Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21771 del 27/10/2016

Cassazione civile sez. VI, 27/10/2016, (ud. 13/06/2016, dep. 27/10/2016), n.21771

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

M.G., elettivamente domiciliata in Roma via Panama 52,

presso l’avv. Beatrice De Siervo (p.e.c.

beatricedesiervo-ordineavvocatiroma.org, fax n. 06/8842186) che la

rappresenta e difende insieme all’avv. Alessandra Stella (fax n.

0432/508857, p.e.c. alessandra.stella-avvocatiudine.it,) giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

nei confronti di:

S.L., elettivamente domiciliata in Roma, via A. Chinotto 1,

presso l’avv. Ermanno Pastraro, che la rappresenta e difende insieme

all’avv. Michele Mellano, giusta procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 32/2013 della Corte di appello di Trieste,

emessa il 4 novembre 2013 e depositata il 27 novembre 2013, n. R.G.

135/2013;

Rilevato che in data 22 aprile 2016 è stata depositata relazione ex

art. 380 bis c.p.c. che qui si riporta.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

Che:

1. S.L. adiva il Tribunale di Udine affinchè le attribuisse la quota di reversibilità di sua spettanza della pensione dell’ex marito C.M., deceduto nel (OMISSIS). I due coniugi avevano contratto matrimonio (OMISSIS) era stata pronunciata sentenza di cessazione degli effetti civili.

2. Si costituiva M.G., coniuge superstite del C., con il quale aveva iniziato una convivenza nel (OMISSIS) e aveva contratto matrimonio nel (OMISSIS), opponendosi alla domanda della S. o chiedendone una liquidazione non superiore al 20% dell’ammontare.

3. Il Tribunale di Udine attribuiva il 60% della pensione alla S. e il 40%. alla M..

4. M.G. ricorreva in appello.

5. La Corte d’appello di Trieste confermava la sentenza di primo grado, ritenendo che il Tribunale avesse ben applicato i principi giurisprudenziali in base ai quali in materia di ripartizione del trattamento di reversibilità qualora vi sia un concorso tra coniuge divorziato e coniuge superstite si deve tenere in considerazione in primo luogo la durata dei rispettivi matrimoni e in secondo luogo, come ulteriore criteri ponderativi, dell’entità dell’assegno di mantenimento, riconosciuto all’ex coniuge, delle condizioni economiche di entrambi, dell’eventuale convivenza precedente il secondo matrimonio.

6. M.G. ricorre in Cassazione e censura la sentenza d’appello per i seguenti motivi:

a) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c.: la ricorrente ritiene che la Corte territoriale avrebbe dovuto conferire centralità ai dati non contestati relativi alle diverse condizioni reddituali e patrimoniali delle parti e all’elevato tenore di vita goduto dalla M. in costanza di matrimonio.

b) violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.: la ricorrente censura la sentenza di appello perchè ha assunto come pacifica la circostanza del dissesto della società riferibile al C. che invece non è stata affatto provata nel corso del giudizio.

c) violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, ART. 9, commi 2 e 3, come modificato dalla L. n. 74 del 1987: la ricorrente rileva che sia il Tribunale che la Corte d’appello hanno tenuto conto del percepimento da parte della M. di due pensioni di reversibilità, senza considerare però che una delle due pensioni trae origine da un lavoro svolto dal C. nel periodo successivo al passaggio in giudicato della sentenza di divorzio cosicchè nessun diritto può vantare su di essa la S..

d) violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5 e art. 9, comma 3, come modificati dalla L. n. 74 del 1987 per erronea individuazione del momento in relazione al quale effettuare l’indagine valutativa e per inosservanza della ratio dell’istituto ed errata e falsa applicazione dei criteri rilevanti ai fini della ripartizione della pensione di reversibilità. La ricorrente censura la sentenza d’appello nella parte in cui opera un giudizio prognostico e ritiene che la situazione debitoria del defunto signor C. avrebbe comportato un peggioramento del tenore di vita goduto dalla M. in costanza di matrimonio; la ricorrente ritiene che la Corte non abbia correttamente applicato l’interpretazione giurisprudenziale dell’art. 9 in base alla quale la quota di reversibilità deve riferirsi alla situazione esistente al momento del decesso, e non a fatti sopravvenuti. Infine la ricorrente propone questione di costituzionalità relativa alla interpretazione corrente (cfr. C. Cost. n. 491/2000) della L. n. 898 del 1970, art. 9, COMMA 3 secondo cui è necessario tenere conto della durata del rapporto con il coniuge intendendo la durata del rapporto matrimoniale anche dopo la separazione ed escludendo il periodo di convivenza precedente la celebrazione del secondo matrimonio.

7. Si difende con controricorso S.L. ed eccepisce in particolare l’inammissibilità del terzo motivo di ricorso in quanto la controparte avrebbe dovuto eccepire e provare già in primo grado la estraneità della pensione percepita dalla Gestione Lavoratori Parasubordinati al diritto di concorso del coniuge divorziato.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

che:

8. I primi due motivi di ricorso che possono essere esaminati congiuntamente appaiono ipotizzare una lesione astratta delle norme e dei principi giurisprudenziali invocati senza prendere in considerazione la concreta ratio decidendi e la valutazione del materiale istruttorio compiuta dalla Corte d’appello e per altro verso non tengono conto del rilievo del tutto marginale o inesistente che le considerazioni della Corte di appello hanno avuto nel giustificare la propria decisione di conferma della sentenza di primo grado. Per quanto riguarda poi la deduzione di un tenore di vita molto alto goduto dalla odierna ricorrente a causa dei cospicui redditi percepiti dal coniuge la Corte di appello ha rilevato la mancanza di una prova specifica e la contraddittorietà dell’affermazione con quella, pure spesa dalla ricorrente, secondo cui la situazione debitoria al momento della morte del C. era particolarmente gravosa tanto che ella si era vista costretta ad accettare l’eredità con beneficio di inventario. I motivi devono pertanto ritenersi inammissibili o comunque infondati alla luce della giurisprudenza secondo cui “il meccanismo divisionale non è strumento di perequazione economica fra le posizioni degli aventi diritto, ma è preordinato alla continuazione della funzione di sostegno economico, assolta a favore dell’ex coniuge e del coniuge convivente, durante la vita del dante causa, rispettivamente con il pagamento dell’assegno di divorzio e con la condivisione dei rispettivi beni economici da parte dei coniugi conviventi” (Cass. civ. sez. 1 n. 16093 del 21 (OMISSIS)).

9. Il terzo motivo se ritenuto ammissibile appare manifestamente fondato dato che il diritto al concorso sulla relativa pensione di riversibilità si riferisce pacificamente a un periodo lavorativo del Camini successivo alla sentenza di divorzio.

10. Il quarto motivo si articola in due parti la prima attiene al rilievo che la Corte di appello avrebbe dato allo sviluppo della situazione economica lasciata dal C. mentre la Corte di merito si sarebbe dovuta limitare a valutare proprio la situazione esistente al momento dell’insorgenza del suo diritto e cioè al momento della morte del coniuge. In realtà la Corte di appello ha valutato proprio tale momento temporale sulla base delle stesse deduzioni della M. riportate nel ricorso. La seconda parte del motivo attiene invece alla interpretazione e applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 9, comma 3. La ricorrente deduce una contrarietà al dettato costituzionale della norma anche se interpretata alla luce della sentenza n. 491 del 2000 della Corte Costituzionale perchè non consentirebbe una adeguata valorizzazione della convivenza prematrimoniale precedente al secondo matrimonio e perchè valorizzerebbe invece ai fini della durata del matrimonio anche il periodo di separazione dei coniugi dall’introduzione del relativo giudizio alla definizione di quello di divorzio.

