Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21764 del 26/10/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 21764 Anno 2015
Presidente: IACOBELLIS MARCELLO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

Data pubblicazione: 26/10/2015

ORDINANZA
sul ricorso 10613-2013 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 11210661002, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

SOLAGRITAL SCARL IN L.C.A.;
Intimatia-

avverso la sentenza n. 102/1/2012 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di CAMPOBASSO del 25/06/2012, L
,(

depositata il 15/10/2012;

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71g

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
16/09/2015 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

C.ARACCIOLO.

Ric. 2013 n. 10613 sez. MT – ud. 16-09-2015
-2-

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria
la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,

osserva:
La CTR di Campobasso ha rigettato l’appello principale dell’Agenzia ed accolto
quello incidentale della “Solagrital soc coop a r.l.” (in liquidazione coatta
amministrativa) -appelli proposti contro la sentenza n.102/03/2011 della CTP di
Campobasso che aveva accolto parzialmente il ricorso della società contribuente- ed
ha così annullato integralmente l’avviso di accertamento, relativo ad PIA 2006, a
mezzo del quale era stata contestata l’indebita detrazione dell’imposta gravante
sull’imponibile complessivo di C 380.000,00 giacché inerente ad operazioni passive
realizzate “con finalità elusive”, sicché era stata disconosciuta la detraibilità di C
76.000,00.
La predetta CTR —dato atto che si era trattato di contratto di affitto di ramo di azienda
stipulato in forma pubblica ex art.2556 cod civ, in relazione al quale la Solagrital
aveva dato esecuzione difforme dalle clausole contrattuali, vuoi annotando
anticipatamente la fattura del canone di affitto rispetto all’avveramento di una
condizione sospensiva, vuoi corrispondendo in unica soluzione anticipata il canone

letti gli atti depositati,

annuo da versarsi a rate trimestrali e provvedendovi con compensazione delle poste
reciproche anzicchè con versamento di bonifico- ha motivato la decisione ritenendo
che, se non lesivo per il creditore, il pagamento di un debito può essere
legittimamente effettuato in anticipo rispetto alla scadenza, senza necessità di
apposita pattuizione, e che l’effetto estintivo della compensazione non dipende dalla
concorde volontà delle parti. Pertanto, ai predetti fini non poteva considerarsi i(1
necessaria la rinegoziazione del rapporto in relazione alle modalità di adempimento.

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Quanto poi alla opponibilità al Fisco di siffatta modalità di attuazione dei patti
intercorsi tra le parti (atteso che l’Agenzia ne disconosceva gli effetti sulla scorta del
vantaggio abusivo derivante dalla anticipata maturazione del credito di imposta a
favore della Solagrital, che sarebbe risultata invece in debito di imposta se il
pagamento fosse avvenuto secondo le prefigurate rateizzazioni) la CTR evidenziava

effettivo versamento di tributo, meramente anticipato, senza che ne potesse derivare
danno alcuno per il Fisco ( “che riscuote prima quello che avrebbe riscosso dopo”) e
senza utilità per la parte contribuente perché anche in caso di pagamenti trimestrali
l’imposta versata sarebbe risultata pari a quanto versato per il pagamento in unica
soluzione. D’altronde, l’anticipazione risultava preordinata onde determinare “la
coesistenza dei crediti reciproci ai fini della loro estinzione per compensazione”,
sicché la ragione economica sottostante contrastava logicamente con l’intento
abusivo.
L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo.
La parte contribuente non ha svolto attività difensiva.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore, componente
della sezione di cui all’art.376 cpc- può essere definito ai sensi dell’art.375 cpc.
Infatti, con il motivo di impugnazione (centrato sulla violazione dell’art.19 del DPR
n.633/1972 e dell’art.2556 cod civ, nonché sulla “contraddittoria motivazione della
sentenza”) la parte ricorrente si duole che il giudicante abbia ritenuto legittima la
“compensazione”, mentre “in campo tributario, ed in particolare nel settore IVA, la
descritta compensazione per la regolazione di rapporti di debito/creditodi natura
civilistica intercorrenti tra operatori economici non può operare in modo diverso da
quello pattuito”. Si duole poi che la CTR abbia violato l’art.2556 cod civ ritenendo
che l’atto pubblico con il quale era stata stipulato l’affitto di azienda fosse
modificabile senza necessità di ricorrere ad un nuovo atto pubblico. Si duole ancora
che la CTR abbia ritenuto insussistenti i presupposti dell’abuso del diritto, per quanto
nel caso di specie “gli elementi precisi e concordanti evidenziati dai verificatori e
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che il credito di imposta non scaturiva da un artificio contabile elusivo ma da un

