Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21802 del 09/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 09/10/2020, (ud. 15/01/2020, dep. 09/10/2020), n.21802

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. DINAPOLI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 19238/2012 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via

dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Eurotel s.r.l., in persona del suo legale rappresentante pro-tempore

I.G., rappresentata e difesa dagli Avvocati Daniele

Osnato e Emilio Amoroso, elettivamente domiciliata presso lo studio

dell’Avv. Filippo Mattia Russo in Roma, piazza del Gesù n. 49,

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Sicilia n. 82/30/2012, depositata il 15 maggio 2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15 gennaio

2020 dal Consigliere Marco Dinapoli.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

Eurotel s.r.l. ricorreva in primo grado avverso l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) emesso nei suoi confronti per il pagamento di Iva, Irpeg e Irap per l’anno di imposta 2003 a seguito di una verifica fiscale al cui esito erano stati disconosciuti i costi per acquisto carburante (per omessa compilazione delle schede di acquisto) e per lavori affidati a terzi (per genericità delle fatture) per complessivi Euro 604.522,00.

La Commissione tributaria provinciale di Agrigento accoglieva il ricorso del contribuente con sentenza n. 569/04/2008, avverso cui l’Agenzia delle entrate proponeva appello.

La Commissione tributaria regionale della Sicilia, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava l’appello ritenendo regolari le scritture contabili, ed inoltre non necessarie le schede carburanti per avere la contribuente sostenuto che il carburante era destinato ai mezzi di cantiere, non circolanti, e complete le fatture dei lavori affidati a terzi con l’indicazione dei requisiti richiesti dalla legge.

L’Agenzia delle entrate ricorre per cassazione con cinque motivi e chiede cassarsi la sentenza impugnata, con ogni conseguenziale statuizione anche in ordine alle spese di lite. La società resiste con controricorso; chiede dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso avverso, con vittoria delle spese processuali.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.-Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate denunzia violazione e falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 75, commi 4 e 5 nella versione vigente per l’anno di imposta 2003 (ora art. 109) e D.P.R. 10 novembre 1997, n. 444, art. 1 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè la regolarità delle scritture contabili, valorizzata dalla sentenza impugnata, non comporta anche la certezza ed inerenza dei costi, che devono invece essere documentati dal contribuente.

2.- Il secondo motivo di ricorso denunzia la violazione del D.P.R. n. 444 del 1997, art. 2 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè non solo mancavano le schede carburanti, ma le fatture relative ai rifornimenti erano prive delle indicazioni necessarie per ricondurre la spesa all’attività di impresa.

3.- Il terzo motivo di ricorso denunzia violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè la società ha depositato solo in corso di causa, quindi tardivamente, dei buoni di prelevamento carburante non prodotti nella fase amministrativa, dei quali era stata eccepita l’inammissibilità, su cui la sentenza impugnata ha omesso di pronunziare.

4.- Il quarto motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, comma 5 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè il contribuente non avrebbe fornito prova adeguata e tempestiva della inerenza dei costi portati in deduzione.

5.- Il quinto motivo di ricorso denunzia vizio di motivazione su di un punto decisivo della controversia relativo all’affermazione della novità della questione relativa all’autorizzazione al contratto di subappalto, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 perchè già in primo grado l’Agenzia delle entrate aveva evidenziato la mancanza di autorizzazione al subappalto, mentre la sentenza impugnata afferma trattarsi di argomento introdotto per la prima volta in appello.

6.- Il primo motivo di ricorso è infondato. Infatti la regolare tenuta delle scritture contabili non costituisce l’argomento decisivo della sentenza impugnata; questa anzi afferma espressamente che “tale circostanza non preclude e non esclude la legittimità dell’accertamento”. In realtà, invece, diversamente da quanto ritenuto dalla ricorrente, detta circostanza viene valutata come un indizio che, insieme agli altri presi in considerazione, forma il complesso probatorio su cui fonda la decisione.

7.- Il secondo, terzo e quarto motivo di ricorso sono inammissibili per diverse ragioni. In primo luogo sono formulati con una tecnica espositiva che valorizza la fondatezza dell’accertamento originario dell’Ufficio, ma non mette in evidenza i vizi di legittimità della sentenza impugnata. Si tratta di una formulazione impropria, già da sola sufficiente a denotarne l’inammissibilità, perchè in buona sostanza, omettendo una critica esplicita verso la sentenza di appello, affida alla Corte il compito di verificare quali parti della decisione contrastino con gli argomenti prospettati con il ricorso. Ma il giudizio di cassazione è fondato sulla critica vincolata ed è delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa, condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito; ogni motivo di ricorso, dunque, deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, per evidenziare in che modo il vizio denunciato rientri in una delle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c..

Appare poi perplessa la formulazione del quarto motivo di ricorso che passa senza soluzione di continuità, e senza alcun apparente collegamento logico, dalla esposizione di considerazioni attinenti i costi del carburante ad altre attinenti il subappalto di lavori a terzi (pag. 24 del ricorso).

7.1- In secondo luogo tutti e tre i motivi proposti, nella parte in cui denunziano violazione di legge, in realtà contestano il merito della decisione da parte del giudice di appello, in quanto prospettano non una errata interpretazione della legge, ma una erronea ricognizione della fattispecie concreta rispetto alle risultanze di causa; questione che invece non attiene all’interpretazione della legge ma alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (v. per tutte, Cass. Sez. 1, ordinanza n. 3340 del 05/02/2019 Rv. 652549 – 02).

8.- Anche l’ultimo motivo di ricorso è inammissibile. In primo luogo infatti incorre nello stesso difetto di cui sopra al punto che precede. Inoltre la ricorrente non evidenzia in che modo la diversa valutazione della circostanza indicata avrebbe condotto a una diversa decisione. In particolare la sentenza impugnata, con riferimento al punto in questione, (la mancanza di autorizzazione al subappalto), non ne omette l’esame in quanto tardivamente proposto, ma lo valuta nel merito ritenendolo infondato alla luce di altra produzione documentale effettuata dalla contribuente (certificato di esecuzione lavori n. 27108). Perciò risulta priva di rilievo ai fini della decisione l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata, e contestata dalla ricorrente, per cui “in sede di appello l’Ufficio ha in parte modificato la sua tesi difensiva, e l’ha sostituita con quella della mancata autorizzazione al subappalto”.

5.- In conclusione, per i motivi indicati, il ricorso va rigettato. Le spese, come appresso liquidate, seguono alla soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, e condanna la ricorrente Agenzia delle entrate al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 10.000 (diecimila) complessivi oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 15 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2020

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