Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2178 del 25/01/2019

Cassazione civile sez. trib., 25/01/2019, (ud. 20/11/2018, dep. 25/01/2019), n.2178

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25896-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

EASY LEASING SPA, elettivamente domiciliato in ROMA VIA VILLA

EMILIANI 11, presso lo studio dell’avvocato GIULIANO TABET, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1787/2014 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 21/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

20/11/2018 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

Fatto

RILEVATO

che:

1. La Easy Leasing S.p.A. impugnava l’avviso di rettifica e liquidazione n. (OMISSIS) con il quale l’agenzia delle entrate di Roma tre aveva elevato il valore dichiarato della compravendita di un locale ad uso magazzino, sito in (OMISSIS), da Euro 1.150.000 a Euro 3.385.000, in relazione alla natura del bene, alla sua ubicazione, alla consistenza e alla destinazione, sulla base dei valori desunti dalla banca dati dell’OMI e dell’Agenzia del Territorio e della FIAIP.

2. La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso, affermando, da un lato, l’inutilizzabilità in via esclusiva dei valori della banca data OMI e, dall’altro, la carenza di documentazione, tenuto conto del riferimento ad altro atto di compravendita nemmeno allegato.

3. Avverso la suddetta sentenza proponeva appello la direzione provinciale di Roma.

4. La Commissione Tributaria Regionale rigettava l’appello, ritenendo che il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, nell’attribuire all’ufficio il potere di ritenere il valore del bene superiore a quello dichiarato dal privato nell’atto di compravendita e il connesso potere di rettificare la liquidazione della maggiore imposta, prevede che tale potere debba essere esercitato, ai sensi del comma 2-bis, con l’indicazione dei presupposti e delle ragioni giuridiche che lo hanno determinato e, se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto ne ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato a quello che lo richiama, salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale. L’accertamento è nullo se non sono osservate le disposizioni di cui al cit. art. 52, suddetto comma 2-bis.

L’avviso di liquidazione impugnato faceva riferimento a un precedente trasferimento di proprietà del medesimo immobile per un valore dichiarato di Euro 6.800.000 che, secondo l’agenzia delle entrate, era rinvenibile sul sito Internet dell’amministrazione mediante l’indicazione degli estremi. Inoltre, il suddetto contratto non si era mai realizzato, essendosi risolto prima di avere alcuna efficacia e non era stato allegato all’avviso, neanche nelle sue parti essenziali, salvo che per la mera indicazione del prezzo, senza peraltro un’analisi comparativa e spedita sulle reali condizioni dell’immobile. Infine, la semplice indicazione dei valori Orni non poteva essere ritenuta sufficiente, essendo questi richiamati senza indicazione di dati analitici che si riferiscono al bene oggetto della controversia.

6. Avverso la suddetta sentenza propone ricorso l’agenzia delle entrate sulla base di due motivi.

7. Resiste con controricorso Easy Leasing spa.

8. In prossimità dell’udienza la controricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7,comma 1, della L. n. 241 del 1990, art. 3, del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, così come modificato dal D.Lgs. n. 32 del 2001.

In primo luogo, la ricorrente riporta l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale, ai fini della motivazione dell’avviso di rettifica del valore dichiarato di un immobile, è sufficiente che l’Ufficio enunci il criterio astratto in base al quale è stato rilevato il maggior valore, con le specificazioni che si rendano in concreto necessarie per il raggiungimento del fine di garantire al contribuente un efficace difesa. Nella specie, l’avviso di rettifica faceva riferimento ad una precedente compravendita come parametro di valutazione, indicandone gli estremi e il contenuto essenziale relativo al prezzo dell’immobile completamente ristrutturato ed adibito a negozio. La compravendita riguardava il trasferimento dello stesso immobile di cui l’ufficio aveva successivamente rettificato il valore con l’avviso in oggetto.

Secondo la ricorrente quando l’atto richiamato in quello impugnato, mediante la cosiddetta motivazione per relationem, è riprodotto nel suo contenuto essenziale ed è già noto al contribuente, non è necessario che sia allegato. Nel caso di specie l’onere motivazionale era soddisfatto, in quanto l’atto impositivo aveva recepito gli elementi conoscitivi contenuti nell’atto richiamato e, dunque, era consentito al contribuente esercitare il diritto di difesa.

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51.

La parte ricorrente lamenta che la sentenza abbia ritenuto insufficiente il richiamo in via generica ai dati OMI, mentre l’amministrazione finanziaria non si era basata solo sui valori OMI, ma anche su un parametro di riferimento costituito dalla valutazione pregressa del medesimo immobile che era stato, in precedenza, oggetto di un contratto di compravendita. Nella fattispecie, peraltro, il bene il cui valore era stato rettificato era pervenuto alla contribuente in seguito ad una procedura esecutiva e la giurisprudenza di legittimità aveva preso posizione espressamente sulla questione concernente i criteri per la determinazione della base imponibile e i relativi poteri di rettifica in capo all’Ufficio applicabili in caso di successiva di vendita di un fabbricato commerciale in precedenza pervenuto al venditore a seguito di aggiudicazione nella procedura di espropriazione forzata.

