Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21758 del 07/09/2018

Cassazione civile sez. VI, 07/09/2018, (ud. 22/05/2018, dep. 07/09/2018), n.21758

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9022/2016 proposto da:

COMUNE DI PREDAPPIO, C.F. (OMISSIS), in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONDRAGONE n. 10,

presso lo studio dell’avvocato PAOLA MASTRANGELI, rappresentato e

difeso dall’avvocato PATRIZIA MUSSONI;

– ricorrente –

contro

R.D., R.G.M., L.F.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA F. CONFALONIERI n. 5, presso

lo studio dell’avvocato GIANLUCA CALDERARA, rappresentati e difesi

dall’avvocato MILENA FERRINI;

– controricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 2101/5/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di BOLOGNA, depositata il 23/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 22/05/2018 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito del D.L. n. 168 del 2016, art. 1 bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue;

Con sentenza n. 2101/5/2015, depositata il 23 ottobre 2015, la CTR dell’Emilia – Romagna, pur statuendo in dispositivo “respinge l’appello” proposto nei confronti del Comune di Predappio dai signori R.D., R.G.M. e L.F., quali proprietari pro quota di due immobili siti in detto Comune, avverso la sentenza della CTP di Bologna, che aveva rigettato i ricorsi separatamente proposti e poi riuniti dei contribuenti medesimi avverso avvisi di accertamento per ICI relativi all’anno 2006, svolse argomentazioni nella parte motiva che indussero la CTR a ritenere che l’appello fosse fondato e quindi da accogliere.

Con successiva ordinanza del 25 gennaio 2016 ne venne disposta dalla CTR la correzione di errore materiale nel senso che ove in dispositivo è scritto “respinge l’appello” debba leggersi “accoglie l’appello”.

Avverso la sentenza della CTR, così come emendata attraverso il procedimento di correzione di errore materiale, il Comune di Predappio ha proposto ricorso principale per cassazione, affidato a due motivi.

I controricorrenti resistono con controricorso e ricorso incidentale condizionato affidato ad un unico motivo.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 288 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), nella parte in cui la CTR ha ritenuto di poter far ricorso alla procedura di correzione di errore materiale, laddove si trattava di contrasto irriducibile tra dispositivo e motivazione che avrebbe dovuto essere dedotto nelle forme dell’impugnazione ordinaria.

2. Con il secondo motivo il Comune di Predappio denuncia violazione ed erronea applicazione del D.L. n. 207 del 2008, art. 23, comma 1 bis, convertito, con modificazioni, nella L. n. 14 del 2009 e del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. a), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la decisione impugnata, pur dando atto della classificazione delle due unità immobiliari rispettivamente in A/2 (immobili abitativi) e D/7 (fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di un’attività industriale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni), classificazione non impugnata dai contribuenti, possedessero i requisiti di ruralità tali da giustificare l’esenzione dall’imposta.

3. Con l’unico motivo di ricorso incidentale, da intendersi come proposto subordinatamente all’eventuale accoglimento del primo motivo di ricorso principale, nel caso che la pronuncia della CTR non fosse ritenuta emendabile attraverso la procedura di correzione dell’errore materiale, i controricorrenti denunciano nullità della sentenza per violazione dell’art. 156 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per contrasto insanabile tra dispositivo e motivazione.

4. Il primo motivo è manifestamente infondato.

4.1. La sentenza impugnata, pur evidenziando un’evidente contraddizione tra il dispositivo come originariamente formulato e la motivazione della decisione, appare tuttavia coerente in detta ultima parte nell’esposizione delle ragioni della decisione, convergenti, secondo l’assunto della CTR, all’emanazione di pronuncia favorevole all’accoglimento dell’appello così come dai contribuenti proposto avverso la decisione di primo grado.

4.2. Tale situazione contestuale induce pertanto la Corte a ritenere che nella fattispecie in esame il dispositivo originario della pronuncia impugnata, letteralmente recante statuizione di rigetto dell’appello proposto dai contribuenti, si ponga in termini di chiaro errore materiale, insuscettibile di pregiudicare la ratio decidendi effettiva di accoglimento del gravame proposto dai contribuenti medesimi (cfr. Cass. sez. 6-5, ord. 26 settembre 2017, n. 22433, in punto di applicabilità nel processo tributario della correzione di errore materiale ex artt. 287 c.p.c. e segg., laddove il contrasto tra formulazione letterale del dispositivo e pronuncia adottata in motivazione non incida sull’idoneità del provvedimento, nella totalità delle sue componenti, a rendere conoscibile il contenuto della statuizione).

