Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21754 del 27/10/2016

Cassazione civile sez. II, 27/10/2016, (ud. 07/04/2016, dep. 27/10/2016), n.21754

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23129-2011 proposto da:

P.M., (OMISSIS), domiciliata ex lege in ROMA, Piazza Cavour,

presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e

difesa dall’avv.to FRANCESCO COSTANTINO, come da procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

S.R., (OMISSIS), S.D., (OMISSIS), domiciliati

ex lege in ROMA, Piazza Cavour, presso la cancelleria della Corte di

Cassazione, rappresentati e difesi dall’avv.to GANDOLFO MOCCIARO,

come da procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrenti –

e contro

N.V. – (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 762/2011 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 03/06/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/04/2016 dal Consigliere Ippolisto Parziale;

udito l’Avvocato Giampiero Zuccalà per delega Costantino, che si

riporta agli atti e alle conclusioni assunte;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che conclude per l’inammissibilità del ricorso e

in subordine per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A. Così la sentenza impugnata riassume la vicenda processuale.

1. “Con citazione notificata il 6/11/2000 N.V. – nq. di genitore esercente la potestà sui figli minori S.R. e D. – assumeva che, in data (OMISSIS), era deceduto il coniuge S.L., cui erano succeduti ex lege l’attrice ed i predetti minori. Precisava di aver rinunziato all’eredità con atto dell’8/11/93. Con scrittura del 20/3/93 S.N.D. aveva liquidato agli eredi la quota che il de cuius aveva nella F.lli S. snc di S.N. e D., attribuendo ai minori i beni meglio specificati in citazione. Detta scrittura era stata approvata dal GT in data 4/5/93 e consacrata nell’atto pubblico del 10/9/93. Con tali atti, S.N.D. si era anche obbligato a realizzare a propria cura e spese una stradina di congiunzione tra la via (OMISSIS) ed il fabbricato ceduto ai minori, nonchè un corpo scala che consentisse l’accesso dall’area assegnata all’appartamento al 1 piano. L’attrice precisava di aver notificato il 21/9/95 al S. una citazione con la quale aveva chiesto la condanna del predetto al rilascio dell’immobile, al risarcimento danni per 11 ritardo e ad eseguire la stradella. Con sentenza del Tribunale di Termini Imerese del 2/6/97 passata in giudicato, il predetto era stato condannato al rilascio, al risarcimento danni nella misura di Lire 27.063.365, nonchè a realizzare la stradella ed il corpo scala. L’immobile era stato rilasciato il 30/9/96, ma il S. aveva in precedenza chiuso le due porte di accesso che il locale aveva dal piazzale antistante: conseguentemente, i proprietari non avevano potuto utilizzare il locale, non più accessibile dal piazzale e non essendo stata realizzata la stradella. In data 27/2/99 era deceduto S.N.D.. I figli S.G.A. e A.F. avevano rinunziato all’eredità, per cui unica erede del predetto era rimasta la moglie P.M.. Ciò premesso, conveniva in giudiuzio P.M. al fine di ottenerne la condanna al risarcimento dei danni derivanti dall’impossibilità di dall’1/10/96 sino alla realizzazione della stradella o al ripristino degli accessi; chiedeva altresì di estere autonata a ripristinare le due aperture, con diritto al rimborso delle spese”.

2. “Si costituiva la convenuta contestando le domande e chiedendone il rigetto; in via riconvenzionale chiedeva determinarsi le opere necessarie per realizzare stradella e corpo scala”.

3. Con sentenza del 24/112006 il Tribunale di Termini Imerese sezione distaccata di Celalù rigettava le domande attoree, condannando l’attrice alle spese di lite. A sostegno della decisione rilevava che, in merito all’obbligo di realizzare la stradella ed il corpo scala, esso era consacrato dalla sentenza n. 439/97 passata in giudicato. Sosteneva poi che dalla scrittura del 2013/93 non risultava che S.N.D. si fosse obbligato a chiudere le aperture solo dopo la realizzazione della stradella; per di più già esisteva una stradella anche se non carrabile. Di conseguenza, non poteva essere accolta la domanda di ripristino delle aperture. Quanto all’impossibilità di affittare il locale non vi era prova che derivasse dalla mancata realizzazione della stradella e non già dall’incuria con la quale era stata tenuta quella esistente”.

4. La sentenza della Corte di appello di Palermo riferisce sulla fase del gravame, osservando che “avverso detta sentenza proponeva appello N.V. nq. La predetta rilevava l’erroneità della decisione, giacchè – tanto dalla ctu tanto dalle foto – si rilevava che era sì possibile giungere all’immobile, ma non accedervi perchè le aperture sul piazzale erano state murate; sul retro, vi era una porticina raggiungibile da una ripida scala alla quale si perveniva attraverso un cancelletto ed un giardinetto incolto. Quindi, si trattava di un accesso solo pedonale che non consentiva l’utilizzo dell’immobile, nè a fini commerciali nè ad altri. Proprio nel giardinetto, avrebbe dovuto essere realizzata la stradella. Altrettanto errata era la sentenza laddove aveva sostenuto che la chiusura delle aperture fosse indipendente dalla realizzazione della stradella. L’estensore dei motivi si doleva poi del rigetto della domanda di risarcimento, essendo rimasto provato che la mancata locazione dell’immobile era dipesa unicamente dalla inesistenza di un comodo accesso dalla via (OMISSIS)”. Aggiungeva poi la Corte di appello che “Si costituiva l’appellata contestando il gravame e chiedendone il rigetto. Divenuti maggiorenni, si sono costituiti S.R. e D. facendo propri i motivi di gravame”.

