Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21804 del 20/09/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 20/09/2017, (ud. 21/06/2017, dep.20/09/2017),  n. 21804

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. NICASTRO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 24885/2010 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

Duo Salus s.r.l., rappresentata e difesa nei gradi di merito dal

dott. Giuseppe Elefante, con studio in Castellana Grotte (BA), via

Francavilla, n. 136/M;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Puglia, n. 103/02/2009, depositata il 6 ottobre 2009;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 giugno

2017 dal Consigliere Giuseppe Nicastro.

Fatto

RITENUTO

che:

1.- A seguito della liquidazione, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis, delle imposte dovute in base alla dichiarazione modello Unico/2004 relativa all’anno d’imposta 2003, fu notificata alla Duo Salus s.r.l. (il 10 aprile 2007) una cartella di pagamento, che recava l’iscrizione a ruolo di IVA in conseguenza della rettifica delle detrazioni di imposta operata dall’amministrazione finanziaria in ragione del fatto che la società contribuente, pur avendo indicato, nella suddetta dichiarazione, l’effettuazione di operazioni esenti, aveva detratto la totalità dell’imposta assolta sugli acquisti.

2.- La menzionata cartella di pagamento fu impugnata dalla contribuente davanti alla Commissione tributaria provinciale di Bari (hinc, anche: “CTP”), che accolse il ricorso.

3.- Avverso tale pronuncia, l’Agenzia delle entrate, Ufficio di Bari 2, propose appello alla Commissione tributaria regionale della Puglia (hinc, anche: “CTR”), che rigettò l’impugnazione.

4.- Avverso tale sentenza della CTR, non notificata, ricorre per cassazione l’Agenzia delle entrate che, dichiarando un valore del procedimento di Euro 179.018,00, affida il proprio ricorso, notificato alla Duo Salus s.r.l. il 19-22 ottobre 2010, a tre motivi.

6.- La Duo Salus s.r.l. non si è costituita.

7.- Il ricorso è stato successivamente fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2 aggiunto dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1-bis, comma 1, lett. a), n. 2), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016.

8.- Il pubblico ministero ha depositato le sue conclusioni scritte ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.- Con il primo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36,per avere la CTR motivato la sentenza impugnata mediante la mera pedissequa riproduzione di quella di primo grado, senza fare alcun riferimento alle censure formulate avverso la stessa nell’atto di appello dell’Ufficio nè dare conto della ragioni per le quali esse siano state disattese.

1.1.- Il motivo non è fondato.

La motivazione della sentenza impugnata consiste, essenzialmente, nella trascrizione della motivazione della sentenza di primo grado (come risulta dal raffronto con quest’ultima, riprodotta dall’Agenzia delle entrate alle pagine da 2 a 4 del ricorso per cassazione). Tale modalità di redazione della motivazione – inquadrabile, dunque, non nella motivazione per relationem in senso stretto (cioè quella che contiene solo un riferimento alla motivazione di un’altra sentenza, senza però riportarne il contenuto) bensì in quella che consiste, appunto, nella ricopiatura della motivazione di un’altra sentenza – non determina tuttavia, nella specie, la nullità della sentenza impugnata. La CTR infatti, nel fare esplicitamente proprie le affermazioni della sentenza della CTP, ha invero espresso in modo chiaro, univoco ed esaustivo le ragioni su cui fonda (nel senso che, “Nel processo civile ed in quello tributario, la sentenza la cui motivazione si limiti a riprodurre il contenuto di un atto di parte – o di altri atti processuali o provvedimenti giudiziari -, senza niente aggiungervi, non è nulla qualora le ragioni della decisione siano, in ogni caso, attribuibili all’organo giudicante e risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo”, Sez. Un., sentenza n. 642 del 2015, Rv. 634091). Con le menzionate affermazioni, infatti, la CTR ha ribadito che, nel caso di specie -relativo, come si è detto, alla rettifica delle detrazioni d’imposta risultanti dalla dichiarazione in quanto calcolate in misura superiore alla percentuale consentita avuto riguardo all’indicazione, nella stessa dichiarazione, dell’effettuazione di operazioni esenti -, contrariamente a quanto sostenuto dall’Ufficio di Bari (OMISSIS) nei propri motivi di appello: a) non era possibile emettere e notificare direttamente la cartella di pagamento ma era necessario emettere e notificare un atto di rettifica della dichiarazione, dato che venivano in rilievo non “mancati versamenti ed errori materiali e di calcolo” ma “un’attività di interpretazione ed applicazione di norme e principi giuridici”; b) la stessa cartella, poichè “ha rettificato le detrazioni di imposta risultanti dalla dichiarazione IVA”, doveva essere “adeguatamente motivata” con l'”indicazione circa i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche”. La chiarezza di tali ragioni della decisione impugnata escludono la sussistenza della denunciata nullità della stessa.

