Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2181 del 01/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 01/02/2021, (ud. 15/10/2020, dep. 01/02/2021), n.2181

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15699-2019 proposto da:

C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ASIAGO 2,

presso lo studio dell’avvocato WALTER CONDOLEO, rappresentato e

difeso dall’avvocato CARLO LE PERA per procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Regione Calabria, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUIGI CALAMATTA, 16, presso

lo studio dell’avvocato GIADA BERNARDI, rappresentata e difesa

dall’avvocato GIUSEPPE NAIMO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 652/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 09/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO

ROSSETTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2006 C.A. convenne dinanzi al Tribunale di Cosenza la regione Calabria, esponendo:

-) di essere creditore del Consorzio di bonifica della piana del Sibari e della media valle del Crati per l’importo di Euro 334.396,65, al netto di un acconto già versato dalla regione di Euro 67.401,26;

-) la regione Calabria aveva assunto l’obbligo di pagare il debito del consorzio sia per effetto di una transazione, sia in virtù della previsione contenuta nella L.R. Calabria 17 ottobre 1997, n. 12, art. 37.

Chiese pertanto la condanna della regione al pagamento dell’importo suddetto.

2. Con sentenza 3 ottobre 2012, n. 1570, il Tribunale di Cosenza rigettò la domanda.

Il Tribunale ritenne che la regione Calabria, con la Delib. n. 1203 del 2005, aveva revocato i precedenti provvedimenti (Delib. n. 503 del 2004 e Delib. n. 1082 del 2004) con cui aveva approvato il lavoro svolto dal gruppo di lavoro cui era stato affidato il compito di svolgere la ricognizione dei debiti del consorzio e predisporre eventuali transazioni.

La sentenza venne appellata dal soccombente.

3. Con sentenza 9 aprile 2018, n. 652, la Corte d’appello di Catanzaro rigettò il gravame.

La Corte d’appello ritenne che:

-) la regione Calabria non aveva mai stipulato alcun valido atto di transazione con C.A.;

-) il documento prodotto dall’attore e da questi invocato come prova della transazione “non recava alcuna firma di soggetto appartenente alla regione Calabria” e doveva quindi considerarsi nullo; nè l’esistenza di una transazione fra la Regione e l’appellante poteva ricavarsi aliunde, in virtù del generale principio che esige la forma scritta ad substantiam per tutti i contratti della pubblica amministrazione;

-) La L.R. Calabria n. 12 del 1997, art. 37, comma 10, non aveva fatto sorgere alcun obbligo a carico della regione nei confronti dell’appellante, in quanto tale legge accordava alla regione solo la facoltà, ma non le imponeva affatto l’obbligo, di pagare le spese relative ad opere realizzate dal consorzio di bonifica della piana di Sibari e della media valle del Crati.

4. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da C.A. con ricorso fondato su un solo motivo.

La regione Calabria ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo il ricorrente lamenta la violazione della L.R. Calabria 17 ottobre 1997, n. 12, art. 37.

Sviluppa un’argomentazione così riassumibile:

-) La L.R. Calabria n.12 del 1997, art. 37, stabilisce che la regione può effettuare direttamente “il pagamento delle spese inerenti ad opere finanziate dalla regione e realizzate in concessione dal Consorzio di bonifica della piana di Sibari e della media valle del Crati”;

-) la regione Calabria aveva offerto all’odierno ricorrente il pagamento delle somme dovute, e gli aveva anche erogato un acconto di 67.401,26 Euro;

-) tale pagamento veniva effettuato dopo che la Regione Calabria, con la Delib. n. 288 del 2002, aveva demandato al dirigente dell’avvocatura regionale di verificare la reale situazione debitoria del consorzio suddetto, ed il gruppo di lavoro a tal fine istituito aveva per l’appunto accertato che C.A. era creditore del consorzio per l’importo di Euro 401.795,91.

Sulla base di questi rilievi il ricorrente conclude sostenendo che la

Regione Calabria, attraverso il pagamento del suddetto acconto, “ha assunto l’obbligazione di pagamento diretto nei confronti dell’avente diritto esercitando la facoltà concessa dalla L.R. n. 12 del 1997, art. 37, comma 10, non potendosi ritenere che l’ente abbia potuto esercitare la suddetta facoltà per una sola parte delle somme spettanti al creditore frazionando il diritto”.

1.1. Il motivo è inammissibile per estraneità alla ratio decidendi, e comunque sarebbe infondato.

La Corte d’appello, infatti, ha accertato in punto di fatto che la Regione Calabria aveva nel 2005 revocato con un provvedimento amministrativo ad hoc il precedente provvedimento amministrativo con cui era stata approvata la ricognizione dei debiti svolta dal gruppo di lavoro a tal fine istituito.

Tale delibera di revoca venne adottata il 27 dicembre 2005, e cioè otto mesi dopo il pagamento in acconto invocato dall’odierno ricorrente come dimostrazione tacita della volontà di accollo da parte della regione dei debiti del consorzio (pagamento in acconto avvenuto il 14 aprile 2005).

Ne consegue che:

-) il pagamento in acconto avvenne sulla base di provvedimenti amministrativi che la Corte d’appello ha reputato revocati dalla regione, e come tali inidonei a dimostrare alcunchè;

-) in mancanza di provvedimenti formali idonei ad esprimere la volontà dell’ente territoriale, correttamente la Corte d’appello ha escluso che la regione avesse assunto una obbligazione per effetto di una condotta concludente.

La Corte d’appello dunque non ha affatto violato la legge regionale invocata dal ricorrente, per la semplice ragione che, con accertamento di fatto non sindacabile in questa sede, il giudice di merito ha escluso la sussistenza dei presupposti per l’applicazione di essa.

2. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo.

2.1. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

P.Q.M.

(-) rigetta il ricorso;

(-) condanna C.A. alla rifusione in favore di Regione Calabria delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 7.000, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, il 15 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 1 febbraio 2021

 

 

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