Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21757 del 28/08/2019

Cassazione civile sez. III, 28/08/2019, (ud. 08/03/2019, dep. 28/08/2019), n.21757

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20417/2017 proposto da:

A.I.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

GREGORIANA 54, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNA CALCERANO

(ST. CONFORTINI), rappresentato e difeso dagli avvocati OLIMPIA

COLARUSSO, ROMANO COLARUSSO;

– ricorrente –

contro

REGIONE PUGLIA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 154/2017 della CORTE D’APPELLO SEZ. DIST. di

TARANTO, depositata il 02/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/03/2019 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MISTRI Corrado, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Dott. A.I. convenne, con citazione del 2011, davanti al Tribunale di Taranto la Regione Puglia per sentirla condannare al risarcimento dei danni causati alla produzione olivicola svolta su terreni di sua proprietà a causa dell’ingresso di un branco di cinghiali. Svolta CTU sulla quantificazione dei danni, il Tribunale di Taranto ritenne che la Regione Puglia fosse responsabile ai sensi della L. n. 157 del 1992, il cui art. 1 attribuiva, per l’appunto, alle Regioni a statuto ordinario la gestione della fauna selvatica, assegnando loro il compito di stabilire piani quinquennali di pianificazione faunistica venatoria e di provvedere al controllo della fauna sia con metodi ecologici sia attraverso piani di abbattimento, mentre alle Province era affidato il solo compito di dare esecuzione alle decisioni regionali. Condannò, di conseguenza, la Regione a pagare all’attore un risarcimento di Euro 9.000, oltre rivalutazione ed interessi.

La Corte d’Appello di Lecce, adita dalla Regione Puglia, con sentenza n. 154 del 2/5/2017, ha accolto l’appello, statuendo per quel che ancora qui di interesse, che, in base al quadro normativo costituito dalla L. n. 157 del 1992, dalla L.n. 142del 1990 e dalla L.R. Puglia 13 agosto 1998, n. 27, mentre alla Regione spetta il compito di stabilire le norme relative alla gestione e alla tutela di tutte le specie di fauna selvatica, alla regolamentazione, programmazione e coordinamento, alle Province spettano i compiti attuativi, le funzioni amministrative gestionali in materia di caccia e di protezione della fauna, ivi comprese la vigilanza, per competenza propria, in virtù dell’autonomia ad esse attribuite dalla legge statale e non per delega delle Regioni. Ciò premesso, la Corte d’Appello ha affermato, richiamandosi ad una precedente pronuncia di questa Corte n. 12937/2015 (che riguarda le medesime norme della Legge Regione Puglia): “in base ai principi generali in tema di responsabilità civile, il responsabile dei danni va individuato nell’ente a cui siano concretamente affidati, con adeguato margine di autonomia i poteri di gestione e controllo della fauna e che sia meglio in grado di prevedere, prevenire ed evitare gli eventi dannosi del genere di quello del cui risarcimento si tratta”. Ciò premesso, in relazione alle norme specifiche della Regione Puglia dettate dalla L. 13 agosto 1998, n. 27, la Regione esercita le funzioni normative, di programmazione e coordinamento, ai fini della pianificazione faunistico-venatoria, mentre le funzioni amministrative-gestionali in materia di caccia e di protezione della fauna, ivi compresi la vigilanza, il controllo delle relative attività spettano alle Province territorialmente competenti che istituiscono per esercitarle appositi uffici, articolandosi anche con strutture tecnico-faunistiche. In base ai principi generali in tema di responsabilità civile, il responsabile va individuato nell’ente a cui siano concretamente affidati, con adeguato margine di autonomia, i poteri di gestione e di controllo del territorio e della fauna ivi esistente, e che quindi sia meglio in grado di prevedere, prevenire ed evitare gli eventi dannosi del genere di quello del cui risarcimento si tratta.

Tutto ciò premesso, la Corte d’Appello ha rigettato la domanda di Incalzi per difetto di titolarità passiva della Regione Puglia, “affatto detentrice di compiti amministrativi ed esecutivi in tema di controllo della fauna selvatica”.

Avverso la sentenza il Dott. A.I. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi. Non c’è resistenza da parte della Regione Puglia.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 – violazione della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato. Censura la sentenza per non aver pronunciato sulle proprie difese in appello volte ad affermare la responsabilità della Regione ai sensi dell’art. 2043 c.c.. La ricorrente riporta i passi salienti degli atti difensivi di primo e secondo grado nei quali ha invocato l’applicazione della L. n. 157 del 1992, art. 26 – norma generale sulla responsabilità della Regione per il risarcimento del danno causato alla produzione aoricola – e quella dell’art. 2043 c.c. (con la prima concorrente) e deduce che la Corte d’Appello abbia ignorato del tutto tale prospettazione.

2. Con il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione della L. 18 agosto 2000, n. 267, nonchè della L.R. Puglia 13 agosto 1998, n. 27, art. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3; mancata applicazione dell’art. 2043 c.c. e della L. n. 157 del 1992, art. 19 – omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio.

In sostanza la Corte d’Appello avrebbe errato nel fare applicazione della L.R. Puglia n. 27 del 1998, anzichè dell’art. 2043 c.c. e della L. n. 157 del 1992, art. 19, dove si stabilisce l’obbligo a carico della Regione di provvedere al controllo della fauna per garantire la tutela delle produzioni, soprattutto agricole, assicurando il controllo, con piani ecologici e piani di abbattimento. L’art. 2043 c.c., sarebbe stato, in particolare, violato, in ragione della prova, offerta dalla ricorrente e fatta propria anche dal giudice di prime cure, dei profili di colpa della Regione Puglia, “rimasta inerte nell’adozione dei provvedimenti di contenimento del numero di esemplari al fine di tutelare le coltivazioni nonostante la popolazione locale avesse ripetutamente segnalato il ripetersi di tali fenomeni”.

3. I motivi sono entrambi infondati. Non può dubitarsi che il criterio di imputazione della responsabilità sia posto al livello di governo al quale la legge delega le funzioni amministrative in tema di fauna selvatica e che, nel caso di specie, un’espressa norma della L.R. Puglia n. 27 del 1998, preveda la responsabilità della Provincia, senza escludere che la Regione, per suo conto, debba rispondere delle eventuali omissioni sul piano normativo e regolamentare. La giurisprudenza di questa Corte, alla quale si intende dare continuità, ha già applicato la predetta L.R. Puglia, nel senso del riconoscimento della responsabilità della Provincia secondo quanto previsto dall’art. 3 della suddetta legge, avendo la norma affidato alla Provincia, con adeguato margine di autonomia, i poteri di gestione e di controllo del territorio e della fauna ivi esistente, supponendo che il livello amministrativo provinciale sia meglio in grado di prevedere, prevenire ed evitare gli eventi dannosi del genere di quello del cui risarcimento si tratta (Cass., 6-3 n. 12937 del 2015).

4. Conclusivamente il ricorso va rigettato. Non occorre provvedere sulle spese. Occorre invece disporre il cd. “raddoppio” del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 8 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 agosto 2019

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