Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2180 del 25/01/2019

Cassazione civile sez. trib., 25/01/2019, (ud. 27/11/2018, dep. 25/01/2019), n.2180

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON E. – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA E. L. – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI G. – Consigliere –

Dott. TRISCARI G. – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M. G. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 913 del ruolo generale dell’anno 2012

proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

i cui uffici è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

Star Game, s.d.f., in persona del legale rappresentante, nonchè

F.R. e B.A., in proprio e quali soci della società

di fatto, rappresentati e difesi dagli Avv.ti Gianni Marongiu,

Andrea Bodrito e Francesco D’Ayala Valva, per procura speciale in

calce al controricorso, elettivamente domiciliati presso lo studio

di quest’ultimo in Roma, viale Parioli, n. 43;

– controricorrenti e ricorrenti incidentale –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Liguria, n. 98/1/2010, depositata il giorno 8

novembre 2010;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 novembre

2018 dal Consigliere Dott. Triscari Giancarlo.

Fatto

RILEVATO

che:

la sentenza impugnata ha esposto, in punto di fatto, che: l’Agenzia delle entrate aveva notificato alla ricorrente, società di fatto ed esercente l’attività di intrattenimento spettacolo mediante macchine automatiche ubicate presso locali pubblici, degli avvisi di accertamento con i quali, relativamente ai periodi di imposta 2000, 2001 e 2002, era stato determinato un maggior reddito di impresa ai fini Irap e Irpef ed una maggiore Iva, applicando le conseguenti sanzioni; la pretesa era stata fatta valere sul presupposto che l’attività svolta dalla ditta individuale Star Game di F.R. era, in realtà, riconducibile ad una società di fatto esistente tra il F. e il socio di fatto B.A., sicchè il condono tombale presentato dal titolare della ditta individuale non poteva produrre effetti circa il reddito della società di fatto; avverso i suddetti atti la contribuente aveva proposto separati ricorsi dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Imperia; avverso le pronunce della suddetta Commissione tributaria provinciale aveva proposto separati appelli la contribuente;

la Commissione tributaria regionale della Liguria, previa riunione, ha accolto gli appelli della contribuente, in particolare ha ritenuto che: ai fini della definizione della controversia assumeva rilievo la questione degli effetti da attribuirsi alla dichiarazione di condono presentata da F.R. in favore dell’impresa; in questo contesto, se, da un lato, doveva dirsi sussistente una società di fatto, d’altro lato, doveva ritenersi che la domanda di condono tombale presentata aveva effetto anche ove si fosse accertato che l’attività era svolta non da una ditta individuale, ma da una società di fatto, posto che quest’ultima non costituisce un soggetto diverso dalla persona dei soci, con conseguente preclusione per l’amministrazione finanziaria di procedere ad un successivo accertamento nei confronti della società di fatto; l’accoglimento del motivo di appello comportava l’assorbimento delle ulteriori deduzioni delle parti;

avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso dinanzi a questa Corte l’Agenzia delle entrate affidato a due motivi di censura;

si è costituita la contribuente depositando controricorso contenente ricorso incidentale, affidato a due motivi di censura;

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Sui motivi di ricorso principale

1.1. Con il primo motivo di ricorso principale si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 9, e del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5 (Tuir), per avere ritenuto che la dichiarazione di condono tombale, proposta da F.R. ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9, aveva effetto inibitorio dell’accertamento nei confronti della società di fatto;

in particolare, parte ricorrente osserva che la presentazione della domanda di condono fiscale non può essere riferita alla società di fatto, anche perchè troverebbe applicazione la condizione ostativa di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 9,comma 14, lett. c), relativa all’omessa presentazione di tutte le dichiarazioni relative al settore di riferimento della definizione, profilo sul quale la sentenza censurata ha omesso ogni valutazione;

1.2. Con il secondo motivo si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 9, degli artt. 2 e 22 della 6 Direttiva Cee e dell’art. 10 del Trattato UE, per non avere disapplicato, almeno per la parte relativa all’Iva, la previsione relativa agli effetti del condono tombale di cui al sopra citato art. 9;

1.3. I motivi, che possono essere esaminati unitamente in quanto riguardano la questione dei limiti di applicazione del condono tombale alla fattispecie in esame, sono fondati;

in primo luogo, va osservato che la pretesa impositiva in esame ha avuto riguardo sia ai fini delle imposte dirette che dell’Iva;

con riferimento alla pretesa relativa all’Iva, questa Corte ha precisato che In tema di condono fiscale, va disapplicato – perchè in contrasto con la sentenza 17 luglio 2008, causa C-132/06 della Corte di Giustizia, avuto riguardo agli artt. 2 e 22 della cd. Sesta Direttiva IVA e 10 Trattato CE – la L. n. 289 del 2002, art. 9, nella parte in cui consente al contribuente, che abbia omesso di presentare le dichiarazioni IVA negli esercizi d’imposta coinvolti dal condono, di fruire per questa imposta della definizione agevolata; in caso contrario, infatti, si realizzerebbe la quasi-esenzione fiscale, che la Corte di Giustizia ha stigmatizzato proprio a causa dell’omessa presentazione delle dichiarazioni IVA, in quanto l’accesso alla definizione agevolata non consentirebbe la reale emersione dell’evasione, risolvendosi in una definitiva rinuncia all’accertamento ed alla riscossione dell’imposta” (Cass. n. 2915 del 2013);

