Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21785 del 09/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 09/10/2020, (ud. 27/06/2019, dep. 09/10/2020), n.21785

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. ANTEZZA Fabio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 5389 del ruolo generale dell’anno 2015

proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

i cui uffici ha domicilio in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

Kernot International Travel PTY LTD, in persona del legale

rappresentante, rappresentata e difesa, per procura speciale in

calce al controricorso, dall’Avv. Tinelli Giuseppe, presso il cui

studio in Roma, Via delle Quattro Fontane, n. 15, è elettivamente

domiciliata;

– controricorrente e ricorrente incidentale condizionato –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale del Lazio, n. 7034/9/2014, depositata il giorno 21

novembre 2014;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 giugno

2019 dal Consigliere Triscari Giancarlo e, a seguito di

riconvocazione, del 14 maggio 2020.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

dall’esposizione in fatto della sentenza censurata si evince che: l’Agenzia delle entrate aveva notificato a Kernot International Travel Pty Ltd, con sede in Australia, un avviso di accertamento con il quale aveva rettificato la dichiarazione Iva per l’anno 2008, recuperando l’Iva alla stessa già rimborsata, in quanto era stato accertato che la società, quale agenzia di viaggi e turismo, aveva ceduto pacchetti turistici con prestazioni da eseguirsi in Italia, con conseguente applicazione della previsione di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 74-ter,; avverso il suddetto avviso di accertamento la società aveva proposto ricorso che era stato parzialmente accolto dalla Commissione tributaria provinciale; la società aveva quindi proposto appello;

la Commissione tributaria regionale ha accolto l’appello, in particolare ha ritenuto che: aveva valore assorbente l’esame del terzo motivo di appello, relativo alla corretta applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 74-ter; nel caso di specie, in forza della previsione interpretativa di cui al D.L. n. 69 del 2013, art. 55, anche alle società che svolgeva attività di tour operator ed aventi sede all’estero, l’Iva assolta sulle cessioni di beni e sulle prestazioni di servizi, effettuate da terzi nei confronti delle agenzie di viaggio stabilite fuori dal territorio comunitario, a diretto vantaggio dei viaggiatori, non è rimborsabile; tuttavia, trovava applicazione al caso di specie la disciplina transitoria, prevista del medesimo art. 55, cit., secondo cui erano, comunque, fatti salvi i rimborsi che, come nel caso di specie, erano stati già effettuati al 22 giugno 2013, con conseguente illegittimità della pretesa impositiva alla restituzione del rimborso;

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale ha proposto ricorso in cassazione l’Agenzia delle entrate affidato a un unico motivo, illustrato con successiva memoria, cui ha resistito la società depositando controricorso, contenente ricorso incidentale condizionato, affidato a quattro motivi.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. sul ricorso principale

1.1. Con l’unico motivo di ricorso principale si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 38-ter, 19 e 74-ter, nonchè dell’art. 26, Sesta Direttiva Iva n. 77/388/Cee e del D.L. n. 69 del 2013, art. 55, convertito dalla L. n. 98 del 2013;

1.2. il motivo è fondato, per quanto di ragione;

in particolare, lo stesso evidenzia che il giudice del gravame non avrebbe fatto corretta applicazione della disciplina transitoria disposta con la norma interpretativa di cui al D.L. n. 69 del 2013, art. 55, in quanto, nel prevedere che non si dà luogo alle restituzione delle somme che, alla data di entrata in vigore del decreto, risultino già rimborsate e successivamente recuperate dagli uffici dell’amministrazione finanziaria, dovrebbe essere intesa nel senso di escludere che potevano essere oggetto di restituzione i rimborsi che, sebbene concessi, erano stati comunque oggetto di contestazione da parte dell’amministrazione finanziaria e quindi non erano ancora divenuti definitivi;

la questione in esame, come visto, attiene alla corretta interpretazione della previsione di cui al D.L. n. 69 del 2013, art. 55, convertito dalla L. n. 98 del 2013, nella parte in cui ha disciplinato, nella materia del rimborso Iva assolta da agenzie di viaggio e turismo stabilite fuori dall’Unione Europea per i servizi resi a diretto vantaggio dei viaggiatori, anche il regime dei rimborsi eventualmente già effettuati al momento dell’entrata in vigore della medesima previsione;

