Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21778 del 20/09/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 20/09/2017, (ud. 06/06/2017, dep.20/09/2017),  n. 21778

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. DI NICOLA Vito – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 18834/2010 R.G. proposto da:

P.V., rappresentato e difeso dall’Avv. Roberto Montagnani

con domicilio eletto presso l’Avv.to Simona Rinaldi Gallicani, in

Roma, via Baldo degli Ubaldi n. 66, giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata ex lege in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Emilia Romagna n. 33/16/10, depositata il 15 marzo 2010.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 6 giugno 2017

dal Consigliere Dott. Giuseppe Fuochi Tinarelli;

Letta la memoria depositata dall’Avv. Montagnani per il ricorrente.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

Che:

– P.V. impugna per cassazione la decisione della CTR dell’Emilia Romagna che, confermando la sentenza della CTP di Forlì, aveva ritenuto legittimo l’accertamento del maggior reddito, ai fini Iva, Irpef ed Irap per il 2002, in applicazione degli studi di settore, assumendo, con tre motivi, la violazione di legge per essersi la decisione discostata dai principi affermati dalle Sezioni Unite, omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione restando i ricavi dichiarati nell’ambito dell’ambito di confidenza ed attesa la mancata applicazione dello studio di settore più evoluto, nonchè la violazione di legge in punto di ripartizione dell’onere della prova.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Che:

– il ricorso è infondato, dovendosi esaminare unitariamente i motivi tra loro strettamente connessi, atteso che, secondo la costante e consolidata giurisprudenza della Corte, “la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standards” in sè considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. In tale fase, infatti, quest’ultimo ha la facoltà di contestare l’applicazione dei parametri provando le circostanze concrete che giustificano lo scostamento della propria posizione reddituale, con ciò costringendo l’ufficio – ove non ritenga attendibili le allegazioni di parte – ad integrare la motivazione dell’atto impositivo indicando le ragioni del suo convincimento. Tuttavia, ogni qual volta il contraddittorio sia stato regolarmente attivato ed il contribuente ometta di parteciparvi ovvero si astenga da qualsivoglia attività di allegazione, l’ufficio non è tenuto ad offrire alcuna ulteriore dimostrazione della pretesa esercitata in ragione del semplice disallineamento del reddito dichiarato rispetto ai menzionati parametri” (Cass. n. 11633 del 2013; Cass n. 17646 del 2014; Cass. n. 10047 del 2016; v. anche Cass. n. 14288 del 2016);

– nella specie il contraddittorio è stato regolarmente instaurato, determinando, tra l’altro, una sensibile riduzione degli importi contestati, senza che, per contro, il contribuente abbia in alcun modo efficacemente contrastato gli ulteriori concreti elementi individuati e considerati dall’Ufficio in relazione alle specifiche caratteristiche dell’attività quanto a beni personali e fattori produttivi, difettando, in ogni caso, il ricorso per cassazione di autosufficienza sia con riguardo all’invocata applicazione dello studio di settore “più evoluto” e asseritamente più favorevole (profilo che, comunque, è del tutto nuovo, poichè non risulta rivolta al giudice di merito una domanda od eccezione autonomamente apprezzabile, nulla risultando neppure dalla sentenza, nè tale domanda od eccezione è stata riportata puntualmente, nei suoi esatti termini, nel ricorso per cassazione, con altresì l’indicazione specifica dell’atto difensivo o del verbale di udienza nei quali sia stata proposta), sia con riguardo alla utile collocazione del ricavo “nell’intervallo di confidenza” dello studio di settore, affermata dal ricorrente in termini solo probabilistici, disancorati da elementi di fatto;

– il ricorso va pertanto respinto e le spese di questo giudizio regolate per soccombenza.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese di questo giudizio, che liquida in Euro 2.300,00, oltre accessori di legge e spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 6 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2017

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