Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21815 del 09/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 09/10/2020, (ud. 03/03/2020, dep. 09/10/2020), n.21815

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29487-2014 proposto da:

F.G., elettivamente domiciliato in ROMA, C/0 STUDIO

MICCINESI E ASSOCIATI VIA XXIV MAGGIO 43, presso lo studio

dell’avvocato PAOLO PURI, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato ALBERTO MULA giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4055/2014 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 28/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/03/2020 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato LUCARIELLO per delega

dell’Avvocato MULA che si riporta agli atti; udito per il

controricorrente l’Avvocato TIDORE che si riporta agli atti.

 

Fatto

FATTI RILEVANTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

p. 1. Il notaio F.G. propone sei motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 4055/52/14 del 28.4.14, con la quale la commissione tributaria regionale della Campania, in riforma della prima decisione, ha ritenuto legittimo l’avviso di liquidazione notificatogli dall’agenzia delle entrate in recupero dell’imposta proporzionale di registro ed ipocatastale in relazione all’atto, da lui rogato e registrato in via telematica il 15 febbraio 2011, con il quale la società cooperativa M. a r.l. (poi denominata società cooperativa edilizia La Rosy) aveva acquistato due terreni in Comune di Lusciano (CE); atto sul quale egli aveva invece autoliquidato l’imposta di registro in misura fissa (con esenzione dell’imposta ipo-catastale) trattandosi di terreni destinati alla realizzazione di interventi di edilizia economica e popolare ai sensi del D.P.R. n. 601 del 1973, ex art. 32.

La commissione tributaria regionale, in particolare, ha ritenuto che l’agevolazione in questione non fosse riconoscibile, posto che: – non era stata provata la sussistenza, nel Comune di Lusciano, di un programma attuativo di edilizia economico-popolare nè una convenzione in tal senso; – agli atti di causa esisteva un “atto unilaterale d’obbligo sostitutivo della convenzione per aree fuori PEEP”, e tuttavia tale atto (tardivamente prodotto soltanto in appello) riguardava appunto aree fuori del piano di edilizia economica popolare e non surrogava la relativa convenzione ai sensi della L. n. 10 del 1977, ex art. 8, in quanto recante soltanto l’impegno unilaterale della cooperativa edilizia La Rosy (diversa dalla stipulante) a sottoscrivere tale convenzione, senza tuttavia farsi menzione alcuna di un formale atto del Comune di attuazione del PEEP.

Resiste con controricorso l’agenzia delle entrate.

p. 2.1 Con il primo motivo il ricorrente lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c.; per non avere la Commissione Tributaria Regionale pronunciato sul motivo di opposizione secondo cui l’imposta in oggetto, di natura complementare, gravava unicamente sulle parti contraenti e non sul notaio ai sensi del D.Lgs. n. 463 del 1997, ex art. 3 ter, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 42 e art. 57, comma 2.

Con il secondo motivo di ricorso si deduce, nell’ipotesi in cui non di omessa pronuncia si trattasse bensì di rigetto implicito del motivo di opposizione, violazione e falsa applicazione della normativa di riferimento; dal momento che la responsabilità del notaio doveva escludersi dal fatto che non si trattava di imposta principale (ancorchè “postuma”) ma di imposta complementare i cui elementi costitutivi non erano desumibili dall’atto di trasferimento.

Con il terzo motivo di ricorso si deduce nullità della sentenza per ultrapetizione (art. 112 c.p.c.). Per avere la Commissione Tributaria Regionale escluso l’agevolazione per difetto di convenzione comunale, mentre l’agenzia delle entrate l’aveva esclusa per una ragione diversa, data dalla mancata indicazione della convenzione nell’atto di trasferimento; e ciò stante la stipulazione, successivamente al rogito, del citato atto d’obbligo sostitutivo della convenzione (riportato in ricorso).

