Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21807 del 27/10/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 21807 Anno 2015
Presidente: PETTI GIOVANNI BATTISTA
Relatore: AMENDOLA ADELAIDE

SENTENZA

sul ricorso 26494-2012 proposto da:
BANCA MONTE PASCHI SIENA S.P.A. 00884060526 in
persona del Dr. ELFO BARTACCI, domiciliata ex lege in
ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato
MASSIMO LUCONI, giusta procura speciale a margine del
2015

ricorso;
– ricorrente –

1747
contro

L.AR.A FASHION SRL in persona del suo legale
rappresentante OMBRETTA FRANCHINI, domiciliata ex

Data pubblicazione: 27/10/2015

lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati
PIETRO SCIUBBA, ANNA ARDITO, FERDINANDO PREVIDI
giusta procura speciale in calce al controricorso;
– con troricorrente

BANCA POPOLARE EMILA ROMAGNA SCARL 01153230360,
BIZZINI GIACOMO;
– intimati nonché da

BANCA

POPOLARE

DELL’EMILIA

ROMAGNA

SOCIETA’

COOPERATIVA in persona del suo legale rappresentante,
Presidente Rag. ETTORE CASELLI, elettivamente
domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE FLAMINIO 76 presso
lo studio dell’avvocato CARLO MACCALLINI che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato SERGIO
ROCCO giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente contro

L.AR.A FASHION SRL in persona del suo legale
rappresentante OMBRETTA FRANCHINI, domiciliata ex
lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati
PIETRO SCIUBBA, ANNA ARDITO, FERDINANDO PREVIDI
giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –

nonché contro

nonché contro
BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.P.A., BIZZINI
GIACOMO;
– intimati avverso la sentenza n.

1343/2011 della CORTE

R.G.N. 650/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/09/2015 dal Consigliere Dott. ADELAIDE
AMENDOLA;
udito l’Avvocato MASSIMO LUCONI;
udito l’Avvocato ANTONELLA CARNEVALI per delega;
udito l’Avvocato PIETRO SCIUBBA;
udito l’Avvocato ANNA ARDITO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RICCARDO FUZIO che ha concluso per il
rigetto dei ricorsi;

3

D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 15/11/2011,

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata il 26 ottobre 2000 L.A.R.A. Fashion
s.r.l. convenne innanzi al Tribunale di Modena Banca Popolare
Veneta s.c.a.r.1., Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a.,
Banca Popolare dell’Emilia Romagna s.c.a.r.l. nonché Giacomo

confronti,

ex art. 2901 cod. civ., l’atto di pegno da questi

costituito in favore dei predetti istituti bancari, a garanzia
delle aperture di credito, nella misura di lire un miliardo
ciascuno, che sarebbero state concesse al gruppo Nadini
s.p.a., del quale il Bizzini era all’epoca legale
rappresentante nonché fideiussore.
Espose l’attrice di essere in credito nei confronti della
società garantita della somma di lire 1.340.000.000, portata
da quattro cambiali, tutte protestate.
Resistettero i convenuti.
Con sentenza del 1 0 marzo 2007 il giudice adito rigettò la
domanda.
Proposto dalla soccombente gravame, la Corte d’appello di
Bologna, con la pronuncia ora impugnata, emessa in data 15
novembre 2011, l’ha invece accolta.
Il ricorso della Banca Monte dei Paschi di Siena è affidato a
due motivi.
In epoca successiva alla notifica dello stesso, autonomo
ricorso, sulla base di un solo motivo, è stato presentato
anche dalla Banca Popolare dell’Emilia Romagna.

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Bizzini, chiedendo che venisse dichiarato inefficace nei suoi

A entrambi ha resistito con distinti controricorsi L.A.R.A.
Faschion s.r.l.
Quest’ultima e Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. hanno
altresì depositato memoria.
DELLA DECISIONE

l I due ricorsi devono essere riuniti

ex art. 335 cod. proc.

civ., in quanto proposti avverso la medesima sentenza.
Partendo dal ricorso della Banca Monte dei Paschi di Siena
s.p.a., con il primo motivo l’impugnante lamenta violazione
ex art. 360, n. 3, cod. proc.

dell’art. 342 cod. proc. civ.,
civ.

