Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21786 del 29/08/2019

Cassazione civile sez. III, 29/08/2019, (ud. 20/02/2019, dep. 29/08/2019), n.21786

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20814-2017 proposto da:

C.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE

ALPI 8, presso lo studio dell’avvocato MARCELLO GROTTA,

rappresentato e difeso dall’avvocato SALVATORE FERRARA;

– ricorrente –

contro

CA.GI., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FEDERICO CESI

44, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIA AMATO, rappresentata e

difesa dall’avvocato FAUSTO MARIA AMATO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 990/2017 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 24/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/02/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO GIAIME GUIZZI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE ALESSANDRO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato SALVATORE FERRARA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. C.S. ricorre, sulla base di tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 990/17, del 24 maggio 2017, della Corte di Appello di Palermo, che – respingendo il gravame dallo stesso esperito contro la sentenza n. 3072/10, del 15 giugno 2010, del Tribunale di Palermo – ha respinto la domanda di risarcimento danni, ex art. 595 c.p., proposta dall’odierno ricorrente nei confronti di Ca.Gi..

2. Riferisce, in punto di fatto, l’odierno ricorrente di aver adito il Tribunale panormita lamentando che il C., intervistato il (OMISSIS) su “(OMISSIS)”, aveva auspicato le dimissioni del C. dalla carica di Presidente della Regione Siciliana, sostenendo che le sue scelte politiche avrebbero “rafforzato un blocco di interessi espressione di un potere affaristico-mafioso”, in tale direzione muovendosi “i provvedimenti sull’abusivismo, i condoni, le convenzioni con le strutture sanitarie private”. Inoltre, il C. stabiliva – con quelle stesse dichiarazioni – un paragone tra la situazione di quel tempo e “quella degli anni 70′, quando la mafia aveva referenti politici ben precisi in L. e Ci.”.

L’allora attore, inoltre, riferiva del contenuto di un comunicato stampa del (OMISSIS), nel quale il medesimo C. aveva affermato che quanto “pensa il Presidente C. sulla Sicilia coincide con quello che dice R.T.”, ponendo a confronto le dichiarazioni di quest’ultimo (“Ma quale mafia, ma quale piovra, sono romanzi”), con le parole con le quali il C. avrebbe commentato un’inchiesta giornalistica della trasmissione televisiva “(OMISSIS)”.

Infine, il C. si doleva del fatto che, sempre il Ca., in un articolo apparso sul quotidiano “(OMISSIS)” il (OMISSIS), avesse accostato la sua figura a quelle di L.S. e Ci.Vi., affermando essersi “tornati indietro negli anni bui della collusione tra politica e mafia, gli anni dei L., dei Ci. e delle stragi”, affermando essere il sistema politico e quello criminale un “unica cosa nella Sicilia del Governatore C.”.

La domanda attorea di risarcimento danni era, tuttavia, respinta dal primo giudice, la cui pronuncia – sebbene appellata dall’odierno ricorrente – era confermata dalla Corte palermitana.

3. Avverso tale ultima decisione ha proposto ricorso per cassazione il C., sulla base di tre motivi.

3.1. Con il primo motivo – proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) – si deduce nullità del sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., in ragione di omessa pronuncia sul secondo motivo di “ricorso” (“recte”: di appello).

Si censura la sentenza impugnata laddove essa avrebbe omesso di pronunciarsi sul motivo di gravame con il quale il C. si doleva della decisione del primo giudice, nella parte in cui essa aveva escluso il carattere diffamatorio del paragone, stabilito dal C., tra l’odierno ricorrente e R.T., e ciò sul rilievo che, pur in difetto di elementi sul contenuto delle dichiarazioni rese dal C. a commento dell’inchiesta di “(OMISSIS)”, le stesse – secondo il Tribunale potevano “essere comunque desunte dal tenore del comunicato stampa”. Una decisione, questa, ancor più sorprendente, secondo il C., considerato che egli aveva “esplicitamente e pubblicamente stigmatizzato il fenomeno mafioso all’interno del programma elettorale per le elezioni regionali del (OMISSIS)”.