5. Il rigetto del primo motivo di ricorso principale, soltanto in relazione al quale i controricorrenti hanno spiegato l’unico motivo di ricorso incidentale condizionato, comporta l’assorbimento di quest’ultimo.

6. Il secondo motivo del ricorso principale è, invece, manifestamente fondato e pertanto meritevole di accoglimento.

6.1. La sentenza impugnata ha ritenuto, per l’anno di riferimento, sufficiente, ai fini dell’esenzione, la condizione di ruralità dei fabbricati in base alla sola riconosciuta sussistenza dei requisiti previsti dal D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9, commi 3 e 3 bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133, sebbene gli immobili fossero pacificamente all’epoca accatastati come A/2 e D/7.

In tal modo la decisione impugnata si è posta in contrasto con il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte (cfr. Cass. 21 agosto 2009, n. 18565) e ribadito dalla successiva giurisprudenza (tra le molte cfr. Cass. sez. 5, 24 marzo 2010, n. 7102; Cass. sez. 5, 14 aprile 2010, n. 8845; Cass. sez. 5, ord. 30 settembre 2011, n. 20001; Cass. sez. 5, 14 novembre 2012, n. 19872; Cass. sez. 5, 5 marzo 2014, n. 5167; Cass. sez. 5, 12 agosto 2015, n. 16737; Cass. sez. 5, 20 aprile 2016, n. 7930; Cass. sez. 5, 9 marzo 2018, n. 5769), secondo cui, per quanto qui rileva, “In tema di ICI, l’immobile che sia stato iscritto nel catasto dei fabbricati come “rurale”, con l’attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dal D.L. n. 557 del 1993, art. 9, conv. in L. n. 133 del 1994, non è soggetto all’imposta, ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. a), come interpretato dal D.L. n. 207 del 2008, art. 23, comma 1-bis, aggiunto dalla Legge di Conversione n. 14 del 2009. Qualora l’immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale, sarà onere del contribuente, che pretenda l’esenzione dall’imposta, impugnare l’atto di classamento, restando, altrimenti, il fabbricato medesimo assoggettato ad ICI”.

6.2. I controricorrenti con la memoria sostengono che nella fattispecie in esame la ruralità delle unità immobiliari in questione avrebbe dovuto comunque essere riconosciuta in ragione della portata retroattiva (cfr., tra le altre, Cass. sez. 6-5, ord. 29 novembre 2016, n. 24366), nei limiti del quinquennio e dunque utilmente per il 2006, anno oggetto di accertamento in ragione delle ulteriori modifiche normative intervenute, delle variazioni annotate negli atti catastali a seguito di domanda presentata ai sensi del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, art. 7, comma 2 bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011, n. 106.

6.3. Sennonchè, oltre ad essere detta circostanza espressamente contestata da parte ricorrente (si veda il contenuto della memoria depositata dal Comune), non vi è cenno nella sentenza impugnata che la questione sia stata effettivamente posta dinanzi al giudice di merito.

6.4. I controricorrenti, pertanto, per evitare che la questione sia ritenuta inammissibile in quanto proposta per la prima volta con il controricorso per cassazione, avrebbero dovuto indicare compiutamente nel controricorso, in ossequio al principio di autosufficienza, tempo e luogo della relativa deduzione dinanzi al giudice di merito, ciò che non hanno fatto, sicchè detta questione resta preclusa in questa sede.

Ne consegue che, essendo intervenute le relative variazioni catastali nelle categorie corrispondenti al possesso delle condizioni di ruralità solo dal 2013, la sentenza impugnata deve essere cassata.

6.5. Non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la causa può, dunque, essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, u.p., con pronuncia di rigetto degli originari ricorsi dei contribuenti.

7. Avuto riguardo all’andamento del giudizio, possono essere compensate tra le parti le spese del doppio grado di merito, cedendo la spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, a carico dei controricorrenti in solido, secondo soccombenza.

PQM

Accoglie il ricorso principale in relazione al secondo motivo, rigettato il primo.

Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo la causa nel merito, rigetta gli originari ricorsi dei contribuenti.

Dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato all’accoglimento del primo motivo di ricorso principale.

Dichiara compensate tra le parti le spese del doppio grado del giudizio di merito e condanna i controricorrenti al pagamento in solido in favore del ricorrente principale delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1400,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, se dovuti.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2018

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