Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21798 del 09/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 09/10/2020, (ud. 17/12/2019, dep. 09/10/2020), n.21798

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. DINAPOLI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 87/2013 R.G. proposto da:

AMG s.r.l., con sede in San Casciano Val di Pesa, in persona del

legale rappresentante por-tempore L.A.,

Lo.Al. tutti rappresentati e difesi dall’Avv. Salvatore Paratore,

elettivamente domiciliati presso lo studio dell’Avv. Nicola Di

Pierro in Roma via Tagliamento n. 55, come da procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via

dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Toscana n. 80/9/11, depositata il 4 novembre 2011.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 dicembre

2019 dal Consigliere Marco Dinapoli.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con tre separati ricorsi la società A.M.G. s.r.l. nonchè i soci Lo.An. e L.A. impugnavano tre distinti avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle entrate di Firenze per l’anno di imposta 2004 per maggiori ricavi nei confronti della società (avviso di accertamento n. (OMISSIS)), e maggior reddito di partecipazione nei confronti dei soci (avvisi di accertamento n. (OMISSIS) per Lo. e n. (OMISSIS) per L.), con conseguente recupero a tassazione di Irap e Iva nei confronti della società e dell’Irpef nei confronti dei soci.

L’accertamento si fondava sull’applicazione dello studio di settore indicato dalla parte nella dichiarazione, da cui emergeva uno scostamento fra il ricavo dichiarato ed il ricavo puntuale presumibile, preceduto da contraddittorio in cui, ad avviso dell’ufficio, la società contribuente non aveva giustificato lo scostamento.

La Commissione tributaria provinciale di Firenze respingeva i ricorsi dei contribuenti (sentenza n. 41/19/09 dep. il 17.3.2009), che proponevano appello.

La Commissione tributaria regionale della Toscana, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava l’appello dei contribuenti ritenendo pacifica l’applicazione dello studio di settore SG4OU perchè indicato dalla stessa parte nella dichiarazione, ed inevaso da parte dei contribuenti l’onere della prova delle ragioni dello scostamento.

La società e i soci ricorrono per cassazione con tre motivi e chiede cassarsi la sentenza impugnata con ogni ulteriore conseguenza di legge e con vittoria di onorari, diritti e spese.

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso e chiede dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso avverso con ogni conseguenziale provvedimento anche in ordine alle spese.

I ricorrenti depositano memoria ex art. 380 bis c.p.c. a sostegno ed ulteriore esplicazione dei motivi del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I ricorrenti propongono tre motivi di ricorso.

1.1- Violazione di legge (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, art. 2697 c.c.. Il motivo svolge una critica avverso l’avviso di accertamento e conclude che la sentenza impugnata avrebbe falsamente applicato le norme che assume violate avendo ritenuto che si fosse realizzata l’inversione dell’onere della prova a suo danno.

1.2- Insufficiente motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio, (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), costituito dalla mancata conclusione della vendita di un immobile per cui era stato stipulato un contratto preliminare (c.d. contenzioso S.), con conseguente mancata realizzazione dei ricavi previsti.

1.3- Omessa motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio, (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), costituito dalle altre circostanze di fatto indicate dai contribuenti per giustificare lo scostamento.

4.1. – Il primo motivo del ricorso è inammissibile perchè contiene una diffusa censura nei confronti dell’atto di accertamento, ma una censura solo generica nei confronti della sentenza. Data la natura impugnatoria del giudizio di cassazione, il ricorrente è onerato della critica delle affermazioni, degli argomenti e delle decisioni contenuti nella sentenza impugnata in relazione al vizio di legittimità denunziato, e non adempie a tale onere nel caso in cui invece indirizzi i suoi rilievi avverso la condotta e gli atti dell’Amministrazione finanziaria (Cass. Sez. V n. 3415/2015).

4.2- La violazione di legge, nel caso in esame, è attribuita all’Agenzia delle entrate e non alla sentenza impugnata, che invece ha fatto corretta applicazione dei principi in materia di ripartizione dell’onere della prova in questa materia affermati da questa Corte, in base ai quali “l’onere della prova (…) è così ripartito: a) all’ente impositore fa carico la dimostrazione dell’applicabilità dello standard prescelto al caso concreto oggetto dell’accertamento; b) al contribuente (…) fa carico la prova della sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possano essere applicati gli standard o della specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo cui l’accertamento si riferisce” (Cass. SS.UU. n. 26635/2009).

5.- Il secondo motivo solo apparentemente denunzia un vizio di legittimità, dato che, a differenza di quanto lamentato dai ricorrenti, la sentenza della Commissione tributaria regionale ha motivato sul punto della irrilevanza del c.d. “contenzioso S.” invocato a giustificazione dello scostamento; in realtà, quindi, il motivo proposto mira ad ottenere una rivalutazione della decisione di merito, previa rivisitazione del materiale probatorio acquisito, inammissibile in sede di legittimità.

6.- Il terzo motivo è inammissibile sia perchè la decisione della Commissione tributaria regionale in parte risponde ed in parte assorbe le questioni di fatto proposte, con valutazione incensurabile in questa sede, sia perchè il motivo non argomenta circa la pretesa decisività di tali questioni. Il fatto, la cui omessa valutazione si lamenta, deve essere decisivo nel senso precisato dalla giurisprudenza di questa Corte: per potersi configurare il vizio è necessario che la sua assenza avrebbe condotto a diversa decisione con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, in un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data (Cass. n. 28634/2013; Cass. n. 25608/2013; Cass. n. 24092/2013; Cass. n. 18368/2013; Cass. n. 3668/2013; Cass. n. 14973/2006). Mentre i ricorrenti non indicano in maniera specifica quale sia il collegamento, a loro giudizio decisivo, fra i fatti indicati ed il mancato conseguimento dei ricavi loro attribuiti in applicazione dello studio di settore.

7.- In conclusione, per i motivi indicati, il ricorso va rigettato, con addebito ai ricorrenti, in solido, delle spese processuali di questo giudizio, come liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 5.000 (cinquemila) oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 17 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2020

 

 

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