Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21784 del 27/10/2016
Cassazione civile sez. VI, 27/10/2016, (ud. 22/04/2016, dep. 27/10/2016), n.21784
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –
Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 23221-2015 proposto da:
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS), in persona del Ministro pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende, ope legis;
– ricorrente –
e contro
C.F., C.G., CU.FA., S.A.;
– intimati –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA del 15/12/2014,
depositato il 25/02/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
22/04/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MILENA FALASCHI.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
S.A., F., G. e CU.Fa., con distinti ricorsi depositati presso la Corte d’appello di Roma in data 3 febbraio e 3 marzo 2011, poi riuniti, chiedevano la condanna del Ministero della giustizia al pagamento dell’indennizzo per la irragionevole durata di un giudizio introdotto dinanzi al Tribunale di Napoli, per ottenere l’annullamento, l’adempimento e la risoluzione contrattuale, con atto di citazione notificato il 24.05.1977, definito in primo grado con sentenza pubblicata il 15.04.2003, avverso la quale era stata proposta impugnazione conclusasi con sentenza depositata il 26.03.2010.
L’adita Corte d’appello accoglieva la domanda ritenendo che il giudizio avesse avuto, quanto alla S., in proprio, una durata irragionevole di quattro anni e quattro mesi, al quale liquidava un indennizzo per la complessiva somma di Euro 3.500,00, facendo applicazione del criterio di Euro 750,00 per i primi tre anni e di Euro 1.000,00 per i successivi, oltre ad Euro 14.250,00 in qualità di erede di R.G., stimata l’irragionevolezza in quindici anni; relativamente agli altri ricorrenti, eredi di R.R., liquidava – iure hereditatis – pro quota la somma complessiva di Euro 15.250,00 e iure proprio quella di Euro 1.500,00 per ciascuno, essendo il ritardo) rispetto alla de cuius di sedici anni e iure proprio di due anni.
Per la cassazione di questo decreto il Ministero della giustizia ha proposto ricorso sulla base di un unico motivo.
Non hanno svolto difese gli intimati.
In prossimità della pubblica udienza il Ministero ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata nella redazione della sentenza.
Con l’unico motivo (violazione c/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 4) l’Amministrazione ricorrente sostiene che la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere che al termine semestrale per la proposizione del procedimento di cui alla L. n. 89 del 2001 sia applicabile la sospensione feriale di cui alla L. n. 742 del 1969.
Il ricorso è infondato, alla luce del principio, di recente ribadito da questa Corte, secondo il quale “poichè fra i termini per i quali la L. n. 742 del 1969, art. 1 prevede la sospensione nel periodo feriale vanno ricompresi non solo i termini inerenti alle fasi successive all’introduzione del processo, ma anche il termine entro il quale il processo stesso deve essere instaurato, allorchè l’azione in giudizio rappresenti, per il titolare del diritto, l’unico rimedio per fare valere il diritto stesso, detta sospensione si applica anche al termine di sei mesi previsto dalla L. n. 89 del 2001, art. 4 per la proposizione della domanda di equa riparazione per violazione del termine ragionevole del processo” (Cass. n. 5423 del 2016).
Nè tanto meno appare pertinente il richiamo alla decisione delle Sezioni Unite di questa Corte, n. 16783 del 2012, invocata dal Ministero ricorrente, che ha escluso la decorrenza del termine ordinario di prescrizione per effetto dell’espressa previsione del termine semestrale di decadenza per la proposizione della domanda d’equa riparazione, che non consente di dedurre alcunchè sulla diversa e del tutto autonoma questione in oggetto.
In conclusione il ricorso va rigettato.
Nessuna pronuncia va adottata sulle spese del giudizio di cassazione in difetto di difese da parte degli intimati.
Non si deve, infine, far luogo alla dichiarazione di cui al testo unico approvato con il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 risultando dagli atti del giudizio che il procedimento in esame è considerato esente dal pagamento del contributo unificato, oltre a trattarsi di ipotesi d’impugnazione della amministrazione pubblica (cfr Cass. SS.UU. n. 9938 del 2014).
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 22 aprile 2016.
Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2016