Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21768 del 09/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 09/10/2020, (ud. 23/09/2020, dep. 09/10/2020), n.21768

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – rel. Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8196-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, (OMISSIS), in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

FLAMINIA 135, presso lo studio dell’avvocato PIERLUIGI GIAMMARIA,

rappresentata e difesa dagli avvocati MAURIZIO CIMETTI, GIUSEPPE

PARENTE;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati

GIUSEPPE MATANO, EMANUELE DE ROSE, CARLA D’ALOISIO, ESTER ADA VITA

SCIPLINO, ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO;

– controricorrente –

contro

T.D.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 355/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 05/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/09/2020 dal Presidente Relatore Dott. ADRIANA

DORONZO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

con sentenza pubblicata in data 5/9/2017, la Corte di Appello di Venezia ha parzialmente accolto l’appello proposto da Equitalia nord S.p.A. contro la sentenza di primo grado che, su ricorso di T.D., aveva annullato una serie di cartelle di pagamento, aventi ad oggetto contributi previdenziali non versati all’Inps; per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha rigettato le opposizioni proposte dal T. relative ad alcune cartelle di pagamento, mentre ha confermato per il resto la sentenza impugnata;

ad avviso della Corte territoriale, e per quanto ancora di rilievo in questa sede, i crediti previdenziali portati nelle cartelle oggetto dell’opposizione e annullate dal tribunale erano prescritti essendo decorsi cinque anni tra la notifica delle cartelle (avvenuta negli anni 2002-2003) e il primo atto interruttivo della prescrizione, (costituito per quanto riguarda le cartelle (OMISSIS) e (OMISSIS) da preavviso di iscrizione di Fermo, notificato in data 13/9/2008);

per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso l’Agenzia delle Entrate – Riscossione, quale ente pubblico economico subentrato a titolo universale nei rapporti giuridici attivi e passivi di Equitalia servizi di riscossione S.p.A., affidato ad un unico motivo; l’intimato T. non ha svolto attività difensiva, mentre ha resistito con controricorso l’Inps;

è stata depositata la proposta del relatore ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente notificata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con l’unico articolato motivo di ricorso, la Agenzia delle entrate-riscossione deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2946 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per non avere la Corte territoriale applicato il termine di prescrizione ordinario decennale, trattandosi di crediti iscritti a ruolo ed oggetto di cartelle di pagamento non impugnate, evidenziandosi come l’applicabilità del predetto termine ordinario ai crediti di cui alle cartelle di pagamento non opposte deriverebbe non dall’art. 2953 c.c., ma dal fatto che l’Agente di Riscossione avrebbe azionato un credito diverso rispetto all’originario, siccome novato dal punto di vista soggettivo a seguito della formazione del ruolo e della conseguente cartella di pagamento e divenuto “irretrattabile” a seguito della mancata opposizione nei termini della cartella di pagamento; tale diritto si prescriverebbe nell’ordinario termine decennale di cui all’art. 2946 c.c.;

tale conclusione discenderebbe dall’intero sistema e sarebbe confermato dal D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 39, nonchè dello stesso D.Lgs., art. 20, comma 6, a norma del quale, successivamente al discarico dell’agente della riscossione per l’accertata inesigibilità del credito iscritto a ruolo, l’ente creditore ha la possibilità di riaffidare le somme in riscossione, comunicando all’agente nuovi beni da sottoporre all’esecuzione, il tutto alla “condizione che non sia decorso il termine di prescrizione decennale”;

il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1, avendo la Corte territoriale deciso la questione in modo conforme al principio di diritto affermato dalle Sezioni unite con la sentenza n. 23397 del 17 novembre 2016 secondo cui “La scadenza del termine pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 3, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senta determinare anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo la L. n. 333 del 1993, art. 3, commi 9 e 10), in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c.. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Lo stesso vale per l’avviso di addebito dell’INPS, che, dall’1 gennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (D.L. n. 78 del 2010, art. 30, conv., con modif., dalla L. n. 122 del 2010).”.

Le argomentazioni contenute nel ricorso non valgono a scalfire le ragioni di cui alla motivazione della citata sentenza n. 23397/2016 (qui da intendersi richiamata anche ai sensi dell’art. 118 c.p.c., comma 1) e che ha trovato conferma in innumerevoli successive pronunce (Cass. n. 23418 del 27 settembre 2018; Cass. 1088/2019, Cass. n. 6888/2019);

l’affidamento in riscossione, ai sensi di legge e secondo le modalità previste per le imposte dirette (L. n. 576 del 1980, art. 18, comma 5, seconda parte, in relazione al D.P.R. n. 602 del 1973) comporta, per un verso, la preposizione del concessionario quale adiectus solutionis causa (art. 1188 c.c.), e, per altro verso, assume i contenuti propri del mandato, con rappresentanza ex lege, a compiere quanto necessario perchè il pagamento possa avvenire, in forma spontanea, oppure anche a dare corso alle azioni esecutive secondo la disciplina propria dell’esecuzione forzata speciale (Cass. n. 27218 del 26 ottobre 2018, in motivazione), e non certo una novazione soggettiva dell’originaria obbligazione come pure sostenuto nel motivo;

a questa tesi neppure giova il richiamo al D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 20, comma 6, che prevede un termine di prescrizione strettamente inerente al procedimento amministrativo per il rimborso delle quote inesigibili, che in alcun modo può interferire con lo specifico termine di prescrizione previsto dalla legge per azionare il credito nei confronti del debitore (in tal senso da ultimo, Cass. 8/3/2019, n. 6888, nonchè Cass. 17/1/2019,n. 1088);

da queste considerazioni consegue l’inammissibilità del ricorso;

le spese seguono la soccombenza nei confronti del controricorrente e si liquidano come da dispositivo in relazione al valore della controversia;

nessun provvedimento sulle spese deve adottarsi nei confronti della parte che non ha svolto attività difensiva;

sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013), se ed in quanto dovuto.

P.Q.M.

La corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese processuali, che si liquidano in Euro 3500 per compensi professionali e Euro 200 per esborsi, oltre al 15% di rimborso forfettario per spese generali e altri accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 23 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2020

 

 

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