Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21811 del 07/09/2018

Cassazione civile sez. trib., 07/09/2018, (ud. 07/03/2018, dep. 07/09/2018), n.21811

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 2945/2011 R.G. proposto da:

F.C., rappresentato e difeso dall’Avv. Fabio Massimo

Orlando, con domicilio eletto in Roma Via Carlo Poma n.2 presso il

suo studio;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura;

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Sicilia, sez. staccata Siracusa, n.289/16/09 depositata il

9/12/2009;

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del

7/3/2018 dal consigliere Pierpaolo Gori;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. Vitiello Mauro, che ha concluso chiedendo

l’accoglimento del terzo motivo del ricorso.

Fatto

RILEVATO

che:

– Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sez. staccata Siracusa, (in seguito, CTR) veniva rigettato l’appello proposto da F.C. (in seguito, il contribuente) e, per l’effetto, confermata la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Siracusa (in seguito, CTP) n. 141/05/2006, avente ad oggetto una cartella di pagamento emessa nei suoi confronti per omesso versamento del saldo IRAP ed IVA per l’anno di imposta 2000;

– In particolare, il contribuente proponeva ricorso avanti alla CTP deducendo che la ditta di cui era titolare aveva presentato dichiarazione dei redditi per l’anno di imposta 2000, da cui emergeva l’esistenza di un credito IVA e che, comunque, la cartella non era stata preceduta dalla notifica di avviso di accertamento o di altra comunicazione; la CTP rigettava il ricorso e il contribuente proponeva appello, pure rigettato dalla CTR;

– Avverso la sentenza propone ricorso per Cassazione il contribuente affidato a tre motivi, cui replica l’Agenzia con controricorso.

Diritto

RITENUTO

che:

– Preliminarmente, la controricorrente eccepisce l’inammissibilità dell’intero ricorso ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., comma 1, per aver la CTR deciso, secondo quanto precisato nell’esposizione in diritto di seguito svolta, in modo del tutto conforme al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità. L’eccezione è complessivamente infondata in quanto la controricorrente non propone una giurisprudenza consolidata in senso contrario a ciascun motivo di ricorso, per le ragioni di seguito espresse;

– Con il primo motivo, il contribuente censura la “nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, comma 1”, per aver la CTR ritenuto che il contribuente avesse proposto domande nuove; il motivo, indipendentemente dalla sua qualificazione, è inammissibile per difetto di autosufficienza, in quanto non sono riproposti i motivi di appello e di ricorso, in modo da consentire un confronto e la verifica della corrispondenza tra chiesto e pronunciato da parte del giudice di appello;

– Con il secondo motivo, si censura la “nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis”, per aver la CTR ritenuto legittimo l’operato dell’ufficio, il quale aveva notificato la cartella di pagamento opposta senza averla fatta precedere dalla notifica dell’avviso di accertamento; il motivo, da qualificarsi per il preciso richiamo alla previsione di legge, come violazione o falsa applicazione di legge invocata ai fini e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonostante l’improprio riferimento alla nullità della sentenza è, se non inammissibile ai fini dell’art. 366 c.p.c. come eccepito dall’Agenzia, sicuramente infondato;

Infatti, l’iscrizione a ruolo è avvenuta ai sensi del 600/

art. 36 bis e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis, all’esito di una procedura di liquidazione automatizzata che non richiede alcuna previa notifica di avviso di accertamento o altra comunicazione al contribuente; orbene, è consolidata l’interpretazione giurisprudenziale di tali previsioni offerta da questa Corte, secondo la quale “In tema d’imposte sui redditi, il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis consente all’Amministrazione finanziaria di procedere direttamente all’iscrizione a ruolo, senza previa emissione dell’avviso di accertamento, quando la maggiore imposta risulti dovuta sulla base dei meri dati numerici esposti nella dichiarazione del contribuente, mentre è obbligatoria l’emissione dell’avviso di accertamento parziale, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 41-bis, qualora il maggiore reddito si evinca dai dati dell’anagrafe tributaria; tuttavia, il contribuente non ha interesse a dolersi del ricorso, in luogo della liquidazione automatizzata, a tale ultima procedura, che costituisce una maggiore garanzia.” (Cass. 22 marzo 2017 n. 7291; Cass. 21 novembre 2017 n. 27716; Cass. 25 maggio 2012 n. 8342); il ragionamento della CTR sul punto è dunque pienamente conforme al diritto vivente;

– Con il terzo motivo, si censura la “nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5), in relazione all’art. 112 c.p.c. e asl D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, comma 2, e art. 7” per aver la CTR ritenuto le difese del ricorrente “formulate in modo insufficiente e prive di supporto documentale”, nonostante avesse depositato agli atti le dichiarazioni del modello unico 2001 presentato e del modello unico 2000 non presentato da cui risulta il credito IVA. Al di là della sua formulazione cumulativa, il motivo, circoscritto nella sua articolazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non è inammissibile non essendo pertinente il richiamo a giurisprudenza consolidata in relazione alla denuncia di vizio motivazionale, e non risolvendosi questa in una indebita richiesta di rivalutazione dei merito, ed è fondato; infatti, il contribuente censura un errore commesso dal giudice d’appello, indicando con precisione elementi di prova documentale di cui la motivazione non dà conto, ossia l’omessa valutazione della copia dei registri fatture emesse e dei corrispettivi da cui risultano le operazioni dei due anni di imposta 1999 e 2000 con relazioni periodiche IVA e annuali; si tratta di documenti prodotti nel corso del processo a seguito dell’immediata e legittima notifica della cartella di pagamento senza previa interlocuzione con il contribuente; la documentazione oggetto dell’omessa motivazione è inoltre potenzialmente decisiva, in quanto da essa potrebbe risultare provato il credito IVA dedotto dal soggetto passivo;

-Sotto questo profilo è necessario un approfondimento da parte della CTR e, in accoglimento del terzo motivo di ricorso, disattesi il primo ed il secondo, la sentenza dev’essere cassata con rinvio alla CTR, in diversa composizione, per ulteriore esame il relazione al profilo accolto, oltre che per il regolamento delle spese di lite.

PQM

la Corte:

accoglie il terzo motivo di ricorso, rigetta il primo e il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale in diversa composizione, in ordine al profilo accolto, ed anche per il regolamento delle spese di lite.

Così deciso in Roma, il 7 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2018

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