Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21810 del 07/09/2018
Cassazione civile sez. trib., 07/09/2018, (ud. 23/04/2018, dep. 07/09/2018), n.21810
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. PERRINO Ma – Angelina –
Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –
Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 2545/2012 R.G. proposto da:
Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura
Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata ex lege in
Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
Air Pullman Spa, e Air Pullman Noleggi Srl, rappresentate e difese
dall’Avv. Giovanni Galli, con domicilio eletto presso l’Avv.
Stefania Ciaschi, in Roma, via F. Paulucci Dè Calboli n. 1, giusta
procura in calce al controricorso;
– controricorrenti –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della
Lombardia n. 156/32/2010, depositata il 30 novembre 2010;
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 23 aprile 2018
dal Cons. Giuseppe Fuochi Tinarelli;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. DEL CORE Sergio, che ha concluso per l’accoglimento
del ricorso;
Udito l’Avv. Alessandro Maddalo per l’Agenzia delle entrate che ha
concluso per l’accoglimento del ricorso;
Udito l’Avv. Giovanni Galli per le contribuenti che ha concluso per
il rigetto del ricorso.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
Air Pullman Spa e Air Pullman Noleggi Srl impugnavano gli avvisi di accertamento per Irpeg Irap per l’anno 2003 ed anche Iva per l’anno 2004, emessi dall’Agenzia delle entrate il primo per l’illegittima deduzione di ammortamenti derivanti da rivalutazione degli autobus per l’omessa rivalutazione di tutti i beni della categoria omogenea e per altri ammortamenti indeducibili relativi ad autovetture, nonchè, il secondo, per costi indeducibili per spese di viaggi, affitti e locazioni passive e per ricavi non contabilizzati.
Le contribuenti contestavano il solo rilievo dell’asserita illegittima rivalutazione operata ai sensi della L. n. 342 del 2000.
La Commissione tributaria provinciale di Varese, riuniti i ricorsi, li accoglieva. Il giudice d’appello, su gravame dell’Agenzia delle entrate riformava la decisione di primo grado quanto alla difformità tra motivazione e dispositivo, confermando, peraltro, la sostanza della decisione.
L’Agenzia delle entrate ricorre per cassazione con due motivi, cui resistono le contribuenti con controricorso. Le società contribuenti depositano altresì memoria ex art. 378 c.p.c.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., contraddittoria motivazione circa un fatto controverso: nella sentenza di primo grado vi era contrasto tra motivazione e dispositivo quanto alla definitività del 2 rilievo dell’avviso di accertamento per il 2003 e detto vizio, pur riconosciuto in motivazione dal giudice d’appello, non ha trovato riscontro nel dispositivo.
1.1. Il motivo, in disparte le ragioni di inammissibilità per essere stata la doglianza formulata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, ossia come vizio motivazionale (che attiene a profili in fatto in ordine alle questioni in giudizio), anzichè ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, venendo in rilievo un error in procedendo, è comunque infondato.
1.2. La CTR, infatti, ha rilevato che “per l’anno 2003, il secondo rilievo dell’Ufficio “ammortamenti indeducibili” è stato riconosciuto dalla contribuente come corretto, non avendo presentato alcun ricorso”.
Ne deriva che l’affermazione, in dispositivo, “accoglie l’appello relativamente ai punti 1.2.3. dell’accertamento per l’anno 2004. Conferma nel resto.” non è incoerente con la motivazione poichè il rilievo n. 2 dell’avviso di accertamento per il 2003 non è mai stato oggetto di contenzioso, assumendo la conferma della decisione di primo grado (“accoglie i ricorsi riuniti”) una obbiettiva, e univoca, rilevanza per il solo rilievo n. 1 del medesimo avviso.
Tale conclusione trova riscontro anche nelle deduzioni delle controricorrenti, che hanno riconosciuto, ed originariamente, la fondatezza della pretesa, pure integralmente soddisfatta.
2. Il secondo motivo denuncia insufficiente motivazione circa un fatto decisivo e controverso identificato nella valenza fiscale e processuale della perizia prodotta dalla società a dimostrazione della correttezza della rivalutazione degli automezzi aziendali.
2.1. Il motivo è inammissibile.
La censura, invero, difetta di autosufficienza attesa la mancata riproduzione (o, quantomeno, la “specifica indicazione degli atti processuali e dei dati necessari all’individuazione della loro collocazione quanto al momento della produzione nei gradi dei giudizi di merito”: v. Cass. n. 18679 del 27/07/2017) della perizia asseritamente inidonea ed inadeguata.
E’ dirimente, peraltro, la carenza di decisività della doglianza.
Il giudice d’appello, infatti, ha ritenuto valida la rivalutazione dei beni strumentali in quanto “effettuata correttamente sulla base dei criteri indicati nella perizia dell’esperto del settore dott. C.S.” e “i valori indicati per i singoli beni fossero corrispondenti ai prezzi di mercato”, e, dunque, ha posto a fondamento della propria valutazione una ulteriore autonoma circostanza – idonea a sorreggere la statuizione perchè indicativa della congruità della stima – in alcun modo censurata dall’Ufficio.
Il riferimento – contenuto nell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (nel testo modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 2applicabile ratione temporis) – al “fatto controverso e decisivo per il giudizio” implica che la motivazione della quaestio facti deve essere tale da determinarne la logica insostenibilità e non che fosse affetta da una mera contraddittorietà, insufficienza o mancata considerazione (Cass. n. 17037 del 20/08/2015; v. anche Cass. n. 3668 del 14/02/2013, secondo cui, diversamente, il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360, n. 5 si risolverebbe nell’investire la Corte di cassazione del controllo sic et sempliciter dell’iter logico della motivazione, del tutto svincolato dalla funzionalità rispetto ad un esito della ricostruzione del fatto idoneo a dare luogo ad una soluzione della controversia diversa da quella avutasi nella fase di merito).
3. Il ricorso va pertanto rigettato e le spese liquidate, come in dispositivo, per soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna l’Agenzia delle entrate alla rifusione delle spese a favore delle società contribuenti, che liquida in Euro 10.200,00 per compensi, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 23 aprile 2018.
Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2018