Sul punto, come detto, nessuna decisione – assume il ricorrente sarebbe stata anche adottata dalla Corte territoriale.

3.2. Con il secondo motivo – proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) – si deduce violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4), e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., oltre che dell’art. 111 Cost., ovvero nullità del sentenza per assenza di motivazione.

Si assume che la decisione impugnata recherebbe un “simulacro grafico di motivazione”, giacchè il rigetto della domanda risarcitoria sarebbe avvenuto “senza nemmeno descrivere i fatti di causa, consistenti in tre diverse dichiarazioni”, compiendo “valutazioni giuridiche approssimative”, tanto da rendere “del tutto oscuro l’iter logico seguito”, e ciò, in particolare, quanto alla “infamante equiparazione tra C.S. e don Ci.Vi.”, non essendo idoneo, a tale scopo, il riferimento alle vicende giudiziarie che hanno investito l’odierno ricorrente, giacchè le stesse “non hanno in alcun modo riguardato l’operato amministrativo del C. governatore della Regione Siciliana”.

3.3. Con il terzo motivo – proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – si deduce violazione dell’art. 595 c.p., degli artt. 2043 e 2059 c.c., nonchè degli artt. 2, 21 e 27 Cost. e degli artt. 6,8 e 10 Cedu, oltre a falsa applicazione dell’art. 51 c.p..

Si censura la sentenza impugnata per non aver fatto corretta applicazione dei criteri della “continenza formale” e della “verità dei fatti”, richiesti per l’operatività della scriminante del diritto di critica, censurando la sentenza impugnata laddove essa ha ritenuto che, avuto riguardo alla critica politica, il riferimento alla verità obiettiva del fatto sarebbe “del tutto fuori luogo”.

Si assume, per contro, che il diritto di critica sarebbe soggetto agli stessi limiti previsti per quello di cronaca, censurandosi, pertanto, la decisione della Corte palermitana per essersi disinteressata dal porre a proprio fondamento la verità dei fatti storici oggetto di critica, ovvero le non provate dichiarazioni del C. sulla trasmissione “(OMISSIS)” e i provvedimenti amministrativi volti a favorire la mafia. Irrilevante, per contro, sarebbero le vicende giudiziarie che hanno investito il C., non solo perchè lo stesso non è mai stato accusato di associazione mafiosa, ma anche perchè – all’epoca delle dichiarazioni del Ca. – operava ancora, in favore dell’odierno ricorrente, la presunzione di non colpevolezza, donde l’ipotizzata violazione anche dell’art. 27 Cost. e dell’art. 6 CEDU.

4. Il Ca. ha resistito, con controricorso, all’avversaria impugnazione, chiedendone la declaratoria di inammissibilità ovvero, in subordine, di infondatezza.

In particolare, si rileva – quanto al primo motivo – la ricorrenza di un’ipotesi di pronuncia implicita, evidenziandosi, per il resto, come la Corte territoriale abbia adeguatamente motivato le ragioni del rigetto del gravame del C., applicando correttamente i principi giurisprudenziali in materia di critica politica, donde l’infondatezza anche dei motivi secondo e terzo.

5. Il ricorrente principale ha presentato memoria, ex art. 378 c.p.c., insistendo nelle proprie argomentazioni ed allegando sentenza resa dalla Corte di Appello di Caltanissetta che ha accolto domanda risarcitoria dello stesso C. in relazione ad articoli di giornale che si assumono di tenore analogo a quelli oggetto del presente giudizio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

6. Il ricorso va rigettato.

6.1. Il primo motivo non è fondato.

6.1.1. Sul punto, occorre muovere dal rilievo che è da escludere “il vizio di omessa pronuncia, nonostante la mancata decisione su un punto specifico, quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto sul medesimo” (Cass. Sez. 5, ord. 6 dicembre 2017, n. 29191, Rv. 646290-01).

