Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21771 del 20/09/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 20/09/2017, (ud. 05/06/2017, dep.20/09/2017),  n. 21771

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17945/2010 R.G. proposto da:

S.L., rappresentato e difeso dagli avv. Ugo Gaeta e Guido

Gaeta, con domicilio eletto in Roma, via G. Palumbo 26, presso la

società EP S.p.A.;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi 12, presso 12, l’Avvocatura

Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Campania n. 276/34/2009, depositata il 23 dicembre 2009.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 5 giugno 2017

dal Consigliere Dott. Giuseppe Tedesco.

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto che il contribuente ha proposto ricorso per cassazione contro la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania (Ctr), che ha accolto l’appello proposto dall’Amministrazione finanziaria contro la sentenza di primo grado, favorevole per la stessa contribuente, in relazione a cartella di pagamento emessa a seguito del disconoscimento di crediti Irpef e Iva per l’anno 1999, riportati nella dichiarazione Modello Unico 2000 e poi utilizzati in compensazione con la dichiarazione dell’anno 2002, essendo state omesse le dichiarazioni per gli anni 2000 e 2001;

che il ricorso è proposto sulla base di tre motivi il primo dei quali deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 28 e 30, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

che la sentenza è censurata per non avere tenuto conto del principio secondo cui, una volta che il credito sia stato riportato nella dichiarazione relativa all’annualità in cui esso è maturato (nella specie nella dichiarazione presentato nel 2000 per l’anno 1999), l’omesso riporto del credito nelle dichiarazioni successive non comporta alcun pregiudizio al diritto di detrazione, atteso che “la decadenza dal diritto è comminata dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 28, soltanto per il caso in cui il credito o l’eccedenza di imposta non sia indicata nella prima dichiarazione utile”;

che il motivo è infondato;

che nel ricorso è menzionata la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale, qualora il contribuente fruisca di un credito di imposta per un determinato anno e lo esponga nella dichiarazione annuale, se omette di riportarlo nella dichiarazione relativa all’anno successivo non perde il diritto alla detrazione, atteso che la decadenza dal diritto è comminata, dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 28, comma 4, soltanto per il caso in cui il credito (o l’eccedenza di imposta versata) non venga indicato nella prima dichiarazione utile (Cass. n. 13056 del 14/07/2004); il che è vero, ma non è men vero che “(…) il D.P.R. n. 322 del 1998, art. 8, che disciplina termini e modi per la presentazione (comma 1) e per la rettifica (comma 6 in relazione all’art. 2, commi 8 e 8-bis) della dichiarazione annuale in materia di Iva, al comma 3 prescrive, inoltre, che le detrazioni sono esercitate entro il termine stabilito dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, comma 1, secondo periodo, cioè entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto” (Cass., S.U., n. 17757/2016);

che nel caso di specie il credito del 1999 stato sì indicato nella dichiarazione relativa a tale annualità, ma è stata poi omessa la dichiarazione per gli anni 2000 e 2001 e il credito fu infine riportato in detrazione nella dichiarazione relativa all’anno 2002, oltre il termine di decadenza imposto dalla legge per l’esercizio del relativo diritto;

che nella specie, come appena anticipato, le dichiarazioni successive a quella di maturazione del credito (annualità 2000 e 2001) furono omesse, ma è ovvio che ciò non ha alcuna rilevanza, nel senso che tale omissione non trasforma la dichiarazione per l’anno 2002 nella prima dichiarazione utile successiva, come invece sembra sostenere il contribuente, nè tale trasformazione diventa configurabile solo perchè le dichiarazioni omesse furono oggetto di condono tombale (peraltro neanche consentito in materia di Iva);

che il credito del 1999, pertanto, non poteva essere utilizzato con la dichiarazione dell’anno 2002, ma avrebbe potuto costituire solo oggetto di domanda di rimborso;

che, mutatis mutandis, è infondato il secondo motivo, il quale deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 17, comma 1, posto che la possibilità di avvalersi della compensazione prevista dalla disposizione in argomento incontra il limite temporale della data di presentazione della successiva dichiarazione (cioè la compensazione deve avvenire entro la data di presentazione della dichiarazione successiva a quella cui il credito è nato), oltre al fatto che i crediti da utilizzare per la compensazione devono riferirsi “allo stesso periodo” (Cass. n. 15124/2006);

che il terzo motivo, in quanto pone le medesime questioni dal punto di vista del vizio di motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n 5, è assorbito;

che il ricorso, pertanto, va rigettato.

PQM

 

rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nell’importo di Euro 2.300,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 5 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2017

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