Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21760 del 07/09/2018

Cassazione civile sez. VI, 07/09/2018, (ud. 22/05/2018, dep. 07/09/2018), n.21760

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1144-2017 proposto da:

ROMA CAPITALE, C.F. (OMISSIS), in persona del Sindaco e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

DEL TEMPIO DI GIOVE 21, presso gli Uffici dell’Avvocatura

Capitolina, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONIO

CIAVARELLA, e DOMENICO ROSSI;

– ricorrente –

contro

A.L.M.A. S.R.L.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3300/22/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ROMA, depositata il 24/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 22/05/2018 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 – bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue;

Con sentenza n. 3300/22/2016, depositata il 24 maggio 2016, non notificata, la CTR del Lazio accolse l’appello proposto dalla società A.L.M.A. S.r.l. (di seguito società) nei confronti del Comune di Roma Capitale avverso la sentenza della CTP di Roma, che aveva invece rigettato il ricorso della società avverso avviso di accertamento per ICI relativa all’anno 2006 in conseguenza di variazione di destinazione di alcune unità immobiliari.

Avverso la sentenza della CTR l’Amministrazione capitolina ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

La società intimata non ha svolto difese.

1. Con il primo motivo l’Amministrazione ricorrente denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la sentenza impugnata ha disatteso l’eccezione preliminare in rito dell’Amministrazione d’inammissibilità dell’appello proposto dalla contribuente avverso la sentenza di primo grado per difetto di specificità dei motivi.

2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 5 e 11, del D.M. n. 701 del 1994 e delle norme ad esse connesse e/o correlate, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la sentenza impugnata ha attribuito efficacia alla categoria catastale (D/8) ed alla conseguente rendita attribuita dall’allora Agenzia del Territorio in rettifica rispetto a quella, D/7, proposta dalla società nell’ambito di procedura DOCFA, dall’anno d’imposta successivo a quello di attribuzione della relativa categoria e della rendita catastale.

3. Venendo all’esame del primo motivo, premesso che alcun omesso esame di fatto storico, denunciato dalla ricorrente nella prima parte dell’articolazione della censura è ravvisabile nella fattispecie in esame, quanto all’ulteriore profilo relativo alla dedotta violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, il motivo è inammissibile, avendo la sentenza impugnata fatto corretta applicazione del principio di diritto affermato in materia dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui “Nel processo tributario, la riproposizione in appello delle stesse argomentazioni poste a sostegno della domanda disattesa dal giudice di primo grado – in quanto ritenute giuste ed idonee al conseguimento della pretesa fatta valere – assolve l’onere di specificità dei motivi di impugnazione imposto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53″ (cfr., tra le altre, Cass. sez. 6-5, ord. 1 luglio 2014, n. 14908; Cass. sez.6-5, ord. 22 gennaio 2016, n. 1200; Cass. sez. 5, 3 agosto 2016, n. 16163; Cass. sez. 6-5, ord. 20 aprile 2018, n. 9937)”.

Il motivo, basato dall’Amministrazione ricorrente su richiami giurisprudenziali afferenti all’appello secondo la disciplina ordinaria del codice di rito, deve essere pertanto dichiarato inammissibile.

4. Ugualmente deve essere dichiarato inammissibile (cfr. Cass. sez. unite 21 marzo 2017, n. 7155), il secondo motivo di ricorso, avendo la sentenza impugnata giudicato in conformità al principio di diritto affermato dalla giurisprudenza di questa Corte in materia, secondo la quale “In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), la disciplina dettata dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 5, comma 2, – in base alla quale le variazioni delle risultanze catastali hanno efficacia, ai fini della determinazione della base imponibile, a decorrere dall’anno successivo a quello nel corso del quale sono state annotate negli atti catastali – si applica anche quando il contribuente, ai fini della determinazione della rendita catastale, si avvalga della procedura DOCFA, atteso che il termine di efficacia delle rendite stabilito dal citato art. 5, comma 2, è ispirato a ragioni di uniformità delle dichiarazioni e degli accertamenti e costituisce espressione del principio di eguaglianza” (cfr. Cass. sez. 5, 18 febbraio 2015, n. 3168; Cass. sez. 5, 15 ottobre 2010, n. 21310).

Nè parte ricorrente ha addotto argomenti idonei a sollecitare la revisione del suddetto indirizzo interpretativo.

Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile.

5. Nulla va statuito in ordine alle spese del giudizio di legittimità, non avendo la società intimata svolto difese.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2018

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