2.- Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis, per avere la CTR erroneamente ritenuto l’illegittimità dell’utilizzazione, da parte dell’amministrazione finanziaria, della procedura di liquidazione dell’IVA dovuta in base alla dichiarazione prevista dal predetto articolo – e la necessità di procedere, invece, alla rettifica della dichiarazione, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 – in una fattispecie nella quale la rettifica dell’IVA detraibile era scaturita dal fatto che la società contribuente, pur avendo indicato nella dichiarazione l’effettuazione di operazioni esenti, aveva poi detratto la totalità dell’imposta assolta sugli acquisti, anzichè la percentuale spettante in tale caso.

2.1.- Il motivo è fondato.

Il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis, comma 2, attribuisce all’amministrazione finanziaria il potere di: a) correggere gli errori materiali e di calcolo commessi dal dichiarante nella determinazione del volume d’affari e delle imposte; b) correggere gli errori materiali commessi dallo stesso dichiarante nel riporto delle eccedenze d’imposta risultanti da precedenti dichiarazioni; c) controllare la tempestività dei versamenti dell’imposta (acconto, saldo, liquidazione periodica) e la loro rispondenza alle risultanze della dichiarazione. Si tratta, quindi, di un controllo formale, che viene effettuato, mediante procedure automatizzate (dell’art. 54-bis, comma 1), “(sulla base dei dati e degli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni presentate e di quelli in possesso dell’anagrafe tributaria” (analogamente a quanto stabilito dall’omologa disposizione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis) e che non prevede, pertanto, una diversa ricostruzione sostanziale dei dati esposti dal contribuente nella dichiarazione nè una vera e propria valutazione o stima degli stessi nè la risoluzione di questioni giuridiche (per tutte, Sez. Un., sentenza n. 17758 del 2016). Tale controllo si conclude con un atto di liquidazione dell’imposta dovuta e con le eventuali iscrizione a ruolo a titolo definitivo della stessa (ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis, comma 3 e art. 60, comma 6) e notificazione della cartella di pagamento.

Nel caso di specie, la rettifica delle detrazioni è scaturita dal fatto che la società contribuente, pur avendo indicato nella dichiarazione l’effettuazione di operazioni esenti (ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10), ha detratto la totalità dell’imposta assolta sugli acquisti, in violazione dell’art. 19, commi 2 e 5 stesso decreto (secondo cui, rispettivamente, “Non è detraibile l’imposta relativa all’acquisto o all’importazione di beni e servizi afferenti operazioni esenti” e “Ai contribuenti che esercitano sia attività che danno luogo ad operazioni che conferiscono il diritto alla detrazione sia attività che danno luogo ad operazioni esenti ai sensi dell’art. 10, il diritto alla detrazione dell’imposta spetta in misura proporzionale alla prima categoria di operazioni e il relativo ammontare è determinato applicando la percentuale di detrazione di cui all’art. 19-bis”). In tali casi, l’amministrazione finanziaria si limita a rilevare l’erroneità della percentuale di detrazione indicata dal contribuente, errore che è immediatamente desumibile dai dati esposti nella dichiarazione – in particolare, dall’incoerenza tra quello relativo alla detta percentuale e quello relativo alle operazione esenti effettuate – e a dare diretta e immediata applicazione, rispetto a tali dati, al criterio legale di determinazione della percentuale di detrazione stabilito dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19-bis; senza che, perciò, si faccia luogo a una diversa ricostruzione sostanziale dei predetti dati, alla valutazione o alla stima degli stessi o alla risoluzione di questioni giuridiche. Ne consegue che, contrariamente a quanto affermato dalla CTR, la rettifica in considerazione ben poteva essere effettuata mediante la procedura automatizzata prevista dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis, l’iscrizione a ruolo a titolo definitivo dell’imposta dovuta e la notificazione della cartella di pagamento, senza che fosse necessaria l’emissione di un atto di rettifica ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 (in tale senso, Sez. 5, sentenza n. 25998 del 2014).