Oggetto delle critiche è il rigetto della eccezione di
inammissibilità del gravame.
Assume invero l’esponente che, in spregio al disposto della
norma processuale innanzi richiamata, la quale, nel testo
applicabile

esige l’indicazione dei motivi

ratione temporis,

specifici dell’impugnazione,

l’appellante si sarebbe limitata

a definire erronea la decisione del Tribunale di Modena,
richiamando la ritenuta inoperatività del disposto dell’art.
117 del TUB nonché la negativa risposta alle retoriche domande
poste nella memoria di replica.
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Le critiche sono gravemente carenti sotto il profilo

dell’autosufficienza e non sfuggono, pertanto, alla sanzione
dell’inammissibilità.
Va premesso che il decidente non ha affatto ignorato
l’eccezione di inammissibilità dell’appello per aspecificità

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moTrvI

dei motivi, ma l’ha motivatamente disattesa evidenziando che
non solo l’appellante aveva bene individuato i capi della
sentenza di prime cure oggetto delle critiche, ma ne aveva
anche argomentatamente censurato le valutazioni giuridiche, di
fatto e istruttorie.

denunciato un vizio che comporti la nullità del procedimento o
della sentenza impugnata e, in particolare, un vizio afferente
alla nullità dell’atto introduttivo del giudizio,

di

primo

grado o d’appello, per indeterminatezza dell’oggetto della
domanda, delle ragioni poste a suo fondamento, o per
aspecifícità delle censure, il giudice di legittimità non deve
limitare la propria cognizione all’esame della sufficienza e
logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha
vagliato la questione, essendo investito del potere di
esaminare direttamente gli atti ed i documenti sui quali il
ricorso si fonda, ma tanto purché la critica sia stata
proposta dal ricorrente in conformità alle regole fissate al
riguardo dal codice di rito, e segnatamente in conformità alle
prescrizioni dettate dagli artt. 366, primo comma, n. 6, e
369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ..
E invero l’esercizio del potere di diretto esame degli atti
del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità
ove sia denunciato un error in procedendo, presuppone comunque
l’ammissibilità delle doglianze (cfr. Cass. civ. 10 ottobre
2014, n. 21421; Cass. civ. sez. un. 22 maggio 2012, n. 8077),

6

Ora, è ben vero che, quando col ricorso per cassazione venga

onde il ricorrente non è dispensato dall’onere di specificarne
il contenuto, secondo i criteri elaborati in punto di
autosufficienza del ricorso per cassazione, segnatamente
indicando i fatti processuali che sono, a suo avviso, alla
base dell’errore denunciato.
Ora, nella fattispecie, l’impugnante, venendo qui a

sostenere che la Corte territoriale ha erroneamente ritenuto
specifici motivi di gravame che tali non erano, omette
tuttavia di riportarli in maniera compiuta, posto che si
limita a estrapolare, da un tessuto argomentativo non
enucleato in conformità alla portata precettiva degli artt.
366, comma 1, n. 6, e 369, comma 2, n. 4, cod. proc. civ.,
taluni rilievi svolti dall’appellante.
Tale approccio, basato sulla decontestualizzazione delle
scarne espressioni richiamate, equivalendo, in definitiva, a
un mero rinvio all’atto difensivo della controparte, marca le
proposte censure in termini di inammissibilità per difetto di
autosufficienza (Cass. civ., 20 settembre 2006, n. 20405).
Si ricorda, in proposito, che il rispetto del canone di
autosufficienza risulta fondato sull’esigenza, particolare del
giudizio di legittimità, di consentire alla Corte di valutare
la decisività delle doglianze, sia che si riferiscano a una
prova, orale o documentale, di cui si lamenti l’omesso o
l’insufficiente esame da parte del giudice di merito, sia che
si riferiscano a un

error in procedendo,

e tanto anche in

ottemperanza al principio per cui la responsabilità della

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3

redazione dell’atto introduttivo del giudizio fa carico
esclusivamente al ricorrente, di talché il difetto di
ottemperanza alla stessa non deve essere supplito dal giudice,
per evitare il rischio di un soggettivismo interpretativo da
parte dello stesso nell’individuazione di quali atti o parti

censura.
4 Si prestano a essere esaminati congiuntamente il secondo
motivo del ricorso principale e l’unico motivo del ricorso
incidentale, articolati su argomentazioni sostanzialmente
sovrapponibili.
Oggetto delle critiche è il positivo apprezzamento del giudice
a quo

in ordine alla sussistenza delle condizioni per il

vittorioso esperimento dell’azione revocatoria.
Segnatamente, denunciando violazione degli artt. 2901, 2729,
2727 e 2697 cod. civ.,

ex art. 360, n. 3, cod. proc. civ.,

nonché mancanza, insufficienza e contraddittorietà della
motivazione, ex art. 360, n. 5, cod. proc. civ., sostengono la
Banca Monte dei Paschi di Siena e la Banca Popolare
• dell’Emilia Romagna che la valutazione del giudice d’appello,
difforme da quella del primo decidente, sarebbe viziata da una
continua confusione tra l’esposizione del Bizzini e quella
della società garantita.
E

invero, la sentenza impugnata ignorerebbe sia che le sole

collezioni di quadri del Bizzini e del Gruppo Nadini s.p.a.
erano state stimate da Christie’s da un minimo di

8

di essi siano rilevanti in relazione alla formulazione della

35.000.000.000 a un massimo di 120.000.000.000 di lire; sia le
deposizioni rese dai testi escussi, in ordine alla assoluta
affidabilità del primo.
Del tutto arbitraria sarebbe poi la valorizzazione, in chiave
indiziante della

sci entia fra udis,

della natura di

il pegno di cui era stata chiesta la declaratoria di
inefficacia, in contrasto con prassi bancarie ormai
consolidate.
5 Anche tali critiche non colgono nel segno.

