Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21800 del 27/10/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 21800 Anno 2015
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: ARMANO ULIANA

SENTENZA

sul ricorso 24626-2012 proposto da:
HOWLADER HALIMA ZAMAN HENA, già HASANUZZAMAN KAMRUL
HALIMAZAMAN HENA, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA FILIPPO NICOLA’ 22, presso lo studio
dell’avvocato MARIO FANTACCHIOTTI, che la rappresenta
e difende giusta procura speciale a margine del
ricorso;
– ricorrente
contro

INA ASSITALIA SPA, in virtù di atto di fusione per
incorporazione di INA VITA SPA e ASSITALIA LE

Data pubblicazione: 27/10/2015

ASSICURAZIONE D’ITALIA SPA, in FATA ASSICURAZIONI
SPA, che ha assunto la nuova denominazione INA
ASSITALIA SPA, in persona del procuratore generale
Avv. MATTEO MANDO’, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 35, presso lo studio

difende giusta procura speciale in calce al
controricorso;
AZIENDA OSPEDALIERA SAN CAMILLO FORLANINI, in persona
del legale rappresentante pro tempore Direttore
Generale Dott. Prof. ALDO MORRONE, elettivamente
domiciliata in ROMA, CIRCONVALLAZIONE GIANICOLENSE,
presso l’ AZIENDA OSPEDALIERA SAN CAMILLO FORLANINI,
rappresentata e difesa dagli avvocati VINCENZO
GAMBARDELLA, GIUSEPPE FRATTO, EGIDIO MAMMONE giusta
procura speciale in calce al controricorso;

controricorrenti

avverso la sentenza n. 3907/2011 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 26/09/2011, R.G.N.
2530/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 15/07/2015 dal Consigliere Dott. ULIANA
ARMANO;
udito l’Avvocato SAVINO GUGLIELMI per delega;
udito l’Avvocato GIAN MARCO SPANI per delega;
udito l’Avvocata VINCENZO GAMBARDELLA;

2

dell’avvocato MARCO VINCENTI, che la rappresenta e

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PIERFELICE PRATIS che ha concluso per

il rigetto del ricorso.

3

t

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Roma, con sentenza depositata il 26 settembre 2011, ha
confermato il rigetto della domanda di risarcimento danni proposta da Howlader
Halima Zaman Hena nei confronti dell’Azienda Ospedaliera San Camillo Forianini per
aver contratto una osteomielite da stafilococco aureo durante il ricovero a seguito di
un gravissimo incidente occorsole in data 26 aprile 1995.

ritenere con certezza che il batterio avesse attecchito in ambiente ospedaliero dopo il
ricovero e in occasione dell’intervento maxillofacciale che aveva subito la ricorrente.
Avverso detta sentenza propone ricorso con tre articolati motivi
Resiste l’azienda ospedaliera San Camillo Forlanini.
Presenta difese l’Ina Assitalia Le assicurazioni d’Italia

società assicuratrice del!’

ospedale.
Motivi della decisione
1.La ricorrente ha riportato gravissime lesioni a seguito di un incidente stradale
occorsole il 26 aprile 1995, per il quale è stata ricoverata presso l’ospedale S. Camino
Forlanini di Roma.
Ha subito immediatamente un intervento chirurgico per la riduzione di una grave
frattura della mandibola e del mascellare superiore a seguito del quale ella poi fu
sottoposta in data 30 aprile 1995, pochi giorni dopo il ricovero, ad un esame bronco
aspirato dal quale risultò la presenza del batterio dello stafilococco aureo.
Successivamente in data 16-6-1995 fu operata anche per la riduzione di femore e la
ferita si infettò per osteomielite da stafilococco aureo, della quale era già stata
rilevata la presenza nell’esame dei 30 aprile 95.
La ricorrente ha subito altre operazioni e cure correttive dovute alla necessità di
ovviare alle conseguenze della infezione da stafilococco e della conseguente
osteomielite , complicanza che generò un deficit funzionale dell’arto inferiore, con un
accorciamento di 5 cm e difficoltà di deambulazione.
2.La Corte di appello di Roma ha rigettato la domanda per il risarcimento dei danni
dovuti all’infezione da stafilococco sul rilievo che il c.t.u. aveva affermato che le
condizioni della paziente, di politraumatizzata con numerose ferite esposte, avevano
determinato uno stato di forte debilitazione che poteva aver consentito allo
stafilococco di virulentarsi ed innestare la sepsi; che era l’assolutamente impossibile

