Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21762 del 27/10/2016


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Cassazione civile sez. II, 27/10/2016, (ud. 14/09/2016, dep. 27/10/2016), n.21762

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

ricorso 7117-2015 proposto da:

B.N., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

DONATELLO 71, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO MARIO MOIO,

rappresentato e difeso dall’avvocato MICHELE GUIDI;

– ricorrente –

contro

P.E. PTIRST37C06C875D, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA G.G. BELLI, 27, presso lo studio dell’avvocato GIAN MICHELE

GENTILE, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

A.G.L. s.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore,

Condominio (OMISSIS), ora (OMISSIS) in persona dell’Amministratore

pro tempore;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1779/2014 del TRIBUNALE di LATINA, depositata

il 25/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/09/2016 dal Consigliere Dott. LUIGI GIOVANNI LOMBARDO;

udito l’Avvocato MICHELE GUIDI, difensore del ricorrente, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso, in particolare riguardo al primo

motivo e delle conseguenti statuizioni;

udito l’Avvocato GIAN MICHELE GENTILE, difensore del

controricorrente, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo e

per l’assorbimento dei restanti motivi di ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. – Con sentenza n. 1575 del 2003, il Tribunale di Latina confermò la sentenza del Pretore della stessa città che – pronunciando sulla domanda di risarcimento del danno proposta da B.N. nei confronti di P.E., della società AGL s.p.a. e del condominio dell’edificio – aveva: dichiarato il difetto di legittimazione passiva del P.; rigettato la domanda riconvenzionale ex art. 96 c.p.c. da quest’ultimo proposta; rigettato la domanda attorea proposta nei confronti del condominio; accolto infine la domanda del B. nei confronti società AGL s.p.a.

2. – A seguito di ricorso per cassazione proposto dal P., questa Corte, con sentenza n. 5567 del 2010, cassò la sentenza di appello, con rinvio ad altra sezione del Tribunale di Latina, limitatamente alla statuizione di rigetto del motivo di gravame col quale si lamentava l’erroneità della disposta compensazione delle spese del giudizio di primo grado tra il B. e il P..

3. – Il Tribunale di Latina, in composizione monocratica, pronunziando quale giudice di rinvio, condannò B.N. a rifondere al P. le spese dell’intero giudizio, condannandolo altresì a restituire al P. la somma riscossa a titolo di rifusione delle spese del giudizio di appello.

4. – Per la cassazione della sentenza del giudice di rinvio ricorre B.N. sulla base di tre motivi.

Resiste con controricorso P.E..

Le altre parti sono rimaste intimate.

Sia il ricorrente che il resistente hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. – Preliminarmente, va rilevata l’inammissibilità del ricorso, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, per la mancata esposizione dei fatti della causa.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3), il ricorso per cassazione deve contenere l’esposizione chiara ed esauriente, sia pure non analitica o particolareggiata, dei fatti di causa, dalla quale devono risultare le reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le giustificano, le eccezioni, le difese e le deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, lo svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni, le argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si fonda la sentenza impugnata e sulle quali si richiede alla Corte di cassazione, nei limiti del giudizio di legittimità, una valutazione giuridica diversa da quella asseritamene erronea, compiuta dal giudice di merito. Il principio di autosufficienza del ricorso impone che esso contenga tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimità in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la sentenza stessa (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 1926 del 03/02/2015, Rv. 634266). La mancanza di esposizione sommaria dei fatti della causa non può essere superata attraverso l’esame delle censure in cui si articola il ricorso, non essendone garantita l’esatta comprensione in assenza di riferimenti alla motivazione del provvedimento censurato, nè attraverso l’esame di altri atti processuali, ostandovi il principio di autonomia del ricorso per cassazione (Sez. U, Sentenza n. 11308 del 22/05/2014, Rv. 630843); deve ritenersi, in particolare, che i fatti di causa non possono ricavarsi dai motivi di ricorso, i quali, in quanto deputati a esporre le linee difensive, anche ove alludano alle fasi del giudizio, non compiono una precisa enucleazione degli stessi (Sez. 6 3, Ordinanza n. 22860 del 28/10/2014, Rv. 633187).

I principi giurisprudenziali appena richiamati sono condivisi dal Collegio.

L’art. 366 c.p.c., infatti, prevede le “condizioni formali” del ricorso, ossia i requisiti necessari di contenuto-forma che il ricorso deve sempre contenere perchè la Corte possa prenderne in esame i motivi, indipendentemente dalla fondatezza degli stessi. Tali requisiti di contenuto-forma sono tassativamente elencati dalla legge e sono prescritti a pena di inammissibilità del ricorso.

Con particolare riferimento alla “esposizione sommaria dei fatti della causa” (art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3), essa, per essere corrispondente alla prescrizione normativa, deve: a) precedere l’esposizione dei motivi ed essere distinta ed autonoma rispetto ad essa; 5) essere – per quanto sintetica o schematica – chiara e completa, in modo da porre la Corte, mediante la sua semplice lettura, in condizioni di comprendere agevolmente i termini esatti della vicenda processuale, con riferimento alle domande proposte, alle eccezioni formulate, alle statuizioni contenute nelle sentenze che hanno deciso la causa nei gradi di merito. La mancata o incompleta esposizione dei fatti della causa, nei termini anzidetti, comporta, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., l’inammissibilità del ricorso.

Orbene, nella specie, il ricorso non contiene la narrativa della vicenda processuale secondo quanto prescritto dall’art. 366 c.p.c., n. 3, essendo l’esposizione sommaria dei fatti di causa, pur presente graficamente nel ricorso sotto il titolo “Fatto”, limitata alla sola fase del giudizio di rinvio, successivo alla precedente pronuncia di questa Corte. Non v’è cenno, nell’esposizione sommaria dei fatti di causa contenuta nel ricorso, al contenuto delle domande proposte in primo grado, alle eccezioni formulate, al decisum delle varie sentenze che hanno definitivo i precedenti gradi del giudizio.

In tali termini, l’esposizione sommaria dei fatti non fornisce al Collegio la esatta e completa cognizione della vicenda processuale, necessaria ai fini della comprensione dei motivi di censura successivamente esposti; dal che l’inammissibilità del ricorso (Sez. U, Sentenza n. 16628 del 17/07/2009, Rv. 609179; cfr. anche, Sez. U, Sentenza n. 5698 del 11/04/2012, Rv. 621813; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 22860 del 28/10/2014, Rv. 633187).

2. – Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.

3. – Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto dopo il 30 gennaio 2013), sussistono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte del ricorrente, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 600,00 (seicento), di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 14 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2016

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