Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21762 del 15/10/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 21762 Anno 2014
Presidente: DI BLASI ANTONINO
Relatore: TERRUSI FRANCESCO

SENTENZA

sul ricorso 7872-2012 proposto da:
DI MARTINO PAOLO rappresentato e difeso da se
medesimo, elettivamente domiciliato in ROMA VIA
DELL’ORSO 74, presso lo studio dell’avvocato PAOLO DI
MARTINO;
– ricorrente –

2014
2526

contro
CONSORZIO BONIFICA SUD PONTINO in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA VIALE DELLE PROVINCIE 116, presso lo studio
dell’avvocato ALFREDO CARROCCIA, che lo rappresenta e
difende giusta delega a margine;

Data pubblicazione: 15/10/2014

- controricorrente

avverso la sentenza n. 22/2011 della
COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di LATINA, depositata il
07/02/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

TERRUSI;
udito per il ricorrente l’Avvocato SCHIANO delega
Avvocato DI MARTINO che ha chiesto raccoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udienza del 01/07/2014 dal Consigliere Dott. FRANCESCO

..

7872-12

Svolgimento del processo
La commissione tributaria regionale del Lazio, sez. dist.
di Latina, ha confermato la decisione con la quale la
commissione tributaria provinciale di Latina aveva
respinto un ricorso di Paolo Di Martino avverso una

bonifica relativo a un immobile sito in Salto di Fondi.
Ha motivato la decisione affermando che nella cartella
erano state riportate tutte le indicazioni necessarie alla
sua comprensione e che le doglianze avanzate dal
contribuente, in ordine all’inesistenza del beneficio
fondiario, erano da ritenere pretestuose, in quanto
l’immobile era risultato inserito all’interno di un
complesso di importanti opere di bonifica,

quali

canalizzazioni artificiali e impianti di prosciugamento,
che, assieme alla manutenzione dei canali principali e
secondari, avevano reso la zona vivibile e sicura.
Per la cassazione della sentenza, depositata il 7 febbraio
2011 e non notificata, il contribuente ha proposto ricorso
affidato a sei motivi.
Il consorzio di bonifica ha replicato con controricorso.
Il ricorrente ha depositato una memoria.
Motivi della decisione
I. – Col primo mezzo, deducendo violazione dell’art. 360,
n. 5, c.p.c., il ricorrente eccepisce la nullità della
sentenza per vizio di motivazione, in quanto in essa è

cartella esattoriale per il pagamento del contributo di

stata indicata, quale oggetto del giudizio, una cartella
diversa da quella in effetti impugnata.
Col secondo mezzo, deducendo violazione dell’art. 132, n.
4, c.p.c, il ricorrente eccepisce la nullità della
sentenza in quanto affetta da motivazione solo apparente
in ordine al rigetto dell’eccezione di carente motivazione

della cartella, non essendo stati individuati ed elencati
gli atti e gli elementi utili alla comprensione della
pretesa contributiva.
Col terzo mezzo, sempre in relazione al sopra detto
profilo, si deduce l’omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione della sentenza con riferimento
alla dedotta violazione degli artt. 2 e 7 della 1. n. 212
del 2000 e dell’art. 3 della 1. n. 241 del 1990, nonché la
violazione dell’art. 112 c.p.c., ascrivendosi alla
commissione tributaria, da un lato, di aver affermato la
completezza di contenuto della cartella di pagamento senza
specificare quali erano state le indicazioni ritenute
utili alla comprensione della pretesa e, dall’altro, di
avere omesso la pronuncia sull’eccezione sollevata in
relazione all’art. 7 della l. n. 212 del 2000.
Col quarto mezzo il ricorrente deduce l’omessa motivazione
della sentenza con riferimento a un’eccezione di giudicato
esterno, formatosi in relazione ad altra sentenza della
medesima commissione tributaria – la n. 741-4-08 – con la
quale una cartella per anteriore annualità, identica per
tipologia e stesura, era stata ritenuta
insufficientemente motivata.

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Col

quinto mezzo

il

ricorrente deduce

l’omessa,

insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza
sulla dedotta violazione degli artt. 10 e 11 del r.d. n.
215-33, con riferimento al profilo della inesistenza del
beneficio fondiario, essendo mancata l’individuazione
delle opere cui fossero da riferire i benefici per lo

specifico immobile di cui è causa.
Infine col sesto mezzo il ricorrente deduce il difetto di
motivazione della sentenza in relazione all’esame della
consulenza di parte, depositata dal consorzio di bonifica
e posta a base dell’accertamento operato dalla commissione
tributaria in ordine all’esistenza del beneficio
fondiario, in quanto – a suo dire – nessuna prova potevasi
evincere dalla consulenza detta, al punto da avere lo
stesso consorzio richiesto, in causa, l’espletamento di
una c.t.u.
II. – Il ricorso è infondato in relazione a tutte le
prospettate censure, che presentano anche profili di
inammissibilità.
III. – Il primo mezzo – anche sorvolandosi sul fatto di
essere stata proposta un’eccezione di nullità della
sentenza sotto l’inconferente paradigma del vizio di
motivazione (art. 360, n. 5, c.p.c.) – è infondato nel
presupposto.
Come il ricorrente evidenzia, e come cònfermato dal
consorzio resistente, la sentenza riguardava la causa
promossa per ottenere l’annullamento della cartella di
pagamento n. 07120070041693937 relativa all’anno 2006 (il