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La Corte d’appello ha rigettato l’impugnazione sul rilievo che non vi era la prova per

stabilire con certezza se la presenza del batterio anche nell’ambiente ospedaliero
possa in qualche modo aver contribuito ali’ insorgere dell’infezione.”
Ha concluso il giudice di merito che non vi sono le condizioni per ritenere con certezza
che il batterio avesse attecchito in ambiente ospedaliero dopo il ricovero in occasione
dell’intervento maxillofacciale sul rilievo che la causa di un fatto storico può dirsi certa
quando se ne debba escludere ogni altra. Nel caso in esame non si poteva escludere
che l’infezione risalisse al momento devastante dell’incidente.

2697 e 2727 e seguenti c.c. ,degli articoli 40 e 41 del c.p. e dei principi
sull’accertamento del nesso causale, con apparente, insufficiente e contraddittoria
motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360
numero 3 ,4 e 5 c.p.c.
Sostiene la ricorrente che la Corte di appello ha omesso del tutto ogni calcolo
probabilistico della incidenza delle diverse possibili sequenze causali, negando la
rilevanza giuridica ,sul piano della prova, alla presunzione del possibile e probabile
rapporto di casualità dedotto dalla ricorrente.
Di fatti ha ritenuto che la possibilità che il batterio fosse presente nell’organismo della
ricorrente non consentiva di attribuire dignità di prova certa della relazione causale
alla cronologia dei fatti dedotti dalla stessa, vale a dire la presenza del batterio negli
ambienti ospedalieri e la rilevata presenza del batterio dell’organismo della paziente a
distanza relativamente breve dal ricovero e dal contestuale intervento chirurgico.
La ricorrente ha ricordato i principi di cui alle sentenze delle Sezioni Unite di questa
Corte del 2008 ,la numero 581 e la numero 576, che hanno riconosciuto la necessità
di una distinzione tra nesso di causalità in sede civile ed in ambito penale, mentre la
Corte di merito ha fondato l’accertamento del nesso causale sul principio della
certezza oltre ogni ragionevole dubbio ,senza valutare il rapporto causale sulla base
del “principio del più probabile che non” ,applicabile in materia civile.
Tale principio deve coordinarsi, in relazione all’onere della prova collegato alla natura
della responsabilità invocata , che nella specie è una responsabilità contrattuale .
4. Il motivo è fondato
Alla luce della giurisprudenza di questa Corte (per tutte, Cass., sez. un., 11 gennaio
2008, n. 576), in tema di responsabilità civile aquiliana, il nesso causale è regolato dal
principio di cui agli artt. 40 e 41 c.p., per il quale un evento è da considerare causato
da un altro se il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo, nonché dal
criterio della cosiddetta causalità adeguata, sulla base del quale, all’interno della serie
4

3.Con l’unico articolato motivo si denunzia violazione degli artt. 2043, 2050, 1223,

causale, occorre dar rilievo solo a quegli eventi che non appaiano – ad una vantazione
ex ante – del tutto inverosimili. In particolare, quanto alla causalità omissiva, il giudice
è tenuto “ad accertare se l’evento sia ricollegabile all’omissione (causalità omissiva)
nel senso che esso non si sarebbe verificato se (causalità ipotetica) l’agente avesse
posto in essere la condotta doverosa impostagli, con esclusione di fattori alternativi”.
Sicché, l’accertamento del “rapporto di causalità ipotetica passa attraverso l’enunciato
controfattuale che pone al posto dell’omissione il comportamento alternativo dovuto,