in linea generale, la norma in esame, sul punto, prevede che sono fatti salvi i rimborsi che alla data di entrata in vigore del decreto, non siano stati eventualmente effettuati e che non si dà luogo, altresì, alla restituzione di somme che, alla data di entrata in vigore del medesimo decreto, siano state già rimborsate e successivamente recuperate dagli uffici dell’amministrazione finanziaria;

va quindi osservato che questa Corte, con riferimento alla questione del regime intertemporale previsto dall’art. 55, cit., (Cass. civ., 6 marzo 2020, n. 6423; Cass. civ., 27 febbraio 2017, n. 4961) ha precisato che la disciplina in esame si pone in contrasto con l’art. 310 della direttiva 2006/112/CE, che ripropone sul punto la regola già stabilita dall’art. 26, n. 4 della sesta direttiva ed in base al quale “gli importi dell’IVA imputati all’agenzia di viaggio da altri soggetti passivi per le operazioni di cui all’art. 307 effettuate a diretto vantaggio del viaggiatore non sono nè detraibili nè rimborsabili in alcuno Stato membro”;

ed invero, è stato precisato, ragionando anche sotto il profilo della conformità al principio costituzionale di uguaglianza, che ancorare la “salvezza” dei rimborsi alla circostanza meramente casuale che, entro la data di entrata in vigore del D.L. n. 69 del 2013, l’amministrazione finanziaria abbia, o no, recuperato le somme indebitamente rimborsate comporterebbe la rinuncia ingiustificata alla riscossione dell’Iva, che concorre ad alimentare le risorse proprie dell’Unione, oggetto dei rimborsi indebiti non recuperati e determinerebbe, inoltre, una discriminazione tra i contribuenti calibrata sul dato fortuito dell’avvenuto recupero, sicchè nel caso in esame, in cui risalta la chiarezza della norma comunitaria, cui quella nazionale ha inteso dare attuazione, la norma va senz’altro disapplicata in riferimento alla fattispecie in esame;

sotto tale profilo, quindi, deve accogliersi il motivo di ricorso, sebbene in relazione alla non applicabilità della disciplina intertemporale di cui all’art. 55, cit. per contrasto con la normativa unionale;

2. Sul ricorso incidentale condizionato:

2.1. con il primo motivo di ricorso incidentale si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 74-ter, come interpretato dal D.L. n. 69 del 2013, art. 55, in relazione all’art. 111 Cost. e art. 117 Cost., comma 1, nonchè degli artt. 306-310, direttiva n. 2006/112/Ce;

in particolare, si censura la sentenza per avere implicitamente ritenuto applicabile la previsione di cui all’art. 74-ter, cit., come interpretata dall’55, cit., nonostante il fatto che il suddetto intervento normativo, nell’estendere alle agenzie di viaggi stabilite fuori dall’Unione Europea il regime di non rimborsabilità dell’Iva assolta per i servizi resi a diretto vantaggio dei viaggiatori, fosse in contrasto con gli artt. da 306 a 310, Direttiva n. 2006/112/Cee, che prevedono l’applicazione del regime speciale in esame solo in caso di organizzazione e vendita di pacchetti turistici effettuati nel territorio Ue da agenzie di viaggio ivi stabilite;

il motivo è infondato;

questa Corte (Cass. civ, 6 marzo 2020, n. 6423) ha sul punto precisato che l’intervento normativo di cui al D.L. n. 69 del 2013, art. 55, non si pone in contrasto con la normativa unionale e con i principi espressi dalla Corte di giustizia, essendo, invece, diretto ad applicare, coerentemente, i principi sottesi alla disciplina del regime speciale in materia, ponendosi nella prospettiva del rispetto del principio di pari trattamento in materia di rimborso Iva tra operatori economici che operano nelle medesime condizioni;

in particolare, ragionando in ordine al regime speciale dell’Iva relativo alle aziende di viaggio e turismo di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 74-ter, che ha recepito quanto disposto dall’art. 26, della sesta Direttiva Iva 77/388/Cee (ora art. 306 Direttiva 2006/112/Cee), è stato quindi evidenziato che la finalità della previsione normativa in esame è stata più volte affermata dalla Corte di giustizia che ha precisato che “Detto regime speciale persegue, di conseguenza, un obiettivo di semplificazione delle norme relative all’iva applicabile alle agenzie di viaggio. Esso mira, del pari, a ripartire il gettito derivante dalla percezione di tale imposta in modo equilibrato tra gli Stati membri, assicurando, da un lato, l’attribuzione del gettito dell’Iva relativo a ciascun servizio individuale allo Stato membro in cui ha luogo la consumazione finale del servizio e, dall’altro, l’attribuzione di quello afferente al margine dell’agenzia di viaggio allo Stato membro in cui quest’ultima è stabilita (Corte di giustizia, 26 settembre 2013, C189/11; 26 settembre 2013, C-236/11)”;

