Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21787 del 29/08/2019

Cassazione civile sez. III, 29/08/2019, (ud. 08/03/2019, dep. 29/08/2019), n.21787

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 909-2018 proposto da:

CANTINA SOCIALE DI BARLETTA SCARL, in persona del legale

rappresentante C.G., elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA F. CRISPI 36, presso lo studio dell’avvocato RICCARDO LOMBARDI,

rappresentata e difesa dall’avvocato SABINO FORTUNATO;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) in persona del Curatore R.D.,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NIZZA 53, presso lo studio

dell’avvocato CARLA VIRGILIA EFRATI, rappresentato e difeso

dall’avvocato VITO NARRACCI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 618/2017 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 18/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/03/2019 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MISTRI CORRADO, che ha concluso per l’inammissibilità in subordine

rigetto del gravame;

udito l’Avvocato SABINO FORTUNATO;

udito l’Avvocato NARRACCI VITO;

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Fallimento della (OMISSIS) (di seguito il Fallimento) convenne davanti al Tribunale di Bari la Cantina Sociale di Barletta (di seguito la Cantina) rappresentando: 1) di aver stipulato, a seguito di concorso della Regione Puglia sul pagamento del 50% degli interessi, con la Banca Monte dei Paschi di Siena prestiti agevolati da distribuirsi tra gli associati, destinati alla corresponsione di anticipazioni sui conferimenti del vino, tra cui il conto corrente agrario n. (OMISSIS), stipulato a nome proprio ma per conto della convenuta Cantina; 2) di non aver ottenuto, da parte della convenuta, il conferimento del prodotto per l’annata 1990, ritenuto dalla stessa non dovuto; 3) che l’esposizione debitoria del predetto conto agrario, di oltre Lire 1.414.774.331, ne aveva provocato il fallimento in data il 4/11/96. Agì pertanto per sentir condannare la convenuta al pagamento della somma di Lire 1.414.774.331, oltre interessi e rivalutazione a titolo di risarcimento del danno.

La Cantina, costituendosi in giudizio, confermò la stipula, in nome dell’Associazione ma per suo conto, del contratto di anticipazione in conto corrente agrario con Monte dei Paschi di Siena ma, quanto alla quota di prodotto derivante dalla vendemmia 1990, aveva ritenuto suo diritto commercializzarla ed appropriarsi dei relativi proventi.

Disposta una CTU, il Tribunale di Bari rigettò la domanda ritenendo che il Fallimento non avesse dato prova del nesso causale tra l’inadempimento dedotto ed il danno lamentato e che, a fronte dell’incontestato pagamento di Euro 1.316.965,09 da parte di Cantina, sia pur effettuato in qualità di fideiussore in relazione allo stesso contratto di conto corrente, non si apprezzava la rilevante esposizione debitoria causata dalla convenuta.

La Corte d’Appello di Bari, adita dal Fallimento, nel contraddittorio con l’appellata Cantina, disposta nuova CTU, ha accolto l’appello ritenendo, per quel che ancora qui di interesse: 1) che il rapporto dedotto in giudizio era riconducibile al mandato senza rappresentanza, di cui all’art. 1705 c.c. sicchè il mandatario aveva acquistato diritti ed obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi, pur avendo questi conoscenza del mandato; 2) che il mandante (Cantina) era gravato dell’obbligo di somministrare al mandatario i mezzi necessari per l’esecuzione del mandato e per l’adempimento delle obbligazioni contratte dal mandatario in proprio nome; 3) che la Cantina, nella veste di mandante era tenuta ad estinguere, alla scadenza, l’esposizione debitoria ma aveva versato solo la sorte capitale, rimanendo debitrice di Euro 119.726,81 al momento dell’apertura del fallimento; che il saldo era depurato di ogni forma di capitalizzazione degli interessi, delle commissioni e delle spese, e che su di esso andavano calcolati gli interessi nella misura legale fino al soddisfo. Ciò premesso, in accoglimento parziale dell’appello, ha condannato l’appellata a pagare, in favore dal Fallimento, la somma di Euro 119.726,81 alla data di apertura del fallimento, oltre interessi legali fino al soddisfo. All’accoglimento parziale dell’appello, rispetto all’originaria domanda attorea, la Corte d’Appello ha fatto seguire la dichiarazione di soccombenza dell’appellata in ordine alle spese del doppio grado del giudizio, liquidate in Euro 9.000 complessivi per ciascun grado oltre accessori.