11. In realtà la giurisprudenza di questa Corte (si vedano in particolare le sentenze della Cass. civ. sez. 1 n. 23379 del 16 febbraio 2004, n. 26358 del 7 dicembre 2011 e n. 16093 del 21 settembre 2012), sulla scia della citata sentenza della Corte Costituzionale, ha superato da tempo questa rigida interpretazione legata alla considerazione della durata giuridica del matrimonio e alla estraneità testuale della rilevanza della convivenza di fatto nell’espressione “durata del matrimonio”. Nella specie se è vero che il matrimonio fra la M. e il C. è durato 4 anni è anche vero che esso è stato preceduto da una stabile convivenza durata ben 17 anni dal (OMISSIS) mentre il primo matrimonio con S.L. è stato celebrato nel (OMISSIS) e sciolto definitivamente con la sentenza di divorzio pronunciata nel (OMISSIS) dopo che nel (OMISSIS) era intervenuta la fine della convivenza fra i coniugi. Nonostante il corretto richiamo della giurisprudenza di legittimità appare chiaramente che la Corte di appello ha considerato il rilievo attribuito alla convivenza pre-matrimoniale come un mero correttivo frustrando almeno in parte quanto affermato dalla stessa giurisprudenza di legittimità secondo cui “la ripartizione del trattamento di reversibilità tra coniuge divorziato e coniuge superstite, entrambi aventi i requisiti per la relativa pensione, va effettuata, oltre che sulla base del criterio della durata dei matrimoni, ponderando ulteriori elementi correlati alla finalità solidaristica dell’istituto, tra i quali va considerata la durata delle convivenze prematrimoniali, dovendosi riconoscere alla convivenza “more uxorio” non una semplice valenza “correttiva” dei risultati derivanti dall’applicazione del criterio della durata del rapporto matrimoniale, bensì un distinto ed autonomo rilievo giuridico, ove il coniuge interessato provi stabilità ed effettività della comunione di vita prematrimoniale”. Nè la Corte distrettuale ha tenuto conto della necessità di tenere conto sia della durata legale che della durata effettiva del matrimonio nel caso in cui la cessazione della convivenza, come nel caso in esame, assuma un rilievo temporale significativo.

12. Il ricorso può pertanto ritenersi fondato alla luce della giurisprudenza di questa Corte limitatamente al terzo motivo se ritenuto ammissibile e alla seconda parte del quarto motivo.

13. Sussistono a giudizio del relatore le condizioni per la discussione del ricorso in camera di consiglio e se la Corte condividerà la relazione, per l’accoglimento, per le ragioni su esposte, del quarto motivo di ricorso ed eventualmente del terzo motivo di ricorso.

La Corte, letta la memoria difensiva della ricorrente che non apporta ulteriori elementi di valutazione, e ritenuta la fondatezza della eccezione di inammissibilità del terzo motivo di ricorso, condivide solo in parte la relazione sopra riportata per ciò che concerne il primo e il secondo motivo e la prima parte del quarto motivo, mentre non condivide la relazione quanto alla seconda parte del quarto motivo;

Ritiene infatti la Corte che la decisione adottata può ritenersi conforme alla giurisprudenza di legittimità sopra citata dato che è stata di fatto sostanzialmente equiparata la durata dei due rapporti con la conseguenza dell’attribuzione del 40% della pensione di reversibilità in favore della ricorrente nonostante la durata di gran lunga inferiore del suo matrimonio. Il che significa che non può considerarsi la valutazione, da parte dei giudici di merito, del periodo di convivenza fra la M. e il C., come un semplice criterio correttivo e pertanto deve ritenersi la decisione conforme alla giurisprudenza di legittimità più recente sulla necessità della ponderazione della durata della convivenza prematrimoniale con il coniuge superstite.

Va pertanto respinto il ricorso. Sussistono con evidenza le ragioni richieste dalla legge per la compensazione integrale delle spese processuali in ragione della fluidità della giurisprudenza in questa materia.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio di cassazione. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dell’art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2016

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