danneggiato”.
Il regime probatorio applicabile in tema di accertamento del nesso causale in materia
civile è governato, in ogni caso, dalla regola della preponderanza dell’evidenza o del
“più probabile che non” (là dove nel processo penale vige la regola della prova “oltre il
ragionevole dubbio”). Si tratta di uno standard di “certezza probabilistica” non
ancorato “esclusivamente alla determinazione quantitativa – statistica delle frequenze
di classi di eventi (c.d. probabilità quantitativa o pascaliana), che potrebbe anche
mancare o essere in conferente”, ma che deve essere “verificato riconducendone il
grado di fondatezza all’ambito degli elementi di conferma (e nel contempo di
esclusione di altri possibili alternativi) disponibili in relazione al caso concreto (c.d.
probabilità logica o baconiana). Nello schema generale della probabilità come
relazione logica va determinata l’attendibilità dell’ipotesi sulla base dei relativi
elementi di conferma (c.d. evidence and inference nei sistemi anglosassoni)”.
I principi generali appena richiamati operano, come tali, anche in materia di
responsabilità civile per comportamento omissivo del medico e/o della struttura
sanitaria, con !a precisazione, in punto di ripartizione dell’onere di prova, che l’attore,
paziente danneggiato, deve limitarsi a provare l’esistenza del contratto (o il contatto
sociale) e l’insorgenza o l’aggravamento della patologia ed allegare l’inadempimento
del debitore (ossia del medico e/o della struttura sanitaria), astrattamente idoneo a
provocare il danno lamentato, rimanendo a carico del debitore stesso dimostrare o che
tale inadempimento non vi è stato ovvero che, pur esistendo, esso non è stato
eziologicamente rilevante (cfr., tra le altre, Cass., sez. un., 11 gennaio 2008, n. 577).
5.La Corte di merito nel valutare le risultanze e le affermazioni del consulente tecnico
di ufficio si è discostata dai principi individuati dalle Sezioni Unite di questa Corte per
valutare il rapporto di causalità fra la accertata esistenza dello stafilococco nella
struttura ospedaliera, circostanza allegata dalla ricorrente, e la successiva infezione
contratta.
5

onde verificare se la condotta doverosa avrebbe evitato il danno lamentato dal

La Corte di merito ha ritenuto che fosse certezza l’ipotesi formulata dal c.t.u. , vale
a dire che lo stato gravemente debilitato delle difese immunitarie della
paziente”possa” essere stata una causa da sola sufficiente a viruientare il batterio già
presente e quindi far sorgere l’infezione e l’osteomielite conseguente, senza motivare
come il rapporto di causalità indicato come possibile del c.t.0 poteva essere
considerato certo.
La Corte di merito ha poi completamente omesso ogni valutazione delle circostanze

nell’ambiente ospedaliero ,che immediatamente dopo il ricovero la paziente fu
sottoposta ad intervento chirurgico e dopo soli quattro giorni , a seguito di una analisi
specifica,risultò la presenza del batterio da stafilococco.
È stata omessa ogni motivazione in ordine alla scelta prevalente di un’ipotesi rispetto
all’altra, alla luce del principio che governa l’accertamento della causalità civile “del
più probabile che non”.
Anche l’affermazione del c.t.u. che ha ritenuto assolutamente impossibile stabilire con
certezza se la presenza del batterio anche nell’ambiente ospedaliero poteva aver
contribuito in qualche modo all’ insorgere dell’infezione doveva essere valutata alla
luce dei principi che regolano la distribuzione dell’onere della prova in ipotesi di
responsabilità contrattuale.
Il ricorso deve essere accolto e la sentenza cassata con rinvio a diversa sezione della
Corte di Appello di Roma che si atterrà ai principi sopraenunciati e che provvederà
anche alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso;cassa la sentenza impugnata e rinvia a diversa sezione
della Corte di appello di Roma che provvederà anche alle spese del giudizio di
cassazione.
Roma 15-7-2015

allegate dalla ricorrente ,vale a dire che il batterio dello stafilococco era presente

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