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che del resto emerge anche dall’indicazione leggibile in
calce all’intestazione).
La questione sollevata col ricorso,

facente leva

sull’essere la parte motiva della sentenza medesima
riferita alla diversa cartella n. 07120080038172755,
relativa all’anno 2007, suppone in verità l’esistenza di

un errore materiale.
L’errore emerge dal fatto che la cartella da ultimo
indicata risulta essere stata oggetto di altra decisione
assunta dalla medesima commissione tributaria regionale in
pari data, pure essa impugnata per cassazione e facente
erroneo riferimento, invece, alla cartella n.
07120070041693937.
E’ dunque evidente che nelle due cause, entrambe chiamate
dinanzi a questa corte per l’odierna udienza in virtù di
separati ricorsi del medesimo contribuente, si è avuta la
semplice e ininfluente – in quanto correggibile mediante
la procedura di cui all’art. 287 c.p.c. – inversione dei
frontespizi delle sentenze; frontespizi che, non redatti
dal giudice – arg. ex artt. 276 c.p.c., 118 e 119 att.
c.p.c., applicabili al processo tributario in base al
richiamo di cui all’art. 35, ult. co ., d. lgs. n. 546 del
1992 – costituiscono incombenza degli uffici della
segreteria della commissione.
IV. – Il secondo e il terzo motivo, unitariamente
scrutinabili perché connessi, sono in parte inammissibili
e in parte infondati.

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Il ricorrente insiste nella previa affermazione che il
contenuto della cartella era deficitario sul piano delle
indicazioni necessarie e sufficienti a comprendere
l’oggetto della pretesa contributiva; e addebita al
giudice di appello di avere sostenuto il contrario, con
motivazione solo apparente e in ogni caso deficitaria.

Sostiene inoltre (con certo qual grado di contraddizione)
che la commissione tributaria non si sarebbe pronuncia
sull’eccezione formulata ai sensi dell’art. 7 della 1. n.
212 del 2000.
La prima affermazione difetta di autosufficienza, non
essendo infine riportato, nel ricorso, il contenuto della
cartella suddetta; la quale, contrariamente a quanto
supposto dal ricorrente, non è atto del processo, così da
non potersi ritenere coinvolta dal potere di diretta
verifica degli atti processuali attribuito alla corte a
valle della dedotta esistenza di un (pur nella sostanza)
eccepito error in procedendo.
L’altra è nel complesso infondata.
Invero nell’espressa condivisione dell’opposta tesi è
ovviamente da ravvisare anche la pronuncia che si sostiene
omessa, pronuncia implicitamente reiettiva dell’eccezione
che si dice formulata nel giudizio di merito ai sensi
dell’art. 7 della 1. n. 212 del 2000.
Devesi d’altronde osservare che la motivazione della
sentenza, per quanto sintetica in proposito, non è
apparente, avendo il giudice del merito stabilito che la

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”..

cartella conteneva tutte le indicazioni necessarie a
comprendere il fondamento della pretesa.
E’ dunque pacifico che il giudice ha esaminato l’atto al
fine di esprimere in tal senso la ratio decidendi.
V.

– Il quarto mezzo – finanche ove considerato nella

sostanza della tesi sostenuta in ordine alla violazione

del giudicato esterno (per quanto errato debba reputarsi
ancora una volta il richiamo alla categoria logica del
vizio di motivazione) – è infondato nel presupposto.
Nessun giudicato preclusivo può essere utilmente invocato
a petto della distinta valutazione espressa in altra
sentenza afferente un diverso atto tributario, seppure
asseritamente (e solo asseritamente) eguale nel contenuto.
VI.

Infine n quinto e il sesto mezzo sono

inammissibili.
Invero, mercé la deduzione del vizio motivazionale, le
censure si risolvono in un sindacato di fatto in ordine
alla valutazione della prova, sul rilievo che il
fondamento della pretesa, nell’affermazione di esistenza
del beneficio fondiario, sarebbe stato insufficientemente
argomentato e tratto da documenti (una perizia di parte)
inidonei a dimostrarlo.
Va invece ribadito (cfr.

ex multis Cass. n. 6832-08) che è

devoluta al giudice del merito l’individuazione delle
fonti del proprio convincimento e la valutazione delle
prove, cosi come il controllo della loro attendibilità e
concludenza; sicché la scelta tra le risultanze
istruttorie – di quelle ritenute idonee a stabilire i

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fatti oggetto della controversia e la forza probatoria dei
medesimi non è sindacabile in cassazione, salvo il limite
dell’adeguata e congrua giustificazione del criterio
adottato.
Nel caso di specie il ricorrente, formulando censura di
volta a sostenere

l’inesistenza in fatto del beneficio fondiario, non
specifica in verità quale distinta risultanza si sarebbe
dovuta valutare in vista di una valutazione del tipo di
quella sostenuta, né riporta il contenuto della consulenza
di parte, che pur asserisce intrinsecamente inidonea a
sorreggere l’apprezzamento operato dal giudice tributario.
VII. – In conclusione, quindi, il ricorso va rigettato.
Le spese processuali seguono la soccombenza.
p.q.m.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle
spese processuali, che liquida in euro 500,00 per
compensi, oltre accessori di legge e maggiorazione
forfetaria per spese generali.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta
sezione civile, acidi l ° luglio 2014.

Il consigliere stensor
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inadeguatezza della motivazione,

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