Con il quarto motivo di ricorso si lamenta violazione del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 32 e della L. n. 10 del 1977, artt. 7-8. Per avere la Commissione Tributaria Regionale erroneamente escluso l’equipollenza dell’atto d’obbligo alla convenzione di edilizia popolare; convenzione che ben poteva intervenire anche successivamente all’atto di trasferimento dei terreni. Nella specie, inoltre, l’atto d’obbligo era stato stipulato dalla stessa società che aveva acquistato questi ultimi, fatta oggetto nelle more di cambio di denominazione sociale.

Con il quinto motivo di ricorso si lamenta violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, per avere la Commissione Tributaria Regionale erroneamente affermato la tardiva produzione in giudizio dell’atto d’obbligo in questione, nonostante che nel rito tributario la produzione di nuovi documenti fosse consentita anche in appello.

Con il sesto motivo di ricorso si deduce violazione di legge dal momento che, quand’anche non fosse spettata l’agevolazione ai sensi del D.P.R. n. 601 del 1973, ex art. 32, sarebbe pur sempre stata applicabile l’agevolazione ai sensi della L. n. 244 del 2007, ex art. 1, comma 25-26 (immobili compresi in piani urbanistici particolareggiati diretti all’attuazione nel quinquennio dei programmi di edilizia residenziale comunque denominati), implicitamente richiesta e contenuta nella (più ampia) agevolazione ex art. 32 cit..

p. 2.2 Il primo motivo di ricorso è infondato.

La Commissione Tributaria Regionale ha confermato la legittimità dell’avviso di liquidazione in oggetto, e ciò ha fatto implicitamente rigettando il motivo di opposizione proposto dal notaio circa il difetto di propria responsabilità ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 57, comma 2, vertendosi di imposta complementare (motivo di opposizione della cui formulazione la sentenza dà conto).

Va dunque fatta qui applicazione del principio secondo cui per integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto. Il che non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi, in proposito, una specifica argomentazione; dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (tra le molte: Cass. nn. 452/15, 16254/12, 20311/11).

p. 2.3 Invece è fondato – con assorbimento delle altre censure – il secondo motivo di ricorso.

Si richiama, sul punto, l’indirizzo di legittimità secondo cui: “in tema di imposta ipotecaria e di registro, in base al combinato disposto del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 42 e 57 e del D.Lgs. n. 463 del 1997, art. 3-ter, anche in caso di registrazione con procedura telematica, il notaio risponde in via solidale con i contraenti, e salvo rivalsa, unicamente per l’imposta principale, tale dovendosi considerare quella risultante dal controllo dell’autoliquidazione ovvero da elementi desumibili dall’atto con immediatezza e senza necessità di accertamenti fattuali o extratestuali, nè di valutazioni giuridico-interpretative” (Cass. n. 15450/19 ed altre).

Si è inoltre affermato che: “in tema di imposta di registro, nel caso di liquidazione della stessa da parte dell’ufficio a seguito del disconoscimento di un’agevolazione applicata al momento della registrazione dell’atto, deve escludersi la responsabilità del notaio rogante, atteso che il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 57, limita quest’ultima al pagamento della sola imposta principale, mentre, nell’ipotesi suddetta, l’imposta va qualificata come complementare” (Cass. n. 12257/17).

In effetti, il D.Lgs. n. 463 del 1997 cit., art. 3 ter, stabilisce che: “1. Gli uffici controllano la regolarità dell’autoliquidazione e del versamento delle imposte e qualora, sulla base degli elementi desumibili dall’atto, risulti dovuta una maggiore imposta, notificano, anche per via telematica, entro il termine di sessanta giorni dalla presentazione del modello unico informatico, apposito avviso di liquidazione per l’integrazione dell’imposta versata (…)”.

Questa previsione di legge non fa venir meno quanto stabilito dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 42, secondo cui “è principale l’imposta applicata al momento della registrazione e quella richiesta dall’ufficio se diretta a correggere errori od omissioni effettuati in sede di autoliquidazione nei casi di presentazione della richiesta di registrazione per via telematica; è suppletiva l’imposta applicata successivamente se diretta a correggere errori od omissioni dell’ufficio; è complementare l’imposta applicata in ogni altro caso”.

