Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21795 del 20/09/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 20/09/2017, (ud. 21/06/2017, dep.20/09/2017),  n. 21795

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. NICASTRO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 18890/2010 R.G. proposto da:

Ove Gas Srl, rappresentata e difesa dall’Avv. Giorgio Liserre, presso

il medesimo elettivamente domiciliato, in Roma, viale delle Milizie

n. 22, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

sez. staccata di Latina n. 397/39/09, depositata il 3 giugno 2009;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 giugno

2017 dal Consigliere Giuseppe Fuochi Tinarelli.

Fatto

RILEVATO

CHE:

– Ove Gas Srl impugna per cassazione la decisione della CTR del Lazio che, in riforma della sentenza di primo grado, aveva ritenuto, per l’anno d’imposta 2003, indeducibili le quote di ammortamento non iscritte nel libro dei beni ammortizzabili e legittimo l’accertamento dell’Ufficio;

– assume con due articolati motivi:

– (a) ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la mancanza di legittimazione attiva del funzionario firmatario dell’atto di appello dell’Agenzia, privo di delega, nonchè la nullità della notifica dell’atto di appello essendo avvenuta con consegna del plico al portiere, senza invio di successiva lettera raccomandata;

– (b) ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la mancanza della motivazione ovvero la motivazione meramente apparente con riguardo alle doglianze di merito, già accolte in primo grado.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

– la prima doglianza del primo motivo è inammissibile per carenza di autosufficienza, non avendo il ricorrente riprodotto l’atto di gravame contestato e la asserita sottoscrizione non regolare;

– la censura è comunque infondata trovando applicazione il principio secondo il quale “In tema di contenzioso tributario, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 10 e art. 11,comma 2, riconoscono la qualità di parte processuale e conferiscono la capacità di stare in giudizio all’ufficio locale dell’agenzia delle entrate nei cui confronti è proposto il ricorso, organicamente rappresentato dal direttore o da altra persona preposta al reparto competente, da intendersi con ciò stesso delegata in via generale, sicchè è validamente apposta la sottoscrizione dell’appello dell’ufficio finanziario da parte del preposto al reparto competente, anche ove non sia esibita in giudizio una corrispondente specifica delega, salvo che non sia eccepita e provata la non appartenenza del sottoscrittore all’ufficio appellante o, comunque, l’usurpazione del potere d’impugnare la sentenza” (Cass. n. 6691 del 2014; Cass. n. 15470 del 2016) e, come precisato nel ricorso stesso, l’atto è stato “firmato dal funzionario responsabile, dal Capo Team Contenzioso”;

– pure la seconda doglianza del primo motivo è inammissibile per carenza di autosufficienza, attesa la mancata riproduzione della relata di notifica da cui evincersi le modalità di sua esecuzione, risultando altresì inammissibile per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., per essere il quesito del tutto astratto e generico, privo di ognì riferimento alla specifica questione in giudizio;

– il secondo motivo è, a sua volta, inammissibile per una pluralità di profili, avendo il ricorrente dedotto un error in procedendo, ossia la mancanza di motivazione o la motivazione apparente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 anzichè n. 4, senza neppure riprodurre le censure (e i fatti dedotti) fatte valere nei precedenti gradi di giudizio e disattese dalla CTR, e, comunque, risultando omesso il momento di sintesi (o il quesito) ex art. 366 bis c.p.c.;

– la motivazione, in ogni caso, non è nè assente, nè apparente avendo il giudice d’appello ritenuto la fondatezza della pretesa erariale “tenuto conto che il comportamento tenuto dalla contribuente sul punto evidenzia il mancato rispetto delle condizioni e della normativa vigente all’epoca dell’ammortamento” e che “le doglianze della contribuente… non risultano supportate da validi elementi probatori e comunque documentali”;

– il ricorso va, pertanto, rigettato per inammissibilità dei motivi e le spese regolate per soccombenza.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere all’Agenzia delle entrate le spese di questo giudizio, che liquida in Euro 2.300,00, oltre accessori di legge e spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 21 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2017

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