Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21784 del 20/09/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 20/09/2017, (ud. 06/06/2017, dep.20/09/2017),  n. 21784

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. DI NICOLA Vito – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 30169/2010 R.G. proposto da:

B.G., in proprio ex art. 86 c.p.c., con domicilio eletto

presso l’Avv. Franco Garcea, in Roma, via Silvio Pellico n. 16,

giusta elezione di domicilio in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata ex lege in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Lombardia n. 124/06/09, depositata il 24 novembre 2009.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 6 giugno 2017

dal Consigliere Dott. Giuseppe Fuochi Tinarelli.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

Che:

– B.G. impugna per cassazione la decisione della CTR della Lombardia che, confermando la sentenza di primo grado, aveva respinto il ricorso avverso cartella di pagamento emessa a seguito di liquidazione automatizzata, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, della dichiarazione relativa all’anno d’imposta 2004 per il recupero di IVA non versata pur essendo stato compilato il modello VA42 per adeguamento allo studio di settore;

– assume, con tre motivi, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, evidenziando che la maggiore Iva richiesta con il controllo automatizzato non era dovuta per inesistenza dell’attività, come emergente dalla documentazione e dalle fatture prodotte in giudizio, derivando la pretesa fiscale da una errata comunicazione, ad opera dell’intermediario incaricato, comunque disconosciuta in giudizio.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Che:

– il ricorso, potendosi esaminare unitariamente le doglianze in quanto strettamente connesse, non è fondato, ancorchè la motivazione debba essere corretta ex art. 384 c.p.c., u.c.;

– la CTR, invero, ha motivato la propria decisione sul presupposto che la cartella è stata emessa a seguito di controllo automatizzato e che le imposte dovute e non versate “derivano dall’esame del quadro VA rigo 42 concernente i maggiori corrispettivi dovuti per effetto dello spontaneo adeguamento agli studi di settore… operato dal contribuente che ne ha indicato i maggiori importi di imponibile ed imposta nelle sue dichiarazioni le quali… si discostano dalle risultanze delle sue scritture contabili” e che, infine, “l’emendabilità della dichiarazione dei redditi.. è ammessa dalla legge.. mediante integrazione che evidenzi esiti favorevoli al contribuente, dichiarazione che nella specie non vi è stata”;

– sulla questione, peraltro, la Suprema Corte ha recentemente statuito, con riferimento ad una vicenda del tutto omologa a quella in esame, che “Sebbene le denunce dei redditi costituiscano di norma delle dichiarazioni di scienza e come tali possano essere emendate dal contribuente in presenza di errori che lo espongano al pagamento di tributi maggiori, tuttavia, qualora la legge subordini la concessione di un beneficio fiscale ad una precisa manifestazione di volontà del contribuente da compiersi attraverso la compilazione di un modulo, detta dichiarazione assume il valore di atto negoziale, come tale irretrattabile anche in caso di errore (in quanto recante indicazioni volte a mutare la base imponibile e come tali inidonee a costituire oggetto di un mero errore formale), salvo che il contribuente dimostri che lo stesso fosse conosciuto o conoscibile da parte dell’Amministrazione. (In applicazione di tale principio la S.C. ha ritenuto che, una volta scaduto il termine concesso dal D.P.R. n. 195 del 1999, art. 2, non sia emendabile la dichiarazione ai fini IVA di adeguamento agli studi di settore, effettuata tramite la compilazione del quadro VA42, nonostante l’omessa compilazione dei quadri implicanti l’adeguamento agli studi di settore ai fini dell’imposta sui redditi).” (v. Cass. n. 18180 del 2015; v. anche Cass. n. 1427 del 2013; Cass. n. 7294 del 2012);

– è pacifico, del resto, che la scelta di adeguarsi allo studio di settore integra una specifica manifestazione di volontà (v. anche Cass. n. 19410 del 2015);

– ne deriva che il contribuente avrebbe dovuto secondo la disciplina generale dei vizi della volontà di cui all’art. 1427 c.c. e segg. – estesa dall’art. 1324 c.c., in quanto compatibile agli atti unilaterali inter vivos a contenuto patrimoniale – fornire “la prova della rilevanza dell’errore con riguardo ad entrambi i requisiti della essenzialità e della obiettiva riconoscibilità (da valutarsi secondo la diligenza propria che deve essere richiesta agli Uffici accertatori)”, circostanza invece neppure mai allegata nel giudizio, senza che, per contro, assuma rilievo l’asserita infedeltà dell’intermediario abilitato e, tantomeno, il dedotto disconoscimento della dichiarazione così presentata;

– la motivazione della sentenza impugnata va, pertanto, corretta, nel senso che la scelta del contribuente, nella compilazione della dichiarazione dei redditi, di adeguamento allo studio di settore integra una dichiarazione di volontà, emendabile in caso di errore non formale solo ove il contribuente dimostri che lo stesso fosse essenziale e conosciuto o conoscibile da parte dell’Amministrazione;

– il ricorso va pertanto rigettato con compensazione delle spese, atteso l’avvenuto consolidarsi in tempi relativamente recenti dell’orientamento della Corte.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 6 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2017

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