emerge, in definitiva, un sedimentato orientamento nel senso della inapplicabilità del condono di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 9, in materia d’IVA (v. ancora Cass. civ., Sez. 5, 6 dicembre 2018, n. 31598), sicchè l’inapplicabilità della definizione di cui alla L. n. 289 del 2002, relativamente all’Iva, implica la disapplicazione del condono effettuato dal contribuente con riferimento a detta imposta: in altri termini, viene in rilievo la non interferenza, in rapporto all’IVA, del “condono tombale” presentato per gli anni di riferimento, ivi compreso quello in cui maturava il credito Iva;

la questione, quindi, deve essere limitata alla valenza degli effetti del condono tombale relativamente alle imposte dirette;

ciò precisato, viene quindi in considerazione la questione della possibilità di estendere gli effetti del condono tombale proposto dalla ditta individuale Star Game di F.R., relativo al reddito di impresa, sulla pretesa fatta valere nei confronti della società di fatto;

questa Corte (Cass. civ. Sez. 5, 17 giugno 2016, n. 12560), peraltro su questione analoga a quella in esame, ha precisato che, “in materia di condono fiscale vige il principio che la formulazione della domanda di accesso a tale beneficio costituisce l’esercizio di un diritto del contribuente, lasciato al libero e personale apprezzamento di ciascuno; ne consegue pertanto, l’irrilevanza del condono richiesto da un soggetto che non si identifica con il reale titolare del rapporto tributario in quanto la formulazione della domanda di tale beneficio costituisce l’esercizio di un diritto dei contribuenti, lasciato al libero e personale apprezzamento di ciascuno di essi (cfr. Cass. n. 7134/2014)”;

il principio sopra indicato tiene conto della necessità di esaminare la questione unicamente sotto il profilo fiscale, e proprio questa prospettiva induce a ritenere che il disvelamento della natura struttura societaria rispetto alla formale esistenza di una ditta individuale implica una diversa qualificazione ed un conseguente diverso trattamento fiscale del reddito prodotto: nel caso di impresa individuale, il reddito prodotto è imputato all’imprenditore individuale e costituisce parte costitutiva della base imponibile di quest’ultimo, sulla quale viene calcolata l’Irpef, nel caso di società di fatto, stante la previsione di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5, il reddito è imputato alla società ma, per effetto del principio di trasparenza del reddito societario, è imputato in proporzione alle quote di partecipazione dei soci, indipendentemente dalla loro percezione;

ne consegue che, in siffatte ipotesi, ove la società di fatto ha omesso la presentazione delle dichiarazioni dei redditi, non solo non può estendersi nei confronti della medesima l’effetto della domanda di condono tombale presentata dalla ditta individuale, ma trova applicazione la causa ostativa di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 14, lett. c), che esclude l’applicabilità della disciplina di condono al contribuente che “abbia omesso la presentazione di tutte le dichiarazioni relative a tutti i tributi di cui al comma 2 e per tutti i periodi d’imposta di cui al comma 1”;

1.4. Per quanto sopra esposto, vanno accolti il primo e secondo motivo di ricorso principale;

2. Sui motivi di ricorso incidentale

2.1. Con il primo motivo di ricorso incidentale si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, consistente nella verifica della esistenza della società di fatto;

il motivo è fondato;

si legge nella sentenza impugnata (pag. 1, rigo 26-27) che l’appellante ritiene che nella fattispecie non sia configurabile alcuna società di fatto, ed espone una serie di motivi favorevoli alla sua tesi;

risulta dalle controdeduzioni in appello (riprodotte a pag.13-21 del presente controricorso) che parte controricorrente aveva contestato la esistenza di una società di fatto tra F.R. e B.A., evidenziando l’infondatezza della tesi dell’ufficio finanziario, seguita dal giudice di primo grado, delle valenza probatoria dei singoli elementi, presi in considerazione al fine di pervenire alla ritenuta sussistenza della società di fatto;

rispetto alla questione in esame, la motivazione della sentenza si limita a precisare che all’esame della documentazione e delle dichiarazioni agli atti la Commissione si è formata l’opinione della sussistenza della società di fatto, senza, tuttavia, che possa da essa ricavarsi l’iter logico-giuridico seguito per addivenire alla valutazione finale, tenuto conto del fatto che, ai fini della configurabilità di una società di fatto, occorre che sia accertato il conferimento da parte dei soci di beni o servizi, l’esercizio in comune di una attività e la divisione degli utili; si tratta, dunque, di una motivazione insufficiente, che non tiene conto delle specifiche ragioni di doglianza prospettate dalla parte e non consente di apprezzare su quali elementi si è fondata la valutazione finale cui è pervenuta;

2.2. Con il secondo motivo di ricorso incidentale si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39,D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 54 e 55, nonchè dell’art. 2247 c.c., per non avere considerato, ai fini della valutazione della sussistenza della società di fatto, gli elementi costitutivi indicati dall’art. 2247 c.c.;

le conclusioni assunte in sede di esame del primo motivo di ricorso principale hanno valore assorbente del presente motivo.

3. Conclusioni

In conclusione, vanno accolti il primo e secondo motivo di ricorso principale, nonchè il primo motivo di ricorso incidentale, assorbito il secondo motivo di ricorso incidentale, con cassazione della sentenza e rinvio alla Commissione tributaria regionale anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.

PQM

La Corte:

accoglie il primo e secondo motivo di ricorso principale, nonchè il primo motivo di ricorso incidentale, assorbito il secondo motivo di ricorso incidentale, cassa la sentenza e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Liguria, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta sezione civile, il 27 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2019

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