3.- Con il terzo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e la falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 per avere la CTR erroneamente ritenuto che, in base a tale disposizione, l’impugnata cartella di pagamento avrebbe dovuto contenere l’indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche della pretesa tributaria, laddove, poichè essa è scaturita da operazioni di liquidazione della dichiarazione fondate su meri conteggi matematici, quali sono quelle relative al corretto calcolo del cosiddetto pro rata, l’onere di motivazione dell’atto poteva essere idoneamente assolto mediante “l’indicazione (…) della qualifica e dell’ammontare del tributo richiesto”.

3.1.- Il motivo è fondato.

In proposito, va anzitutto richiamato l’insegnamento delle Sezioni unite di questa Corte secondo cui “La cartella esattoriale che non segua uno specifico atto impositivo già notificato al contribuente, ma costituisca il primo ed unico atto con il quale l’ente impositore esercita la pretesa tributaria, deve essere motivata alla stregua di un atto propriamente impositivo, e contenere, quindi, gli elementi indispensabili per consentire al contribuente di effettuare il necessario controllo sulla correttezza dell’imposizione” (sentenza n. 11722 del 2010, Rv. 613233; nello stesso senso, Sezione 5, sentenza n. 28276 del 2013).

Con riguardo, in particolare, alla motivazione delle cartelle di pagamento emesse in seguito alla liquidazione delle imposte dovute in base alle dichiarazioni, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis, questa Corte, muovendo dalla premessa che “la generale portata precettiva dell’obbligo di motivazione (…) va (…) differenziata a seconda del contenuto prescritto dalle (…) norme per ciascun atto impositivo” (Sez. 5, sentenza n. 3948 del 2011), ha operato una distinzione a seconda che la menzionata liquidazione si sovrapponga alla dichiarazione del contribuente oppure si risolva in una rettifica dei risultati della stessa, che comporti una pretesa ulteriore da parte dell’amministrazione finanziaria. In questo secondo caso, si è in presenza di un’attività impositiva vera e propria, per definizione rientrante in quella di accertamento, sicchè la cartella di pagamento deve essere motivata come l’avviso di accertamento, con l’indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche poste a fondamento della pretesa tributaria, dovendosi rendere il contribuente edotto di tali presupposti e ragioni. Nel primo caso, diversamente, l’ufficio procede alla liquidazione delle imposte dovute sulla base dei dati forniti dallo stesso contribuente nella propria dichiarazione o rinvenibili negli archivi dell’anagrafe tributaria, cosicchè, dato che il contribuente è già in grado di conoscere i presupposti della pretesa tributaria, l’obbligo di motivazione della cartella può essere assolto mediante il mero richiamo alla dichiarazione (Sezione 5, sentenze n. 15564 del 2016, n. 25329 e n. 11176 del 2014).

Alla luce di tali principi di diritto, risulta evidente l’errore di giudizio in cui è incorsa la CTR. Come si è visto nell’esaminare il secondo motivo di ricorso, nel caso di specie la cartella di pagamento si è semplicemente sovrapposta alla dichiarazione del contribuente, limitandosi a liquidare l’imposta sulla base dei dati forniti dallo stesso (in particolare, quelli relativi alle operazioni esenti effettuate e alla percentuale di detrazione calcolata), senza avanzare pretese ulteriori. Ne consegue che l’obbligo di motivazione della stessa ben poteva essere assolto mediante il mero richiamo alla dichiarazione, senza necessità di indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa tributaria.

6.- In conclusione, in accoglimento del secondo e del terzo motivo, rigettato il primo, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Puglia, in diversa composizione, la quale dovrà uniformarsi ai principi di diritto sopra enunciati, nonchè provvedere sulle spese anche del presente giudizio di cassazione.

PQM

 

la Corte: rigetta il primo motivo e accoglie il secondo e il terzo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Puglia, in diversa composizione, la quale provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione quinta civile, il 21 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2017

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