Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21781 del 27/10/2016


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Cassazione civile sez. VI, 27/10/2016, (ud. 22/04/2016, dep. 27/10/2016), n.21781

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18797/2015 proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

C.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PINEROLO 22,

presso lo studio dell’avvocato MARCO ROSSI, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati CARLO ATZORI, MONICA MARRAS, CARLO

MASSACCI, giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto della COME D’APPELLO di ROMA del 13/10/2014,

depositato il 21/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/04/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MILENA FALASCHI;

udito l’Avvocato MARCO ROSSI, difensore del controricorrente, che

chiede il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.M., con ricorso depositato presso la Corte d’appello di Roma in data 19 settembre 2013, chiedeva la condanna del Ministero della giustizia al pagamento dell’indennizzo per la irragionevole durata di un giudizio introdotto dinanzi al Tribunale di Cagliari, volto ad ottenere l’accertamento della responsabilità contrattuale della conduttrice dell’immobile di sua proprietà, con atto di citazione notificato il 18.12.1996, definito in primo grado con sentenza pubblicata il 04.02.2011, avverso la quale era stata proposta impugnazione avanti alla Corte di appello di Cagliari, conclusasi con sentenza depositata il 29.12.2011. L’adita Corte d’appello – in riforma del decreto emesso in forma monocratica, opposto dalla ricorrente ex art. 5-ter Legge cit. – accoglieva la domanda ritenendo che il giudizio avesse avuto una durata irragionevole pari a nove anni e otto mesi, liquidava in favore della ricorrente un indennizzo per la complessiva somma di Euro 8.916,00, facendo applicazione del criterio di Euro 750,00 per i primi tre anni ed Euro 850,00 per i successivi.

Per la cassazione di questo decreto il Ministero della giustizia ha proposto ricorso sulla base di un unico motivo, resistito dalla C..

In prossimità della pubblica udienza il Ministero ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata nella redazione della sentenza.

Con l’unico motivo (violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 4) l’Amministrazione ricorrente sostiene che la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere che al termine semestrale per la proposizione del procedimento di cui alla L. n. 89 del 2001, sia applicabile la sospensione feriale di cui alla L. n. 742 del 1969.

Il ricorso è infondato, alla luce del principio, di recente ribadito da questa Corte, secondo il quale “poichè fra i termini per i quali la L. n. 742 del 1969, art. 1, prevede la sospensione nel periodo feriale vanno ricompresi non solo i termini inerenti alle fasi successive all’introduzione del processo, ma anche il termine entro il quale il processo stesso deve essere instaurato, allorchè l’azione in giudizio rappresenti, per il titolare del diritto, l’unico rimedio per fare valere il diritto stesso, detta sospensione si applica anche al termine di sei mesi previsto dalla L. n. 89 del 2001, art. 4, per la proposizione della domanda di equa riparazione per violazione del termine ragionevole del processo” (Cass. n. 5423 del 2016).

Nè tanto meno appare pertinente il richiamo alla decisione delle Sezioni Unite di questa Corte, n. 16783 del 2012, invocato dal Ministero ricorrente, che ha escluso la decorrenza del termine ordinario di prescrizione per effetto dell’espressa previsione del termine semestrale di decadenza per la proposizione della domanda d’equa riparazione, che non consente di dedurre alcunchè sulla diversa e del tutto autonoma questione in oggetto.

In conclusione il ricorso va rigettato, con conseguente condanna del Ministero della giustizia al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo.

Non si deve, infine, far luogo alla dichiarazione di cui al T.U. approvato con il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 113, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, risultando dagli atti del giudizio che il procedimento in esame è considerato esente dal pagamento del contributo unificato, oltre a trattarsi di ipotesi d’impugnazione della amministrazione pubblica (cfr., Cass. SS.UU. n. 9938 del 2014).

PQM

La Corte rigetta il ricorso;

condanna il Ministero della giustizia al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 600,00, oltre alle spese forfetarie e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2, della Corte Suprema di Cassazione, il 22 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2016

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