Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21798 del 20/10/2011

Cassazione civile sez. trib., 20/10/2011, (ud. 22/06/2011, dep. 20/10/2011), n.21798

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

PETROL S.R.L., in persona del legale rappresentante tempore,

rappresentata e difesa dall’avv. MUSTO Flavio Maria;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE DOGANE, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale dell’Umbria, sez. 3, n. 149 del 27 febbraio 2008.

Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

22.6.2011 dal consigliere relatore Dott. Aurelio Cappabianca;

costatata la regolarità degli avvisi ex art. 377 c.p.c., comma 2;

udito, per la società contribuente, l’avv. Flavio Musto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La società contribuente propose ricorsi avverso avvisi di pagamento ed atti di contestazione, con i quali l’Agenzia delle Dogane le aveva contestato la violazione del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 3, comma 4, e D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, comma 1, per ritardato pagamento dell’accisa sul carburante per i mesi di gennaio febbraio, marzo, e aprile 2001, e correlativamente ingiunto il pagamento di interessi, indennità di mora e sanzioni.

A fondamento della decisione, la società contribuente deduceva: 1) illegittimità degli atti di contestazione ed irrogazione sanzioni per mancato riconoscimento dell’agevolazione prevista dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16; 2) illegittimità degli atti di contestazione ed irrogazione sanzioni per mancato riconoscimento del ravvedimento operoso attuato dalla società ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13.

L’adita commissione tributaria, riuniti i ricorsi, li respinse, con decisione confermata, in esito all’appello della società contribuente, dalla commissione regionale.

Rilevato il carattere generale della previsione di cui al D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, e, quindi, la sua applicabilità anche alla materia delle accise, i giudici di appello osservarono che il combinato disposto dal comma 1 e dal comma 2 della disposizione preclude la possibilità di accedere all’agevolazione prevista dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16 e considerarono che, in assenza di contestuale pagamento dell’imposta, l’evocato ravvedimento operoso D.Lgs. n. 472 del 1997, ex art. 13, comma 2, non poteva ritenersi utilmente perfezionato.

Avverso tale sentenza, la società contribuente ha proposto ricorso per cassazione in tre motivi.

L’Agenzia delle Dogane non si è costituita.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, la società contribuente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16 e formula il seguente quesito di diritto: “… se l’atto di contestazione delle sanzioni, emanato ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1991, art. 16, comma 2, debba prevedere, a pena di nullità, la possibilità per il contribuente della definizione agevolata di cui al comma 3”.

Con il secondo motivo di ricorso, la società contribuente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13 e formula il seguente quesito di diritto: “… se i versamenti previsti ai fini del ravvedimento operoso ex disposto del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13, lett. b), debbano avvenire contestualmente al versamento del tributo ovvero se il ravvedimento operoso debba intendersi valido e legittimo a condizione che i versamenti effettuati dell’imposta, delle sanzioni e degli interessi avvengano in tempi diversi, purchè entro l’ambito temporale previsto dalla invocata norma (30 giorni – un anno)”.

Con il terzo motivo di ricorso, la società contribuente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13 e formula il seguente quesito di diritto: “… se il ravvedimento operoso del D.Lgs. n. 472 del 1997, ex art. 13, nell’ambito dell’accisa, si perfezioni con il versamento dell’imposta, degli interessi e della sanzione ovvero debba essere versata anche l’indennità di mora ex D.Lgs. n. 504 del 1995”.

Tutti e tre i motivi di ricorso si rivelano inammissibili, giacchè – vertendosi in tema di ricorso per cassazione avverso sentenza di appello pubblicata dopo l’1.3.2006 (e prima del 4.7.2009) – recano quesiti che non rispondono alle prescrizioni di cui all’art. 366 bis c.p.c.. In forza di tale disposizione, infatti, i quesiti di diritto, dovendo assolvere la funzione di integrare il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale – non possono essere meramente generici e teorici (come quelli che corredano il ricorso della società contribuente), ma devono essere calati nella fattispecie concreta, per mettere la Corte in grado poter comprendere dalla sola relativa lettura, l’errore asseritamente compiuto dal giudice a quo e la regola applicabile (v. Cass. S.U. 3519/08).

A parte l’esposto assorbente rilievo, deve, peraltro, considerarsi che il primo ed il terzo motivo di ricorso risultano, altresì, inammissibili, perchè tendono a censurare l’atto di accertamento piuttosto che la sentenza impugnata e perchè introducono questioni nuove, almeno in prospettiva di autosufficienza, riguardando esse temi di decisione (il contenuto dell’atto di contestazione e la rilevanza, ai fini del ravvedimento operoso, del versamento dell’indennità di mora) di cui non è traccia nella sentenza impugnata e che il ricorso per cassazione non rivela se, come e dove proposti e trattati nei pregressi gradi di merito (v. Cass. 20518/08, 14590/05, 13979/05, 6656/04 5561/04). Mentre il secondo motivo di ricorso risulta, altresì, carente sul piano dell’autosufficienza, non rinvenendosi in ricorso idonee indicazioni in merito ai relativi presupposti di fatto e, in particolare, alla tipologia della violazione e del ravvedimento da adottare.

Alla stregua delle considerazioni che precedono, s’impone il rigetto del ricorso.

Stante l’assenza d’attività difensiva dell’intimata, non vi è luogo a provvedere sulle spese.

P.Q.M.

la Corte: rigetta il ricorso, nulla spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 ottobre 2011

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