Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21780 del 20/10/2011

Cassazione civile sez. trib., 20/10/2011, (ud. 18/05/2011, dep. 20/10/2011), n.21780

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 13421/2006 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

G.M., elettivamente domiciliato in ROMA CORSO TRIESTE

142, presso lo studio dell’avvocato DI CIOMMO Francesco, che lo

rappresenta e difende, giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 271/2005 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

SALERNO, depositata il 24/02/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/05/2011 dal Consigliere Dott. VINCENZO DIDOMENICO;

udito per il ricorrente l’Avvocato GIACOBBE, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Si da atto che a fine trattazione ricorso alle H. 10,30 è comparso

l’Avvocato DI CIOMMO FRANCESCO che chiede di verbalizzare la sua

presenza, il Presidente autorizza.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle Entrate in persona del Direttore pro tempore ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione Regionale della Campania, Sezione Staccata di Salerno n. 271 dep. il 24/02/2005, confermativa della sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Avellino che aveva accolto il ricorso della Gervasio Calzature s.r.l..

La CTR ha annullato la richiesta di misure cautelari in quanto l’acquisizione dei documenti su cui era fondata la richiesta era avvenuta in domicilio (corso (OMISSIS)) non contemplato nell’autorizzazione della Procura della Repubblica di Sant’Angelo dei Lombardi che si riferiva ad altri luoghi.

Si duole la ricorrente Agenzia, con tre motivi, di violazione di legge e di vizio motivazionale.

La contribuente ha resistito con controricorso.

Il ricorso veniva rimesso alla decisione in pubblica udienza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs n. 546 del 1992, art. 53 e vizio motivazionale laddove aveva ritenuto sussistere “profili di inammissibilità” dell’appello senza dedurne le necessarie conseguenze, tanto che aveva esaminato il merito, con ciò dimostrando che l’affermazione era priva di ogni valore decisorio, e,comunque infondata. Il motivo è inammissibile.

L’avere la CTR rilevato “profili di inammissibilità” dell’atto d’appello dell’Ufficio, nel senso che talune doglianze si riferivano non alla sentenza ma contestavano le ragioni del ricorso, sia per la genericità dell’affermazione sia perchè ciò non ha impedito alla CTR di esaminare il merito, rigettando l’appello per infondatezza, dimostra che la stessa non può considerarsi autonoma ratio decidendi, ma va considerata affermazione ad abundantiam, onde deve ritenersi la carenza di interesse alla relativa impugnazione.

Col secondo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs n. 546 del 1992, art. 52, D.P.R. n. 600 del 1972, art. 33 e art. 1362 c.c., e vizio motivazionale laddove aveva dato una interpretazione meramente formale del provvedimento autorizzatorio dovendo intendersi l’indicazione delle vie solamente orientativa e, invece, da riferirsi alle residenza effettiva, onde la deduzione di violazione di diritti costituzionali non poteva non tenere conto della omessa comunicazione del nuovo indirizzo, mentre la motivazione in ordine alla esistenza dell’effettiva abitazione al n. (OMISSIS) era sicuramente viziata per la omessa considerazione delle deduzioni dell’Ufficio circa il valore dell’attestazione sindacale riferita ad anni precedenti,e il rinvenimento di documenti della società.

Il motivo è infondato.

Questa Corte ritiene di dare seguito all’indirizzo espresso da Cass. N. 19689 del 2004 che ha ritenuto che, in tema di accessi, ispezioni e verifiche da parte degli uffici finanziari dello Stato (o della Guardia di Finanza nell’esercizio dei compiti di collaborazione con detti uffici ad essa demandati), l’autorizzazione all’accesso data dal procuratore della Repubblica, ai sensi del primo (in locali adibiti “anche” ad abitazione) ovvero del comma 2 (in locali diversi, come quelli adibiti “solo” ad abitazione) del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 52, legittima solo lo specifico accesso autorizzato e l’autorizzazione data in base all’una previsione normativa non è sostituibile con quella data in forza dell’altra previsione normativa, e ciò anche per limitare al massimo l’indubbio “vulnus” al principio costituzionale di inviolabilità del domicilio comunque derivante dalla previsione dell’accesso.

Le censure dell’Ufficio non coinvolgono, invero, semplici problemi di determinabilità del domicilio, quale potrebbe essere il rilievo di un errore materiale risultante dall’atto di autorizzazione o l’individuazione del medesimo su sicuri dati parametrici, bensì una interpretazione dell’atto che, dinanzi alla constatazione della inidoneità del domicilio indicato espressamente (come nel caso in esame in cui il locale indicato era oggetto di ristrutturazione) consentisse all’Organo delegato ad eseguire l’accesso di individuare, discrezionalmente, l’effettivo (ed utile) domicilio ovvero di valutare una circostanza, quale l’omessa comunicazione del domicilio, che potrà avere, se del caso, sanzione in diversa sede ma non certo legittimare l’accesso nel domicilio non dichiarato.

Col terzo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs n. 546 del 1992, art. 52, D.P.R. n. 600 del 1972, art. 33 e art. 2727 c.c., e vizio motivazionale in quanto la CTR aveva travisato le risultanze del PVC da cui risultava che la documentazione extracontabile risultava acquisita principalmente presso i locali adiacenti alla sede sociale.

Il motivo sarebbe fondato ove l’ufficio avesse dedotto e fornito la prova di “resistenza” e, cioè che l’atto dell’Ufficio si reggeva anche in base alle sole prove ritualmente acquisite nei locali per cui era stata data legittima autorizzazione.

Ma sul punto il motivo pecca di autosufficienza per mancanza di deduzione di tali prove e della loro rilevanza.

Il ricorso deve essere, pertanto rigettato, con ogni conseguenza in tema di spese.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna, la ricorrente alle spese che liquida in Euro 1.500,00, oltre Euro 100,00 per spese vive oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 18 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 ottobre 2011

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