Siffatta evenienza ricorre nel caso in esame, visto che la Corte palermitana, nello scrutinare globalmente il gravame proposto dal C. (come è dato evincere dall’inciso secondo cui i diversi motivi risultavano “logicamente connessi” e, quindi, da “trattarsi congiuntamente”), ha affermato che ognuna delle tre dichiarazioni rese dal Ca. non potesse considerarsi illecita, giacchè espressione del diritto di critica politica.

In particolare, essa ha ritenuto che in tale ambito “il rispetto della verità del fatto assume rilievo limitato, necessariamente affievolito rispetto alla diversa incidenza sul versante del diritto di cronaca, in quanto la critica, quale espressione di opinione meramente soggettiva, ha per sua natura carattere congetturale, che non può, per definizione, pretendersi rigorosamente obiettiva ed asettica”, su tali basi affermando che “l’accostamento del C., al tempo Governatore della Sicilia, ad esponenti mafiosi ed al sistema criminale appare legittima espressione del diritto di critica, costituendo un ragionevole, ancorchè opinabile, sviluppo di argomentazioni di indole e finalità politica, scaturite da coevi episodi di cronaca, quali le vicende giudiziarie a carico dello stesso C.”.

6.2. Alla stregua di tali considerazioni, anche il secondo motivo di ricorso deve ritenersi non fondato.

6.2.2. La motivazione della sentenza impugnata, difatti, non può certo considerarsi “meramente apparente”.

Sul punto, non pare inutile rammentare che ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) – nel testo “novellato” dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, 134 (applicabile “ratione temporis” al presente giudizio) – il sindacato di questa Corte è destinato ad investire la parte motiva della sentenza solo entro il “minimo costituzionale” (cfr. Cass. Sez. Un., sent. 7 aprile 2014, n. 8053, Rv. 629830-01, nonchè, “ex multis”, Cass. Sez. 3, ord. 20 novembre 2015, n. 23828, Rv. 637781-01; Cass. Sez. 3, sent. 5 luglio 2017, n. 16502, Rv. 637781-01).

Lo scrutinio di questa Corte è, dunque, ipotizzabile solo in caso di motivazione “meramente apparente”, configurabile, oltre che nell’ipotesi di “carenza grafica” della stessa, quando essa, “benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento” (Cass. Sez. Un., sent. 3 novembre 2016, n. 22232, Rv. 641526-01), in quanto affetta da “irriducibile contraddittorietà” (cfr. Cass. Sez. 3, sent. 12 ottobre 2017, n. 23940, Rv. 645828-01.), ovvero connotata da “affermazioni inconciliabili” (da ultimo, Cass. Sez. 6-Lav., ord. 25 giugno 2018, n. 16111, Rv. 649628-01), o perchè “perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (Cass. Sez. 6-3, ord. 25 settembre 2018, n. 22598, Rv. 650880-01), mentre “resta irrilevante il semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Cass. Sez. 2, ord. 13 agosto 2018, n. 20721, Rv. 650018-01), che è quanto, in definitiva, si contesta nel caso di specie.

6.3. Infine, anche il terzo motivo di ricorso non è fondato.

6.3.1. In via preliminare, va rammentato che costituisce consolidato principio, nella giurisprudenza di questa Corte, quello secondo cui, “in tema di azione di risarcimento dei danni da diffamazione a mezzo della stampa, la ricostruzione storica dei fatti, la valutazione del contenuto degli scritti, l’apprezzamento in concreto delle espressioni usate come lesive dell’altrui reputazione, la valutazione dell’esistenza o meno dell’esimente dell’esercizio del diritto di cronaca e di critica costituiscono oggetto di accertamenti di fatto, riservati al giudice di merito ed insindacabili in sede di legittimità se sorretti da argomentata motivazione” (così, da ultimo, in motivazione, Cass. Sez. 3, ord. 14 marzo 2018, n. 6133, Rv. 648418-01; in senso conforme, tra le più recenti, Cass. Sez. 3, ord. 30 maggio 2017, n. 13520, non massimata sul punto; Cass. Sez. 3, sent. 27 òluglio 2015, n. 15759, non massimata, Cass. Sez. 3, sent. 10 gennaio 2012, n. 80, Rv. 621133-01).

