Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21781 del 07/09/2018

Cassazione civile sez. trib., 07/09/2018, (ud. 07/07/2017, dep. 07/09/2018), n.21781

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MONTAGNI Andrea – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27176/2011 proposto da:

P.R., elettivamente domiciliato in ROMA VIA A. BERTOLONI

26-B, presso lo studio dell’avvocato GIORGIO LENER, rappresentato e

difeso dall’avvocato GAETANO ANACLERIO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 84/2010 della COMM. TRIB. REG. della PUGLIA,

depositata il 20/09/2010;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

07/07/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO GRECO;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. BASILE Tommaso, che ha chiesto

il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

P.R., avvocato, propone ricorso per cassazione con due motivi, illustrati con successiva memoria, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia che, accogliendo l’appello dell’Agenzia delle entrate, per quanto ancora rileva gli ha negato il rimborso dell’IRAP corrisposta per gli anni 2003 e 2004 ritenendo provata “l’esistenza di un’organizzazione d’impresa che non appare di poco conto”, e ciò sulla base della dichiarazione del contribuente e della certificazione dell’anagrafe tributaria dell’amministrazione.

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso; il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Col primo motivo del ricorso, denunciando insufficiente e/o apparente motivazione, il contribuente si duole che il giudice d’appello abbia affermato essere indubbio che i dati e gli elementi contabili dichiarati, “essendo di particolare rilevanza valgano ad attestare che i mezzi utilizzati per lo svolgimento della professione eccedono quel minimo indispensabile” cui fa riferimento in materia la giurisprudenza di questa Corte, laddove nella specie l’ammontare indicato dei beni strumentali, come il compenso elargito una tantum a terzi nel solo anno 2004, non potrebbero rappresentare un valore assoluto.

Col secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, per errata/omessa considerazione di un presupposto impositivo fondamentale per l’applicazione dell’IRAP – utilizzo del lavoro non occasionale – così come costantemente interpretato da questa Corte, in relazione al concetto di attività autonomamente organizzata. Assume che dal lavoro occasionale, costituito nella specie da una prestazione di servizio eseguita nel 2004 – non coinvolgente quindi il 2003 – eseguita da un rilevante studio legale internazionale, a fronte del quale veniva emessa un’unica fattura per Euro 33.762, non possa inferirsi la sussistenza dell’autonoma organizzazione. Esso contribuente avrebbe infatti svolto la propria attività senza l’ausilio di personale dipendente o di collaborazioni coordinate o continuative.

I motivi, da trattare congiuntamente in quanto legati, sono entrambi fondati, alla luce del consolidati principi affermati da questa Corte in materia, a tenore dei quali, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1, primo periodo e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio delle attività di lavoro autonomo di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1, è escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata: il requisito della “autonoma organizzazione”, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui; costituisce poi onere del contribuente che richieda il rimborso fornire la prova dell’assenza delle condizioni anzidette (ex plurimis, Cass. n. 3676, n. 3673, n. 3678, n. 3680 del 2007; si veda inoltre Cass. sezioni unite 10 maggio 2016, n. 9451).

L’errore compiuto dal giudice di merito sta nell’avere assunto i dati e gli elementi contabili dichiarati dal contribuente – principalmente i compensi corrisposti a terzi per prestazioni afferenti l’attività nel 2004, e non anche nel 2003, per Euro 33.762; il valore dei beni strumentali per ciascuno dei due anni pari a poco più di Euro 18.000; le quote di ammortamento pari, rispettivamente, a Euro 3.938 e Euro 5.023 – come valori assoluti rilevanti ai fini dell’integrazione del requisito dell’autonoma organizzazione, trascurando di spiegare perchè la fattura emessa nel 2004 da uno studio legale internazionale per Euro 33.762 potesse tradursi nell’essersi “avvalso in modo non occasionale del lavoro altrui” (senza che fosse contestato lo svolgimento della attività con l’ausilio di personale dipendente o di collaborazioni coordinate o continuative), e perchè i beni strumentali sopra indicati utilizzati per lo svolgimento della professione avevano ecceduto quel minimo indispensabile cui fa riferimento il giudice di legittimità.

Al contrario – pur avendo affermato che “il requisito organizzativo, il cui accertamento spetta al giudice di merito, sussiste quando il contribuente, che sia responsabile dell’organizzazione e non sia inserito in strutture riferibili alla responsabilità altrui, eserciti l’attività di lavoro autonomo con l’impiego di beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività organizzata per il solo lavoro personale, oppure si avvalga in modo non occasionale, del lavoro altrui” -, ha apoditticamente affermato che ai fini dell’imposta in discorso “risulta provata l’esistenza di una organizzazione di impresa che non appare di poco conto”, e che” i dati e gli elementi contabili dichiarati dallo stesso contribuente sono di particolare rilevanza”.

Il ricorso va pertanto accolto, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Puglia in differente composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione Tributaria Regionale della Puglia in differente composizione.

Così deciso in Roma, il 7 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2018

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