Val la pena ricordare che, in tema di revocatoria ordinaria,
non essendo richiesta, a fondamento dell’azione, la totale
compromissione della consistenza del patrimonio del debitore,
ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerta o
difficile la soddisfazione del credito, l’onere di provare
l’insussistenza di tale rischio, in ragione di ampie
residualità patrimoniali, incombe sul convenuto che eccepisca,
per questo motivo, la mancanza dell’

eventus damni

(cfr. da

ultimo Cass. civ. 3 febbraio 2015, n. 1902).
A ciò si aggiunga che, allorché l’atto di disposizione sia
successivo al sorgere del credito, condizione per l’esercizio
della stessa è che il debitore fosse a conoscenza del
pregiudizio delle ragioni del creditore e, trattandosi di atto
a titolo oneroso, che di tanto fosse consapevole il terzo, la
cui posizione – per quanto riguarda i presupposti soggettivi
dell’azione – è sostanzialmente analoga a quella del debitore,

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finanziamento in pool del prestito garantito dal Bizzini con

con la precisazione, dirimente, per quanto di qui a poco si
dirà, che la prova del predetto atteggiamento soggettivo può
essere fornita tramite presunzioni il cui apprezzamento, al
pari di quello dell’eventus damni, è devoluto al giudice di
merito ed è incensurabile in sede di legittimità ove

27546; Cass. civ. 12 dicembre 2012, n. 22878; Cass. civ. 17
agosto 2011, n. 17327).
6

Tanto premesso sul piano dogmatico, nella fattispecie il

decidente ha dichiaratamente dissentito dalla negativa
valutazione del Tribunale, in ordine alla sussistenza del
requisito

dell’eventus dammi,

assumendo che essa era stata

formulata sulla base del solo rapporto tra il valore di stima
della collezione d’arte di apparente proprietà del Bizzini e
l’entità del credito vantato da L.A.R.A., laddove andava
considerata la complessiva esposizione debitoria dello stesso.
Elencate quindi le numerose e ingentissime obbligazioni da cui
il convenuto era gravato, ha ricordato che la società
garantita, solo pochi giorni dopo la costituzione del pegno,
aveva subito il protesto di uno dei titoli portati da
L.A.R.A.; non aveva pagato i dipendenti e, in rapida
successione, aveva deliberato la propria messa in liquidazione
e chiesto l’ammissione alla procedura di concordato
preventivo.
Quanto poi alla condizione della scientia fraudis, ha ritenuto
che, a prescindere dal contenuto di una scheda interna della

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congruamente motivato (cfr. Cass. civ. 30 dicembre 2014, n.

Banca Popolare dell’Emilia Romagna, riproducente quello di una
interrogazione rivolta alla Centrale Rischi, significativi
elementi di giudizio potevano trarsi dallo stesso
finanziamento in
indice di una

pool

effettuato dalla Banche appellate,
anomalia della situazione

ineludibile

7 A giudizio del collegio tali argomentazioni, assolutamente

corrette sul piano logico e giuridico, complete ed esaustive,
resistono ai rilievi delle impugnanti.
È sufficiente al riguardo evidenziare che la consistenza
patrimoniale del debitore giammai va valutata in relazione
alle sole poste attive, ma anche, e forse specialmente, a
quelle passive, considerato che, come innanzi precisato, il
requisito dell’eventus danni postula il compimento di un atto
che renda anche solo più difficile la soddisfazione del
credito.
A ciò aggiungasi che, pacifico essendo che la concessione di
nuove linee di finanziamento garantite dal pegno oggetto di
causa era finalizzata al salvataggio della debitrice
principale, non può tacciarsi di illogicità l’assunto che, a
monte di siffatta operazione del tutto straordinaria, c’era la
piena consapevolezza, da parte degli istituti coinvolti nella
stessa, della pesante compromissione del patrimonio di Nadini
s.p.a. e di quello del suo fideiussore.
In definitiva, le censure delle ricorrenti, attraverso la
surrettizia deduzione di violazioni di legge e di vizi

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sottostante.

motivazionali,

in

realtà

inesistenti,

mirano

solo

a

sollecitare una rivalutazione dei fatti e delle prove,
preclusa in sede di legittimità.
I ricorsi sono respinti.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in

P.Q.M.

La Corte, pronunciando sui ricorsi riuniti, li rigetta
entrambi; condanna le ricorrenti al pagamento delle spese di
giudizio, liquidate, per ciascuno delle impugnanti, in
complessivi euro 5.200,00 (di cui euro 200,00 per esborsi),
oltre spese generali e accessori, come per legge.
Roma, 9 settembre 2015

dispositivo a carico di ciascuna delle impugnanti.

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