questa peculiare finalità, perseguita mediante la corretta applicazione del meccanismo di funzionamento del sistema “base da base”, trova il suo fondamento nella previsione di cui all’art. 310, Direttiva n. 2006/112/Cee, secondo cui gli importi dell’imposta sul valore aggiunto imputati all’agenzia di viaggi e turismo da altri soggetti passivi per le operazioni di cui all’art. 307 effettuate a diretto vantaggio del viaggiatore non sono nè detraibili nè rimborsabili in alcuno Stato membro;

è stato quindi osservato che l’intervento normativo di cui al D.L. n. 69 del 2013, art. 55, è chiaramente funzionale alla corretta applicazione del sistema in esame e, soprattutto, aderente alla funzione che, a livello della normativa unionale, viene configurata ai fini della concreta attuazione dello speciale regime Iva in esame. La suddetta previsione normativa evidenzia, in modo chiaro, che l’interpretazione da essa indicata del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 74-ter, che si muove nella direzione di limitare il diritto al rimborso dell’Iva anche nel caso di agenzie di viaggi e turismo stabilite fuori dall’Unione Europea, trova fondamento proprio nella previsione di cui all’art. 310, Direttiva n. 2006/112/Cee, ed è conforme alla finalità e alla ratio di quest’ultima previsione normativa unionale, secondo quanto sopra più specificamente indicato;

d’altro lato, una eventuale diversa interpretazione che portasse a concludere per la non applicabilità del regime in esame all’ipotesi di rimborso Iva richiesto da agenzie turistiche non aventi stabile organizzazione nell’Unione troverebbe un limite nel principio unionale di tutela della concorrenza, cui invece occorre fare riferimento per completare la valutazione di conformità della previsione normativa in esame con la normativa unionale;

ed invero, ai sensi dell’art. 3, par. 2, della Direttiva 86/560/Cee, Il rimborso dell’Iva in favore dei soggetti non residenti nel territorio unionale non può essere concesso a condizioni più favorevoli di quelle applicate ai soggetti passivi della Comunità: è su questo profilo che, in realtà, si struttura l’intervento normativo interpretativo in esame: un eventuale riconoscimento del diritto al rimborso dell’Iva in favore di agenzie di viaggi e turismo per i costi sostenuti al fine di prestare beni e servizi in favore di propri clienti nel territorio unionale si tradurrebbe in un non consentito migliore trattamento fiscale in loro favore, tenuto conto del fatto che, come visto, i tour operator aventi stabile organizzazione nel territorio dell’Unione non hanno la possibilità di ottenere il rimborso dell’Iva, pur operando nelle medesime condizioni;

sicchè, è proprio questa finalità, tesa a evitare la formazione di non giustificati squilibri sul piano del trattamento fiscale tra operatori economici che operino nelle medesime condizioni, che ha inteso perseguire l’intervento interpretativo di cui al D.L. n. 69 del 2013, art. 55, profilo, peraltro, strettamente connesso con quello, prettamente economico, di non creare situazioni di ingiusti vantaggi competitivi in favore di taluni operatori economici rispetto ad altri;

proprio il rispetto della disciplina unionale, di cui la previsione normativa in esame costituisce applicazione in relazione al perseguimento della finalità propria del regime speciale dell’Iva nonchè della tutela della concorrenza comporta l’insussistenza della violazione denunciata violazione dell’art. 111 Cost.;

2.2. con il secondo motivo di ricorso incidentale si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in particolare la circostanza, dedotta dalla controricorrente, che comunque non trovava applicazione nella fattispecie la previsione di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 74-ter, in quanto le prestazioni dalla stesse rese in favore dei propri clienti non consistevano nell’organizzazione di pacchetti turistici, posto che, in realtà, forniva agli stessi, singolarmente, prestazioni di servizi che da essa venivano acquistati e ceduti separatamente come singole prestazioni;

