensi del n. 1 art. cit.), sarà sufficiente rilevarne l’inammissibilità ex art. 391 ter cod. proc. civ. (Cass. n. 862/11 e 21912/15, ord.); disposizione, quest’ultima, che ammette la revocazione per il n. in oggetto soltanto con riguardo alla sentenza con la quale la corte di cassazione abbia deciso la causa nel merito ex art. 384 cod. proc. civ..

Ora, nel caso di specie, la sentenza oggetto di revocazione non ha deciso la causa nel merito, perchè ha respinto il ricorso proposto dalla società.

Ne segue, in definitiva, la dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi per revocazione riuniti, con condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.

Sussistono i presupposti D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte:

– riunisce i ricorsi per revocazione nn. 26751/14 e 20620/15, e li dichiara inammissibili;

– condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in Euro 10.000,00 per compenso professionale, oltre spese prenotate a debito;

– v.to il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater come modificato dalla L. n. 228 del 2012;

– dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta sezione civile, il 6 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2016

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