Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21773 del 29/08/2019
Cassazione civile sez. III, 29/08/2019, (ud. 13/12/2018, dep. 29/08/2019), n.21773
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 6843-2017 proposto da:
IC ITALIANA COSTRUZIONI SRL, in persona dell’Amministratore Unico e
legale rappresentante p.t. Sig.ra C.A.M.G.,
P.G., L.R., elettivamente domiciliati in ROMA,
PIAZZA B.CAIROLI 2, presso lo studio dell’avvocato ST.LEG.AVV.
ORAZIO CASTELLANA ST. C&C PARTNERS, rappresentati e difesi
dall’avvocato TOMMASO SAVITO giusta procura speciale in calce al
ricorso;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI MARTINA FRANCA, in persona del Commissario Straordinario
per la gestione provvisoria del Comune e legale rappresentante pro
tempore Dott. S.F., elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA ITALO CARLO FALBO 22, presso lo studio dell’avvocato
ANGELO COLUCCI, rappresentato e difeso dall’avvocato OLIMPIA
CIMAGLIA giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 67/2016 della CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI di
TARANTO, depositata il 17/02/2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
13/12/2018 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
SGROI CARMELO, che ha concluso per il rigetto;
udito l’Avvocato ANGELO COLUCCI per delega orale.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 17/2/2016 la Corte d’Appello di Lecce ha respinto il gravame interposto dalla società I.C. Italiana Costruzioni s.r.l. e dai sigg. P.G. e L.R. in relazione alla pronunzia Trib. Taranto n. 266/201, di rigetto della domanda proposta nei confronti del Comune di Martina Franca di risarcimento dei danni lamentati in conseguenza della costruzione di una nuova gradinata dello stadio comunale (in luogo dell’abbattuto muro di cinta) in asserita violazione delle distanze e della perdita di luce, aria e visuale da parte degli immobili di loro rispettiva proprietà facenti parte di stabile prospiciente lo stadio.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la società I.C. Italiana Costruzioni s.r.l. nonchè il P. e la L. propongono ora ricorso per cassazione, affidato a 6 motivi, illustrati da memoria.
Resiste con controricorso il Comune di Martina Franca.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il 1 motivo i ricorrenti denunziano violazione dell’art. 24 Cost., artt. 872 e 2697 c.c., artt. 112 e 115 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Con il 2 motivo denunziano violazione dell’art. 872 c.c., art. 115 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Con il 3 motivo denunziano violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè “omesso esame” di fatto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Con il 4 motivo denunziano violazione dell’art. 872 c.c., D.M. n. 1444 del 1968, art. 9, art. 4 preleggi, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Con il 5 motivo denunziano violazione dell’art. 872 c.c., art. 12 preleggi, art. 23 PRG del Comune di Martina Franca, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Con il 6 motivo denunziano violazione dell’art. 872 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Il ricorso è inammissibile.
Va anzitutto osservato che esso risulta formulato in violazione del requisito a pena di inammissibilità richiesto all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, nel caso non osservato laddove viene operato il riferimento de relato ad atti e documenti del giudizio di merito (es., all'”atto di citazione notificato in data 03.03.2004″, al “contenuto dei rispettivi atti pubblici di acquisto (docc. 1-4 allegati al fascicolo di I grado)”, alla comparsa di costituzione e risposta di controparte, all’espletata CTU, alla sentenza del giudice di prime cure, all’atto di appello, ai “dati di fatto” asseritamente da “ritenersi acquisiti perchè pacifici tra le parti e mai oggetto di contestazione”, alla richiesta “nel corso del I grado di giudizio” di “CTU per la verifica delle violazioni poste in essere e del deprezzamento subito dagli immobili attorei”, alla “relazione dei tecnici progettisti”, ai “rilievi plano altimetrici in atti (cfr. all. 3 e 4 alla relazione d’ufficio del 04.02.08)”) limitandosi meramente a richiamarli, senza invero debitamente – per la parte d’interesse in questa sede-riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte Suprema di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).
Non sono infatti sufficienti affermazioni – come nel caso – apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione.
E’ al riguardo appena il caso di osservare che i requisiti di formazione del ricorso per cassazione ex art. 366 c.p.c. vanno indefettibilmente osservati, a pena di inammissibilità del medesimo.
Essi rilevano ai fini della giuridica esistenza e conseguente ammissibilità del ricorso, assumendo pregiudiziale e prodromica rilevanza ai fini del vaglio della relativa fondatezza nel merito, che in loro difetto rimane invero al giudice imprescindibilmente precluso (cfr. Cass., 6/7/2015, n. 13827; Cass., 18/3/2015, n. 5424; Cass., 12/11/2014, n. 24135; Cass., 18/10/2014, n. 21519; Cass., 30/9/2014, n. 20594; Cass., 5 19/6/2014, n. 13984; Cass., 20/1/2014, n. 987; Cass., 28/5/2013, n. 13190; Cass., 20/3/2013, n. 6990; Cass., 20/7/2012, n. 12664; Cass., 23/7/2009, n. 17253; Cass., 19/4/2006, n. 9076; Cass., 23/1/2006, n. 1221).
A tale stregua, l’accertamento in fatto e la decisione dalla corte di merito adottata e nell’impugnata decisione rimangono invero dagli odierni ricorrenti non idoneamente censurati. E in particolare la ratio decidendi secondo cui “era onere degli appellanti provare il danno asseritamente subito, per perdita di luce, di aria e di visuale”… ma non hanno indicato gli elementi da cui desumere che le su citate violazioni urbanistiche abbiano ridotto la luce, l’aria e la visuale ai lo immobili”.
Va per altro verso posto in rilievo come, al di là della formale intestazione dei motivi, i ricorrenti deducano in realtà doglianze (anche) di vizio di motivazione al di là dei limiti consentiti dalla vigente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053), nel caso ratione temporis applicabile, sostanziantesi nel mero omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, dovendo riguardare un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica, e non anche come nella specie l’illogicità, l’insufficienza o carenza della motivazione ovvero l’omesso e a fortiori l’erronea valutazione di determinate emergenze probatorie (cfr. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053, e, conformemente, Cass., 29/9/2016, n. 19312).
A tale stregua, essi prospettano in realtà la riproposizione in termini inammissibilmente di mera contrapposizione delle proprie tesi difensive già sottoposte all’attenzione di giudici di merito e dai medesimi non accolte, comportante accertamenti di fatto invero preclusi a questa Corte di legittimità, nonchè la rivalutazione delle emergenze probatorie (e in particolare delle risultanze della espletata CTU recepite nell’impugnata sentenza), laddove solamente al giudice di merito spetta individuare le fonti del proprio convincimento e a tale fine valutare le prove, controllarne la attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, non potendo in sede di legittimità riesaminarsi il merito dell’intera vicenda processuale, atteso il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore del controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 6.200,00, di cui Euro 6.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore del controricorrente.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 29 agosto 2019