3. con il terzo motivo di ricorso incidentale si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per omesso esame di un fatto decisivo e controverso, in particolare il fatto che era stata prodotta una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, sottoscritta dall’amministratore delegato della società, con la quale chiariva l’esatto contenuto delle attività svolte dalla medesima in Italia, diretta a contrastare, sotto il profilo probatorio, la dichiarazione resa dal rappresentante fiscale, e ad accertare, invece, che i servizi turistici offerti e venduti dalla società non erano nè combinati in pacchetti turistici nè ceduti a prezzo forfettario;

3.1. i motivi, che possono essere esaminati unitariamente, in quanto attengono alla medesima questione relativa alla effettiva attività svolte dalla ricorrente in Italia, sono fondati;

risulta nel ricorso che già in primo grado la società aveva, fra l’altro, prospettato la questione relativa al fatto che l’attività dalla stessa svolta consisteva nel fornire ai propri clienti, singolarmente, servizi di pernottamento in albergo e, talvolta, di autonoleggio di veicoli, sicchè gli stessi non potevano rientrare nella fattispecie dei pacchetti turistici tutto compreso, mancando la combinazione di più prestazioni e la previsione di un prezzo unico (pag. 6, ricorso) e, a tal proposito, aveva prodotto la documentazione (indicata a pag. 61, ricorso) consistente nella copia di fatture relative all’acquisto, per l’anno 2008, di servizi di pernottamento presso albergatori italiani, nella copia di contratti stipulati nel 2008 con albergatori italiani, nonchè nella copia di alcune stampe di prenotazione e documenti fiscali emessi dalla società, per l’anno 2008, nei confronti di propri clienti australiani; la questione era stata riproposta dinanzi al giudice di appello, sia sotto il profilo della violazione degli artt. 112 e 115, c.p.c., che per erronea valutazione del materiale probatorio (vd. pag. 14 e 14, ricorso);

in ordine a tale profilo il giudice del gravame non si è pronunciato, avendo ritenuto assorbente il profilo relativo applicabilità al caso di specie della disciplina transitoria, prevista dal D.L. n. 69 del 2013, art. 55, , secondo, nell’interpretare la previsione di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 74 ter, nel senso che la stessa trovava applicazione anche nei confronti delle agenzie di viaggi e turismo estere, erano comunque fatti salvi i rimborsi che, come nel caso di specie, erano stati già effettuati al 22 giugno 2013;

in tal modo, la pronuncia censurata ha ritenuto, implicitamente, che l’attività della società fosse riconducibile alla previsione di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 74-ter, dunque consistesse nella organizzazione di pacchetti turistici verso il pagamento di un corrispettivo globale;

tuttavia, la stessa ha omesso, in tal modo, di esaminare il fatto, decisivo e controverso, consistente nella circostanza che la società aveva acquistato, da fornitori italiani, singoli e autonomi servizi (secondo quanto prospettato sin dal ricorso in primo grado) che, successivamente, aveva venduto ai suoi clienti, singole e distinte prestazioni di servizi non combinate in pacchetti tutto compreso, tenuto conto delle prove documentali dedotte dalla ricorrente, ivi compresa la dichiarazione di notorietà del legale rappresentante della medesima;

si tratta, invero, di un fatto decisivo per la controversia, posto che l’eventuale accertamento della inesistenza, nel caso di specie, di una organizzazione di pacchetti turistici verso il pagamento di un corrispettivo globale, comporterebbe la non riconducibilità della fattispecie nella previsione di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 74-ter, come interpretato dal D.L. n. 69 del 2013, art. 55;

4. con il quarto motivo si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per violazione dell’art. 112, c.p.c., per avere omesso di pronunciare sulla domanda di condanna dell’amministrazione finanziaria al rimborso, ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 8, comma 4, del costo sostenuto per la nuova fideiussione, prestata, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38-bis, comma 6, a garanzia dell’integrale restituzione del credito Iva;

l’accoglimento del ricordo principale comporta l’assorbimento del presente motivo di ricorso incidentale;

conclusioni:

in conclusione, è fondato il ricorso principale, per quanto di ragione, è infondato il primo motivo di ricorso incidentale, sono fondati il secondo e terzo motivo di ricorso incidentale, assorbito il quarto, con conseguente cassazione della sentenza per i motivi accolti e rinvio alla Commissione tributaria regionale anche per la liquidazione delle spese di lite.

PQM

La Corte:

accoglie il ricorso principale, accoglie il secondo e terzo motivo di ricorso incidentale, infondato il primo motivo di ricorso incidentale e assorbito il quarto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 giugno 2019 e, a seguito di riconvocazione, il 14 maggio 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2020

 

 

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