Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21761 del 27/10/2016


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Cassazione civile sez. II, 27/10/2016, (ud. 14/09/2016, dep. 27/10/2016), n.21761

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3324-2013 proposto da:

S.L., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, V.

G. B. MARTINI 13, presso lo studio dell’avvocato IVAN INCARDONA,

rappresentato e difeso dall’avvocato EDUARDO LIMONGI;

– ricorrenti –

contro

IMPREDIL BRACA s.r.l., p.iva (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CIRCONVALLAZIONE CLODIA 19, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO

IOVANE, rappresentata e difesa dall’avvocato GIOVANNI PAOLILLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 679/2012 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 17/09/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/09/2016 dal Consigliere Dott. LUIGI GIOVANNI LOMBARDO;

udito l’Avvocato GIOVANNI PAOLILLO, difensore della controricorrente,

che si è riportato alle conclusioni scritte ed alla memoria ex art.

378 c.p.c.;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. – Su ricorso di S.L., geometra libero professionista, il Tribunale di Sala Consilina emise decreto col quale ingiunse alla società Impredil Braca s.r.l. il pagamento, in favore del predetto, della somma di Lire 34.661.590, oltre accessori e interessi legali, a titolo di compenso professionale per la direzione, fino al (OMISSIS), del cantiere edile relativo ai lavori da eseguirsi presso la USL di Sapri.

La società intimata propose opposizione avverso il detto decreto e ne chiese la revoca, eccependo l’avvenuto pagamento delle competenze dovute all’attore, la cessazione di ogni rapporto con il detto professionista alla data del (OMISSIS), la mancata ricezione delle fatture nn. (OMISSIS) indicate nel ricorso per decreto ingiuntivo, la genericità della pretesa in riferimento alla determinazione del quantum; in via riconvenzionale, chiese la condanna dello S. alla restituzione della somma di Lire 71.500.000 a lui versata a mezzo assegni bancari per il pagamento degli operai del cantiere, non essendo stata fornita alcuna documentazione circa l’avvenuta esecuzione di tale pagamento; chiese ancora la condanna dello Scarpata al risarcimento dei danni.

Nella resistenza dell’attore, il Tribunale di Sala Consilina accolse l’opposizione, revocò il decreto ingiuntivo, rigettò la domanda riconvenzionale proposta dalla Impredil Braca s.r.l. e compensò tra le parti le spese processuali.

2. – Sul gravame proposto in via principale dallo S. e in via incidentale dalla società Impredil Braca s.r.l., la Corte di Appello di Salerno, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, rigettò l’appello principale e, in parziale accoglimento dell’appello incidentale, condannò lo S. al pagamento, in favore della Impredil Branca s.r.l., della somma di Euro 24.350,95, da maggiorarsi con gli interessi legali, condannandolo altresì alla rifusione delle spese di entrambi i gradi di giudizio.

Secondo la Corte territoriale, le prove (tanto testimoniali che documentali) dedotte dallo S. non erano sufficienti a dimostrare che il rapporto professionale si era protratto fino alla data del (OMISSIS); analogamente, non vi era prova che l’attore avesse anticipato la somma di Lire 16.270.000 per pagare i lavoratori. Al contrario, secondo la Corte di merito, la società Impredil Branca s.r.l. aveva documentato il versamento fatto allo S. della somma di Lire 71.150.000, somma di cui l’appellante non aveva, se non in parte, fornito giustificazione in ordine all’effettivo utilizzo.

3. – Per la cassazione della sentenza di appello ricorre S.L. sulla base di quattro motivi.

Resiste con controricorso la Impredil Branca s.r.l., che ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. – Preliminarmente, va rigettata l’eccezione con la quale l’intimata società ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso e dei relativi motivi in ragione della loro genericità e non autosufficienza. Il ricorso, invero, contiene un’esposizione dei motivi e dei fatti di causa sufficientemente puntuale e completa, sicchè complessivamente risponde in modo idoneo al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione.

2. – Superata l’eccezione di inammissibilità del ricorso, può passarsi all’esame dei motivi. Il ricorso si articola nelle seguenti censure:

1) con il primo motivo, si deduce – ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 – la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata in ordine alla ritenuta esclusione della durata del rapporto dello S. con l’impresa sino a (OMISSIS);

2) con il secondo motivo, si lamenta – ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 – la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata, per non avere i giudici di appello tenuto conto della prova documentale offerta dallo S., non disconosciuta dalla società appellata;

3) con il terzo motivo, si deduce – ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 – la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata, relativamente all’omesso riconoscimento delle spese operate dallo Scarpata in nome e per conto della Impredil Branca s.r.l.;

4) con il quarto motivo, si lamenta infine – ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 – la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata, in ordine alla ritenuta sussistenza del credito vantato dalla Impredil Branca s.r.l.

3. – Le censure non possono trovare accoglimento.

Va innanzitutto rilevata l’inammissibilità dei motivi con i quali si deduce l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata.

Invero, in forza del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, introdotto dal D.L. n. 83 del 2012 (convertito nella L. n. 134 del 2012) e applicabile catione temporis (D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 3 prevede, infatti, l’applicazione del nuovo testo relativamente alle sentenze pubblicate dopo il giorno 11 settembre 2012; e la sentenza impugnata è stata pubblicata il 17.9.2012), il c.d. vizio della motivazione non costituisce più un motivo per cui è ammesso il ricorso per cassazione.

Come hanno statuito le Sezioni unite di questa Corte, la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Sez. Un., Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830).

Nella specie, non sussiste nè la mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nè l’apparenza o la manifesta illogicità della motivazione, cosicchè i dedotti vizi motivazionale risultano inammissibili.

Non sussistono neppure le lamentate violazioni o false applicazioni dell’art. 2697 c.c., l’unica disposizione per la quale è stato dedotto il motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Il ricorrente censura, in realtà, la valutazione delle prove da parte dei giudici di merito e le conclusioni cui essi sono pervenuti, sollecitando – nella sostanza – il riesame del materiale probatorio da parte di questa Corte.

E tuttavia, in conformità alla costante giurisprudenza di questa Corte, va ribadito che il ricorso per cassazione non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito della vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, spettando solo al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di valutarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere – tra le complessive risultanze del processo – quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (salvi i casi, tassativamente previsti dalla legge, in cui la valutazione delle prove è sottratta alla discrezionalità del giudice: c.d. prove legali) (cfr., ex plurimis, Sez. L, Sentenza n. 2357 del 07/02/2004, Rv. 569961; Sez. 5, Sentenza n. 27197 del 16/12/2011 Rv. 620709; Sez. L, Sentenza n. 12052 del 23/05/2007, Rv. 597230).

Nella specie, i giudici di merito hanno chiarito, con dovizia di argomenti, le ragioni della loro decisione; la motivazione della sentenza impugnata non è apparente nè manifestamente illogica; non sussiste neppure violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. relativamente alla ripartizione degli oneri probatori.

Riducendosi le censure del ricorrente a doglianze relative al merito della valutazione delle prove, le stesse non possono trovare accoglimento.

4. – Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 2.700,00 (duemilasettecento), di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 14 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2016

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