Avverso la sentenza Cantina Sociale di Barletta S.c.a.r.l. propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

Resiste con controricorso il Fallimento (OMISSIS) ((OMISSIS)).

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) e, in presenza di omessa pronunzia, la violazione dell’art. 112 c.p.c. (con riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

In sostanza la ricorrente lamenta che la Corte d’Appello non abbia esaminato quale fatto decisivo per il giudizio, dando luogo ad un’omessa pronunzia, l’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata ai sensi dell’art. 342 c.p.c.

1.1 Il motivo è inammissibile sotto entrambi i profili denunciati. Innanzitutto perchè fa valere quale vizio di motivazione un error in procedendo – quale la violazione dell’art. 342 c.p.c., che avrebbe dovuto essere dedotta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4. Il vizio motivazionale deve, infatti, riferirsi alla pretermissione di uno specifico fatto storico o alla sua mancanza materiale o equiparabile (Cass. S.U. n. 8053/2014) e non anche ad un error in procedendo.

Il motivo è inammissibile anche quanto al vizio di omessa pronunzia ex art. 112 c.p.c. in quanto, per giurisprudenza del tutto consolidata di questa Corte, il vizio di omessa pronuncia è configurabile solo nel caso di mancato esame, da parte della sentenza impugnata, di questioni di merito, e non già nel caso di mancato esame di eccezioni pregiudiziali di rito. Pertanto la sentenza, che si assuma avere erroneamente rigettato l’eccezione di inammissibilità dell’appello, non è censurabile in sede di legittimità per violazione dell’art. 112 c.p.c. (Cass. 3, n. 1701 del 23/1/2009; Cass., 1, n. 22083 del 26/9/2013; Cass., 2, n. 1876 del 25/1/2018, Cass., 3, n. 25154 dell’11/10/2018).

2.Con il secondo motivo denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c. e omesso esame circa un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti (ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5). Si riferisce al capo di sentenza che ha qualificato il rapporto intercorso tra l’Associazione (OMISSIS) e Cantina come di mandato senza rappresentanza: asserisce che la Corte territoriale, riconoscendo nel rapporto tra l’Associazione e Cantina l’esistenza di un mandato senza rappresentanza, avrebbe accolto altra e diversa domanda rispetto a quella di risarcimento del danno per inadempimento contrattuale proposta nell’atto introduttivo del giudizio, violando pertanto il principio dispositivo di cui all’art. 115 c.p.c.

2.1 In disparte la considerazione che, anche di fronte a tali violazioni, il ricorrente avrebbe dovuto formulare una censura di error in procedendo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, il motivo è comunque infondato. Come è noto, se è vero che il giudice è vincolato nel suo giudicare dal rapporto tra chiesto e pronunciato, è anche vero che, per causa petendi idonea ad identificare la domanda, debbono intendersi non solo e non tanto le ragioni giuridiche addotte a fondamento della pretesa avanzata quanto e soprattutto l’insieme delle circostanze che la parte pone a base della propria richiesta. L’insieme delle circostanze di fatto erano suscettibili di essere valutate come idonee ad integrare la fattispecie degli artt. 1705 e 1719 c.c. e valevano a proporre una domanda di risarcimento per il comportamento omissivo della propria mandante, a nulla rilevando che tale normativa sostanziale non fosse stata espressamente richiamata nell’atto introduttivo del giudizio. Ciò che la ricorrente censura, come violazione dell’art. 115 c.p.c., non è altro che la ricostruzione della fattispecie da parte della Corte del merito, rientrante nell’esercizio del potere di qualificazione della fattispecie (iura novit curia). Non si capisce dove sarebbe il vizio di violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunziato di cui all’art. 112 c.p.c., nè la violazione del principio dispositivo sancito dall’art. 115 c.p.c. dal momento che la doglianza va a colpire la qualificazione (peraltro corretta e comunque non censurata) del rapporto intercorso tra le parti quale mandato senza rappresentanza. Anche la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 è inammissibile perchè la ricorrente non censura un fatto storico.

3.Con il terzo motivo denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., commi 1 e 2 (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

Il motivo è inammissibile avendo la Corte d’Appello fatto applicazione del principio generale della condanna alle spese della parte soccombente, mentre il mancato esercizio del potere discrezionale di compensare le spese è incensurabile in Cassazione (Cass., 7 aprile 2017 n. 9115).

4. Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato e la ricorrente condannata a pagare le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, e al cd. raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare le spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 7.200 (oltre Euro 200 per esborsi), più accessori di legge e spese generali al 15%. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile, il 8 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 agosto 2019

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