Di conseguenza, il “controllo affidato al giudice di legittimità è dunque limitato alla verifica dell’avvenuto esame, da parte del giudice del merito, della sussistenza dei requisiti della continenza, della veridicità dei fatti narrati e dell’interesse pubblico alla diffusione delle notizie, nonchè al sindacato della congruità e logicità della motivazione, secondo la previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), applicabile “ratione temporis””, mentre resta “del tutto estraneo al giudizio di legittimità l’accertamento relativo alla capacità diffamatoria delle espressioni in contestazione, non potendo la Corte di cassazione sostituire il proprio giudizio a quello del giudice di merito in ordine a tale accertamento” (così, nuovamente in motivazione, Cass. Sez. 3, ord. n. 6133 del 2018, cit.).

6.3.2. Orbene, nel caso di specie, la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione dell’esimente del diritto di critica politica, laddove ha negato rilievo al criterio della verità dei fatti.

Si tratta, per vero, di un’affermazione che risponde ai “dicta” di questa Corte, secondo cui “ove la narrazione di determinati fatti sia esposta insieme ad opinioni dell’autore, in modo da costituire al contempo esercizio di cronaca e di critica, la valutazione della continenza richiede un bilanciamento dell’interesse individuale alla reputazione con quello alla libera manifestazione del pensiero, bilanciamento ravvisabile nella pertinenza della critica all’interesse dell’opinione pubblica alla conoscenza non del fatto oggetto di critica, ma di quella interpretazione del fatto” (Cass. Sez. 3, sent. 20 gennaio 2015, n. 841, Rv. 633962-01), essendosi pure precisato – con affermazione che si attaglia al caso di specie – che, “non essendo, peraltro, la critica politica soggetta ad alcun vincolo di obiettività”, deve ritenersi lecita l’esposizione di fatti, “laddove ciascuno di essi sia utilizzato non al limitato fine di offrirne una rassegna, bensì come elementi sulla base dei quali costruire una valutazione, tutta politica, di inadeguatezza del soggetto coinvolto ad assumere cariche pubbliche” (Cass. Sez. 3, sent. 28 febbraio 2017, n. 5005, Rv. 645139-01).

6.3.3. Nè, d’altra parte, in senso contrario, possono richiamarsi i precedenti illustrati dal ricorrente nella propria memoria ex art. 378 c.p.c., giacchè concernenti la fattispecie della critica giornalistica, e non – come nella specie – politica, la quale, come noto, “può assumere toni più pungenti rispetto a quelli interpersonali tra privati, potendo essere di parte e non dovendo necessariamente essere obiettiva” (Cass. Sez. 3, sent. 17 ottobre 2013, n. 23576, Rv. 628625-01), sino a consentire “toni aspri e di disapprovazione più pungenti ed incisivi” (Cass. Sez. 3, sent. 23 febbraio 2010, n. 4325, Rv. 611525-01) di quelli normalmente consentiti.

7. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza, essendo pertanto poste a carico del ricorrente e liquidate come da dispositivo.

8. A carico del ricorrente sussiste l’obbligo di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e, per l’effetto, condanna C.S. a rifondere a Ca.Gi. le spese del presente giudizio, che liquida in Euro 6.200,00, più Euro 200,00 per esborsi oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, all’esito di pubblica udienza della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 20 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 agosto 2019

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