Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21772 del 27/10/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 21772 Anno 2015
Presidente: CARLEO GIOVANNI
Relatore: TRAVAGLINO GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso 25309-2011 proposto da:
LISCO LUCREZIA LSCLRZ55S61A662D,

LISCO VINCENZO

LSCVCN66P19A6621, LISCO RAFFAELE LSCRFL59E22A662C,
ANCONA GRAZIA NCUGRZ34L47A662N, LISCO FILIPPO
LSCFPP54C29A662R, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA LAURA MANTEGAZZA 24, presso lo studio
dell’avvocato MARCO GARDIN, rappresentati e difesi
dall’avvocato RAFFAELE GARGANO giusta procura
speciale a margine del ricorso;
– ricorrenti contro

1

Data pubblicazione: 27/10/2015

ISTITUTO AUTONOMO CASE POPOLARI DELLA PROVINCIA BARI
06837080727 in persona del suo Direttore Generale e
legale rappresentante Avv. SABINO LUPELLI,
domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA
DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

margine del controricorso;
– controri corrente –

avverso la sentenza n. 2678/2010 del TRIBUNALE di
BARI, depositata il 31/08/2010, R.G.N. 1993/2683;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/03/2015 dal Consigliere Dott. GIACOMO
TRAVAGLINO;
udito l’Avvocato RAFFAELE GARGANO;
udito l’Avvocato SANDRO DE MARCO per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per
l’inammissibilità in subordine rigetto del ricorso;

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dall’avvocato GIUSEPPE PEPE giusta procura speciale a

I FATTI
Nell’ottobre del 1983 l’IACP di Bari convenne dinanzi al Pretore
di quella stessa città Grazia Ancona, esponendo:
– Che, a seguito della revoca dell’assegnazione di un alloggio a
Guarino Oleandro, per aver questi ceduto parte di esso in

adibito la sua porzione di immobile ad uso macelleria – r
aveva concesso a quest’ultimo il relativo godimento a titolo
di locazione;
– Che, alla morte del Lisco, avvenuta nei primi mesi del 1981,
la vedova Grazia Ancona, pur gestendo altrove, insieme con i
propri congiunti, un altro esercizio di macelleria,
pretendeva di essere succeduta al marito nel rapporto
locativo;
– Che la Ancona non aveva nessun titolo che la legittimasse a
detta successione;
tanto premesso, chiese che il giudice adito dichiarasse cessato il
rapporto di locazione, condannando la detentrice

sine titulo al

rilascio dell’immobile.
Il pretore accolse la domanda, con sentenza confermata dal
Tribunale di Bari nel dicembre del 1989.
Il ricorso per Cassazione proposto dalla Ancona e dagli eredi
Lisco venne accolto da questa Corte, che ritenne soggette alla
disciplina di cui alla legge 392/1978 le locazioni destinate ad
uso non abitativo, aventi ad oggetto immobili di proprietà

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parte a Carlo Annoscia, in parte a Nicola Lisco – che aveva

dell’IACP,

stipulate

a

seguito

di

un

provvedimento

di

assegnazione.
Il Tribunale di Bari, adito in sede di giudizio di rinvio dagli
odierni ricorrenti, rilevato il difetto della rituale ed integrale
ricostruzione dei fascicoli di parte del primo e del secondo grado

Per la cassazione della sentenza Grazia Ancona e gli eredi Lisco
ricorrono sulla base di 4 motivi di censura illustrati da memoria.
Resiste l’IACP con controricorso.
LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso è infondato.
Con il primo motivo,

si denuncia

violazione e falsa applicazione

dell’art. 345 c.p.c. nella formulazione previgente alla legge
353/1990.
Il motivo – con il quale si lamenta la mancata valutazione dei
documenti prodotti in sede di appello (elencati al folio 13
dell’odierno atto di impugnazione), in spregio al disposto
dell’art. 345 c.p.c. nel testo vigente sino al 30 aprile 1995 – è
privo di pregio.
Esso si infrange, difatti, sul corretto impianto motivazionale
adottato dal giudice pugliese nella parte in cui ha ritenuto che
la impossibilità di addivenire ad una corretta decisione
scaturisse non dalla inammissibilità dei documenti prodotti (dei
quali deve ritenersi implicito l’esame), ma dalla totale quanto
decisiva mancanza, negli atti di causa, dei fascicoli di parte di
primo e secondo grado, il che impediva, in fatto, di accertare la

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del giudizio, rigettò la domanda ritenendola non provata.

corrispondenza dei nuovo documenti a quelli ritualmente acquisiti
nel corso del processo – mentre del tutto inconferente si appalesa
il richiamo alla fattispecie dell’incolpevole smarrimento del
fascicolo – fattispecie di cui alla pronuncia di questa Corte n.
3921/1983 -, poiché di tale presupposto manca del tutto la prova