La definizione legislativa ricomprende nella nozione di imposta principale un duplice prelievo: sia quello direttamente versato al momento della registrazione (quale imposta principale contestuale o “autoliquidata”), sia quello integrativamente richiesto dall’ufficio allo scopo di correggere errori od omissioni incorsi nella autoliquidazione medesima (c.d. imposta principale “postuma”). Al di là di questi limiti, l’imposta deve ritenersi complementare (oppure, in caso di errori dell’ufficio, suppletiva). Tornando al disposto di partenza, il D.Lgs. n. 463 del 1997, art. 3 ter, prevede una particolare procedura di controllo automatizzato dell’autoliquidazione, attribuendo all’amministrazione finanziaria la potestà di notificare al notaio un avviso di liquidazione integrativo, dal quale scaturisce la possibilità, per il notaio medesimo, sia di pagare entro i 15 giorni successivi senza interessi moratori nè sanzioni, sia di eventualmente compensare il proprio debito di rettifica con il credito risultante per le somme da lui versate in eccesso su altre registrazioni telematiche autoliquidate. Orbene, in ogni caso, questa particolare procedura di controllo riguarda l’imposta autoliquidata la cui difformità dal dovuto risulti immediatamente percepibile potremmo dire per tabulas – dal ‘modello unico informaticò (MUI) ovvero dalla disamina dell’atto trasmesso per la registrazione telematica; dispone infatti la norma che, in tanto la procedura automatizzata di controllo e recupero dell’imposta autoliquidata sia esperibile, in quanto il maggior dovuto emerga “sulla base degli elementi desumibili dall’atto”. Al contrario, ogniqualvolta la pretesa impositiva non trovi riscontro cartolare ed ictu oculi, ma richieda l’accesso ad elementi extratestuali o anche l’esperimento di particolari accertamenti fattuali o valutazioni giuridico-interpretative, l’amministrazione finanziaria non potrà procedere alla notificazione al notaio dell’avviso di liquidazione integrativo, dovendo invece emettere, secondo le regole generali, avviso di accertamento – per un’imposta che, a quel punto, avrà necessariamente natura complementare – nei confronti delle parti contraenti.

Del resto, l’adozione della procedura di registrazione telematica – finalizzata a velocizzare e semplificare l’attività impositiva – non muta nè in altro modo influenza la regola generale stabilita dal D.P.R. n. 131 del 1986 cit., art. 57, comma 2, secondo cui la responsabilità solidale del notaio (e del pubblico ufficiale in genere) “non si estende al pagamento delle imposte complementari e suppletive”, rimanendo pertanto limitata all’imposta principale. Previsione, quest’ultima, volta tra l’altro ad evitare che il notaio possa essere direttamente inciso (seppure con potestà di rivalsa) per importi indeterminati nell’an e nel quantum – che non trovino copertura nella precostituzione della necessaria provvista presso le parti.

Il problema di causa si sposta dunque sulla circostanza che i presupposti della maggiore imposta liquidata (o, altrimenti detto, della insussistenza dell’agevolazione richiesta nell’atto notarile) fossero o meno “desumibili dall’atto”.

Nella giurisprudenza di legittimità non mancano affermazioni puntuali – riferite anche alla modalità di registrazione telematica – che escludono la qualifica di imposta principale in relazione all’imposta recuperata dall’ufficio per ritenuta assenza dei presupposti della agevolazione “prima casa” (Cass.n. 2400/17), ovvero per riqualificazione giuridica dell’atto ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 20 (da ultimo, Cass. n. 881/19; si veda, sulla natura complementare dell’imposta scaturente da disconoscimento di agevolazione, anche Cass. nn. 2403/17 e 12257/17).

