Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21764 del 07/09/2018
Cassazione civile sez. VI, 07/09/2018, (ud. 22/05/2018, dep. 07/09/2018), n.21764
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. MANZON Enrico – Consigliere –
Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 1222/2017 proposto da:
S.A.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE
VATICANO n. 46, presso lo studio dell’avvocato MAURO RUFINI, che lo
rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI LESINA, C.F. (OMISSIS), in persona del Sindaco e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
RAFFAELE CAVERNI n. 6, presso lo studio dell’avvocato MICHELE DI
CARLO, rappresentato e difeso dall’avvocato MARIA GRAZIA ROMANO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1784/25/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE DI BARI SEZIONE DISTACCATA di FOGGIA, depositata il
08/07/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non
partecipata del 22/05/2018 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO.
Fatto
RAGIONI DELLA DECISIONE
La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito del D.L. n. 168 del 2016, art. 1 bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue;
Con sentenza n. 1784/25/2016, depositata l’8 luglio 2016, non notificata, la CTR della Puglia – sezione staccata di Foggia – accolse l’appello proposto dal Comune di Lesina nei confronti del sig. S.A.N. avverso la sentenza della CTP di Foggia, che aveva invece accolto il ricorso del contribuente avverso avviso di accertamento per TARSU relativa agli anni dal 2003 al 2007.
Avverso la sentenza della CTR il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui resiste con controricorso il Comune di Lesina.
1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 3 e art. 18, comma 2, lett. d) ed e), sul presupposto che – non avendo chiesto il Comune nelle proprie conclusioni altro che il rigetto dell’avverso ricorso – la sentenza impugnata dovrebbe configurarsi come sentenza “della terza via”.
2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, nella parte in cui la sentenza impugnata avrebbe deciso su domande del Comune da intendersi come domande nuove perchè non proposte in primo grado.
3. I motivi sono entrambi inammissibili.
3.1. Il primo, perchè piuttosto che riferito alla sentenza impugnata, della quale non è riportata parte alcuna, salvo ad indicarla genericamente come “sentenza della terza via”, attiene essenzialmente alle modalità di formulazione degli atti di controparte nel giudizio di merito.
3.2. Il secondo è inammissibile per carenza di autosufficienza.
Questa Corte ha avuto modo di precisare che, anche quando il ricorrente si dolga di un error in procedendo del giudice, l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità, presuppone che la parte, nel rispetto del principio di autosufficienza, riporti, nel ricorso stesso, gli elementi ed i riferimenti atti ad individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio processuale, onde consentire alla Corte di effettuare, senza compiere generali verifiche degli atti, il controllo del corretto svolgersi dell’iter processuale (cfr., tra le altre, Cass. sez. 5, 30 settembre 2015, n. 19140; Cass. sez. lav. 8 giugno 2016, n. 11738).
Al riguardo il ricorso si pone in termini assolutamente generici, non consentendo quindi alla Corte di effettuare, senza una verifica generale degli atti, il controllo in ordine al preteso mancato rilievo, da parte della sentenza impugnata, della violazione del divieto di proposizione di domande nuove in appello da parte del Comune appellante.
Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile.
4. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.400,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, se dovuti.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 maggio 2018.
Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2018