riportati nella parte in fatto del presente atto non possono non indurre a fondatamente
ritenere che, tramite il pagamento anticipato del canone e la disposta compensazione,
sia stato realizzato un abuso del diritto, in assenza di valide prove contrarie da parte
della società. Si duole infine della contradditorietà della parte motiva della decisione,
giacché la CTR aveva affermato, da un canto, che l’operazione non era tornata utile

economico contrastante con l’intento abusivo.
Anche a non voler tenere conto della promiscua formulazione di censure distinte nel
contesto di un unico motivo (che possono essere tenute tra loro logicamente distinte),
l’impugnazione deve considerarsi per più versi inammissibile e per un verso
manifestamente infondata.
Inammissibili la censura concernente l’affermata illegittimità della compensazione
“in campo tributario”, atteso che la parte ricorrente non identifica alcuna norma che
preveda un tale precetto e che dovrebbe perciò ritenersi violata dal giudicante; quella
concernente il disconosciuto “abuso del diritto”, perché il motivo si compendia in una
semplice affermazione tautologica, cui si aggiunge l’affermazione del difetto di prova
valida da parte della ricorrente Solagrital, senza che nulla sia detto in ordine alle
ragioni per la quale il giudicante avrebbe violato specifiche disposizioni di legge o
principi di diritto; quella concernente la contraddittorietà della motivazione, alla luce
del fatto che l’art.360 co.1 n.5 non contempla più (in relazione alla formula vigente
all’epoca in cui è stata depositata la sentenza qui impugnata: 15.10.2012) il vizio di
contraddittorietà della motivazione.
Venendo poi alle questioni che appaiono manifestamente infondate, per tale si palesa
quella concernente la violazione dell’ar12556 cod civ il quale, nel prevedere che
necessiti la forma scritta per i contratti che trasferiscono il godimento dell’azienda
intercorsi tra imprese soggette a registrazione, lo richiede “ad probationem tantum”
(secondo la costante ed incontraddetta interpretazione che ne fa la Suprema Corte: si
veda, da ultimo, Cass. Sez. 2, Sentenza n. 18409 del 27/08/2014).

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alla contribuente e, dall’altro, aveva affermato che sussistesse senz’altro l’obiettivo

Si applica perciò anche alla specie di causa il principio secondo cui:” La risoluzione
per mutuo consenso di un contratto, atteso il principio della libertà di forme, non deve
necessariamente risultare da un accordo esplicito dei contraenti diretto a sciogliere il
contratto, ma può risultare anche da un comportamento tacito concludente, a meno
che per il contratto da risolvere non sia richiesta la forma scritta “ad substantiam”.

ad integrare detta manifestazione tacita della volontà di sciogliere il contratto,
subendo gli effetti relativi, è sindacabile in sede di legittimità solo nei limiti di cui
all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 15264 del 04/07/2006).
A maggior ragione, l ‘anzidetta regola deve considerarsi valida per le ipotesi in cui
non si tratta di risoluzione per mutuo consenso ma di semplice modifica di clausole
operative, utili ai fini della concreta esecuzione del rapporto negoziale.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per
manifesta infondatezza ed inammissibilità.
Roma, 20 dicembre 2014

ritenuto inoltre:
che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i
motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato;
che le spese di lite non necessitano di regolazione, atteso che la parte vittoriosa
non si è costituita.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.
Così deciso in Roma il 16 settembre 2015
Il Pre de te

L’apprezzamento del giudice di merito circa l’idoneità dei comportamenti delle parti

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