In ordine al presupposto in esame (“emersione dall’atto” quale requisito del controllo automatizzato della autoliquidazione) la stessa amministrazione finanziaria (v. Circ. n. 6/E del 5 febbraio 2003, richiamata dalla Circ. n. 18/E del 29 maggio 2013) invita gli uffici – pur nella necessaria considerazione contenutistica e sostanziale dell’atto – a riscontrare soltanto gli errori e le omissioni che siano oggettivi, univoci ed immediatamente desumibili dall’atto stesso; dunque, “senza sconfinare, in questa fase riservata al controllo dell’imposta principale, in delicate valutazioni o apprezzamenti sulla reale portata degli atti registrati o, comunque, pervenire a conclusioni sorrette da interpretazioni non univoche o che necessitino di qualsiasi attività istruttoria”.

p. 2.4 Orbene, applicando questi principi al caso di specie, risulta come la Commissione Tributaria Regionale non abbia tenuto in debito conto – ed in ciò si concreta la lamentata violazione di legge – che l’imposta dedotta in giudizio non aveva natura principale, bensì complementare; così da esulare in radice, come detto, dalla responsabilità solidale del notaio. Essa non derivava infatti da “elementi desumibili dall’atto” e, in quanto tali, dotati di immediata evidenza ed univoca lettura, quanto piuttosto da una determinata valutazione fattuale e giuridica esterna e successiva all’atto registrato telematicamente.

Pur volendo prescindere dalla circostanza che il vaglio della insussistenza dei presupposti dell’agevolazione richiesta, lungi da risultare per tabulas, ha trovato antitetici esiti nei due gradi di merito, è dirimente osservare come la stessa Commissione Tributaria Regionale abbia escluso l’agevolazione ai sensi del D.P.R. n. 601 del 1973, ex art. 32, comma 2, in forza di elementi esterni all’atto di trasferimento e, segnatamente: a. la mancata prova dell’esistenza di “qualsivoglia programma di pubblica edilizia economica di attuale o futura quinquennale vigenza”; b. l’irrilevanza ai fini agevolativi dell’atto d’obbligo stipulato dalla cooperativa edilizia acquirente (con altra denominazione) il 29 giugno 2011 e, quindi, alcuni mesi dopo l’atto di trasferimento.

Lo stesso avviso di liquidazione fondava la revoca dell’agevolazione sulla considerazione che “gli acquisti effettuati non sono attuativi del predetto programma pubblico di edilizia residenziale”, ma tale affermazione presupponeva un’attività accertativa e valutativa (anche in relazione alla successiva stipula della convenzione con il Comune, poi fatta appunto oggetto dell’atto d’obbligo unilaterale di cui all’atto integrativo, secondo quanto previsto dalla L. n. 10 del 1977, art. 20, richiamante l’art. 32 cit.) che andava al di là dell’atto di trasferimento medesimo.

Dunque, posto che in quest’ultimo si formulava la richiesta di agevolazione richiamandosi la dichiarata destinazione dei terreni ad interventi di edilizia economica e popolare, non può dirsi che l’insussistenza degli elementi costitutivi dell’agevolazione emergesse immediatamente ed ictu oculi (nel senso su precisato) dal rogito.

Il che basta ad escludere, sulla base degli indicati indirizzi, la natura principale sebbene “postuma” – dell’imposta liquidata a carico del notaio, con conseguente esclusione della responsabilità solidale di questi ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986 cit., ex art. 57.

Il ricorso va dunque accolto con la cassazione della sentenza impugnata; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, sussistono i presupposti per la decisione nel merito, ex art. 384 c.p.c., mediante accoglimento del ricorso introduttivo.

Stante il consolidarsi soltanto in corso di causa del richiamato orientamento interpretativo di legittimità, le spese del merito vanno compensate; quelle del giudizio di legittimità vanno invece poste a carico dell’agenzia delle entrate, come da liquidazione in dispositivo.

PQM

La Corte:

accoglie il ricorso;

cassa la sentenza impugnata e decide nel merito mediante accoglimento del ricorso introduttivo del F.;

pone le spese del giudizio di legittimità a carico dell’agenzia delle entrate, liquidate in Euro 3500,00 oltre rimborso forfettario ed accessori di legge; compensa le spese dei gradi di merito.

Si dà atto che il presente provvedimento è sottoscritto dal solo presidente del collegio per impedimento dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 1, comma 1, lett. a).

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta sezione civile, il 3 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2020

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