Non senza considerare ancora che, in tema di nuova documentazione
prodotta in sede di giudizio di rinvio, ancorché nel vigore
dell’art. 345 c.p.c ante riforma del 1990, le preclusioni maturate
al momento della precisazione delle conclusioni e della rimessione
della causa al collegio trovano eccezione nella sola necessità di
dare compiuta attuazione al principio del contraddittorio (Cass.
23389/2008; 7996/2010).
Con il secondo motivo,

si denuncia

ex art.- 360 n. 3 c.p.c.,

violazione e falsa applicazione di norme di diritto (artt. 389
c.p.c., 1226 c.c.); omessa, motivazione e diniego di giustizia violazione giusto processo in relazione alla domanda di ripristino
e risarcimento danni derivanti dalla esecuzione forzata di
sentenza annullata dalla Suprema Corte in ordine alla mancanza di
elementi per la pronuncia risarcitoria.
Il motivo – che lamenta la mancata liquidazione del danno subito
quantomeno su base equitativa – non può essere accolto.
Pur volendo prescindere dai suoi non marginali profili di
inammissibilità (poiché la censura di omessa pronuncia è
deducibile come motivo di impugnazione esclusivamente ai senso

g

dell’art. 360 n. 4 c.p.c.), le doglianze dei ricorrenti, nella

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in atti).

parte in cui lamentano la mancata applicazione della sentenza di
legittimità in sede di rinvio, omettono del tutto di considerare
che la pronuncia di questa Corte si era limitata ad indicare,
nella specie, la normativa applicabile (la legge 392 del 1978 in
luogo di quella sulle assegnazioni degli immobili di edilizia

La mancanza dei fascicoli di parte si poneva, pertanto, come del
tutto ostativa al nuovo esame anche alla luce delle norme di
diritto in concreto applicabili (esame avente oggetto, sul piano
del merito, la titolarità del rapporto, la prosecuzione
dell’attività commerciale, il mancato reperimento di nuovi
locali).
Con 11 terzo motivo,

si denuncia

ex art. 360 n. 5 c.p.c.

contraddittoria motivazione su di un punto rilevante della
controversia in relazione all’affermazione resa nella sentenza
impugnata per cui la Corte di Cassazione, nel merito non avendo
deciso – cassando con rinvio – se ne deduceva la necessità di
ulteriore prova sulla esistenza del danno.
Il motivo non ha giuridico fondamento.
Esso appare, difatti, intimamente contraddittorio, poiché, da un
canto, evidenzia come “la Suprema Corte non avrebbe potuto
decidere nel merito in quanto la sentenza emessa in grado di
appello dal Tribunale di Bari non recava elementi sufficienti …
non rientrando nella competenza della Corte di cassazione il
potere di procedere ad una liquidazione del danno in via
equitativa” (come testualmente si legge al folio 25 del ricorso),

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popolare).

dall’altro,

lamenta la mancata pronuncia di una sentenza

favorevole, in sede di giudizio di rinvio, proprio sulla base di
quegli stessi accertamenti di fatto cui il Tribunale di Bari era
chiamato a compiere,
apprezzamento

di

ed ai quali si era ritenuto

merito

incensurabile

in

questa

(con
sede)

Con 11 quarto motivo,

si denuncia

ex art. 360 n. 3 c.p.c.

violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., laddove il
Tribunale non ha ritenuto come pacifici e quindi non necessitanti
di alcuna prova le circostanze su cui avrebbe dovuto valutare la
domanda proposta a seguito del rinvio dalla Corte di cassazione..
La doglianza non può essere accolta, per le medesime ragioni che
hanno condotto al rigetto delle precedenti censure. Con essa,
difatti, parte ricorrente lamenta un non corretto esercizio del
proprio potere valutativo del materiale probatorio da parte del
giudice del rinvio, esercizio che, di converso, appare svolto
senza alcuna violazione di norme di diritto, poiché il tribunale
di Bari si è dichiarato impossibilitato ad emettere una sentenza
favorevole alla parte in riassunzione per evidente difetto e
‘ palese insufficienza del materiale probatorio, cagionati dalla
mancanza dei fascicoli dell’intero giudizio di merito..
Il ricorso è pertanto rigettato.
Le spese del giudizio possono essere nuovamente compensate in
questa sede, per le medesime ragioni addotte dal giudice di
appello e non espressamente censurate dinanzi a questa Corte.
P.Q.M.

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impossibilitato in assenza dei fascicoli dei gradi precedenti.

La Corte rigetta il ricorso e dichiara compensate le spese del
giudizio di Cassazione.

Così deciso in Roma, li 4.3.2015

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