In tale fattispecie si è chiarito che il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 44, in base alla quale la base imponibile è costituita dal prezzo di aggiudicazione, trova applicazione esclusivamente in relazione al trasferimento effettuato in occasione dell’aggiudicazione mentre non è applicabile alla successiva rivendita dei medesimi beni immobili, con la conseguenza che, trattandosi di un normale contratto a titolo oneroso, il valore del bene compravenduto deve stabilirsi per il calcolo delle imposte di registro e accessori, ai sensi del medesimo D.Lgs. n. 131 del 1986, artt. 51 e 52 (Cass. n. 22141 del 2010).

Nella specie, il bene immobile oggetto del contratto di compravendita in precedenza era stato venduto per un valore dichiarato di Euro 6.800.000, nettamente superiore a quello pattuito da parte della ricorrente di Euro 1.150.000 e rettificato dall’ufficio.

La motivazione, dunque, prendeva in esame dati analitici riguardanti in concreto il bene venduto oltre i dati offerti dalla banca dati OMI, sicchè, il valore dichiarato era stato rettificato, tenendo conto della natura del bene stesso, della sua ubicazione, consistenza e destinazione, con l’attribuzione del valore minimo previsto per la categoria catastale C2, desunta dalla suddetta banca dati OMI.

3. I due motivi di ricorso, che per la loro intima connessione possono essere trattati unitariamente, sono in parte inammissibili e in parte infondati.

In primo luogo, deve ribadirsi che: “In base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 c.p.c., nel giudizio tributario, qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo del vizio di motivazione nel giudizio sulla congruità della motivazione dell’avviso di accertamento, è necessario che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione di detto avviso, che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi, al fine di consentire la verifica della censura esclusivamente mediante l’esame del ricorso” (Sez. 5, Ord. n. 16147 del 2017). Nella specie il passo della motivazione riportato dalla ricorrente al fine di confutare la sentenza della CTR è estremamente generico e non consente di ritenere soddisfatto il requisito della specificità o autosufficienza.

Ciò premesso va comunque affermato che la valutazione circa l’adeguatezza della motivazione dell’atto di rettifica del valore di un immobile compravenduto, peraltro normativamente disciplinata in virtù del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52,comma 2-bis, è rimessa al giudice di merito, il cui apprezzamento, risolvendosi in un giudizio di fatto che coinvolge un atto amministrativo a carattere non normativo, non può essere sindacato in sede di legittimità, se non sotto i profili dell’omessa valutazione di un fatto o di quello di violazione di legge ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

A tal proposito deve richiamarsi anche la giurisprudenza di legittimità secondo la quale: “In tema di avviso di accertamento tributario, lo stabilire se, in concreto, la sua motivazione risponda o no ai requisiti di validità – che, in generale, possono riferirsi anche ad elementi extratestuali che il contribuente sia in grado di conoscere – è compito del giudice tributario e non è dato al contribuente (o all’amministrazione), se la decisione è motivata, sollecitare alla Corte di cassazione una revisione critica, salvo che non vengano enunciati ed evidenziati, nel ricorso, specifici errori di diritto in cui il giudice di merito sia incorso” (Sez. 5, Sent. n. 9582 del 2013).

La sentenza della CTR non integra alcuna violazione di legge, e in definitiva la contestazione del rimettente, sotto l’ombrello del vizio di violazione di legge, si risolve nella richiesta di diversa qualificazione dei fatti. Nel motivo, infatti, l’Agenzia delle Entrate, pur citando in rubrica le norme presuntivamente violate, si sofferma unicamente sull’obbligo di motivazione dell’atto impugnato che, secondo la sua prospettazione, sarebbe stato assolto mediante l’enunciazione del criterio astratto utilizzato oltre che, mediante il riferimento alla precedente compravendita del medesimo immobile, quale parametro di valutazione, con l’indicazione degli estremi e del suo contenuto essenziale.

Risulta evidente, pertanto, che la ricorrente pur denunciando, apparentemente, violazione di legge, chiede in realtà a questa Corte di valutare la motivazione dell’atto impugnato, questione di fatto non censurabile in questa sede (Cass. n. 21381/2006). In ogni caso dalla motivazione dell’atto di rettifica, come ricavabile dal ricorso e dalla sentenza impugnata, emerge che anche gli “altri elementi di valutazione” ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, comma 3, quali la destinazione, la collocazione, la tipologia, la superficie, lo stato di conservazione e l’epoca di costruzione dell’immobile, erano elencati in modo meramente generico e di stile, e non consentivano al contribuente l’esercizio del diritto di difesa come richiesto dalla giurisprudenza di legittimità (Sez. 5, Sent. n. 1961 del 2018).

Infine, la doglianza circa il fatto che la sentenza aveva ritenuto insufficiente il richiamo in via generica ai dati OMI è altrettanto inammissibile, posto che la motivazione della CTR era molto più articolata e non si fondava su questo aspetto se non in via marginale e residuale.

4. Il ricorso è rigettato. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 4.000, oltre rimborso forfettario spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Quinta Sezione civile, il 20 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2019

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