B. La Corte di appello accoglieva l’impugnazione e, riformando la sentenza gravata, così decideva: “autorizza gli intervenienti S.D. e R. a ripristinare l’apertura sul piazzale del magazzino esteso mq. 280 circa di loro proprietà ubicato in (OMISSIS) sino a quando non verrà realizzata dall’appellata la stradella di cui alla scrittura privata del 20/3/93; condanna la P. a rimborsare ai predetti le spese necessarie per tale ripristino; condanna l’appellata al pagamento… di 46.422,22… quale risarcimento dei danni fino al 30/9/2005 delle ulteriori somme sino alla realizzazione della stradella”.

B1 – La Corte di appello rilevava in primo luogo che l’unica strada, qualificabile come tale, era quella esistente (per questo era stato pattuito l’obbligo della realizzazione della stradella). Con la conseguenza che da tale strada era previsto l’accesso. Rilevava poi che dalla scrittura inter partes risultava “la chiusura delle porte e vetrate esistenti nel magazzino ceduto che davano sul ma si precisava che: “tutte le opere descritte nel presente articolo” avrebbero dovuto essere realizzate dal S. entro il 30/6/94″. Concludeva quindi la Corte locale che “tanto la stradella ed il corpo scala quanto la chiusura dovevano avvenire contestualmente. In conclusione, sintanto che la stradella non fosse stata realizzata, il dante causa dell’appellata non avrebbe dovuto chiudere le aperture sul piazzale, giacchè tale chiusura ha comportato l’impossibilità di accesso carrabile al magazzino ceduto a S.R. e D. e quella di utilizzarlo per gli usi cui è destinato”. La mancata realizzazione della stradella e la chiusura degli accessi avevano reso impossibile l’utilizzazione dei locali. Di qui la condanna dell’appellata alla refusione delle spese da sostenere per la riapertura degli accessi e al risarcimento del danno per mancata locazione per assenza di accesso carrabile.

C. Impugna tale decisione la signora P., che formula tre motivi. Resistono con controricorso S.D. e R., mentre nessuna attività in questa sede ha svolto N.V..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. I motivi del ricorso.

1.1 – Col primo motivo si deduce: (violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione all’art. 832 c.p.c.”. La ricorrente rileva che risultava dagli atti e comunque erano circostanze pacifiche che l’immobile era stato consegnato alla controparte il (OMISSIS) e che “le porte e le vedute chiuse, prospicienti sul piazzale, fanno parte integrante, insistono e sono proprie del magazzino ceduto agli eredi di S.L.”. Proprio perchè la controparte era divenuta proprietaria del bene e ne era entrata in possesso ben poteva riaprire gli accessi, senza chiedere di essere autorizzata a farlo. Di qui l’errato accoglimento della relativa domanda in violazione dell’art. 832 c.c..

1.2 – Col secondo motivo si deduce: “Violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 per insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo ai fini del giudizio”. La corte locale ha poi errato a riconoscere il risarcimento del danno per mancata utilizzazione del magazzino in conseguenza della chiusura delle porte, posto che l’immobile era stato riconsegnato il (OMISSIS) e da quella data poteva essere utilizzato così come previsto dalla scrittura inter partes anche con riguardo alla strada e al piazzale antistante. Di qui l’incoerenza e la contraddittorietà della motivazione che ha affermato il diritto risarcimento del danno, che poteva essere evitato ove i resistenti avessero esercitato tutti diritti che gli erano stati già riconosciuti.

1.3 – Errata la pronuncia sulle spese di lite.

2. Il ricorso è infondato e va rigettato.

2.1 – Il primo motivo è inammissibile e comunque infondato.

Denunciando la violazione dell’art. 832 c.c., la ricorrente censura quella parte del dispositivo della sentenza impugnata in cui si era disposta la “autorizzazione” degli odierni controricorrenti ad aprire le vetrate e le porte di accesso dei locali sul piazzale, quando in realtà il magazzino era di loro proprietà e, quindi, non si doveva autorizzare alcunchè. L’apertura-chiusura degli accessi sul piazzale era stata una delle questioni oggetto della controversia, posto che gli accordi risultanti dalla scrittura del marzo del 1993 erano nel senso che la realizzazione della stradella ulteriore e del corpo scala avevano una finalità di rendere “autonomo e perfettamente funzionale” l’immobile ceduto “per Un eventuale utilizzazione futura”. Proprio per questa unicità funzionale delle obbligazioni assunte si prevedeva espressamente sempre nella predetta scrittura che “sino a quando detto accesso non sarà realizzato …gli immobili di proprietà avranno diritto di accesso dalla via (OMISSIS) attraverso la strada esistente nonchè sul piazzale antistante dove potrà anche postegiare e far parcheggiare i propri ospiti”, prevedendosi ulteriormente che “tutte le porte e vetrate esistenti nel locale oggi ceduto in liquidazione e prospicienti al piazzale che rimane di proprietà della società saranno chiuse sino all’altezza di metri 1,90 da terra”. Una volta chiusi gli accessi in anticipo rispetto alla costruzione della stradella, si poneva il problema di come applicare in concreto gli accordi senza ulteriori contestazioni. Di qui l’interesse ad accertare giudizialmente il diritto alla riapertura degli accessi almeno fino a quando non sarebbe stata costruita la stradella dedotta in contratto.

In tal senso, la doglianza che si muove al decisum (non necessità della autorizzazione) risulta inammissibile per difetto di interesse, in quanto la Corte palermitana non avrebbe fatto altro che ribadire l’esistenza di un diritto/facoltà rientrante nei poteri dei fratelli S., senza alcuna lesione di una qualsivoglia posizione giuridica in capo alla P.. In ogni caso non vi è alcuna violazione dell’art. 832 c.c. in relazione a quanto pattuito.

2.2 – Il secondo motivo è assorbito dal rigetto del primo e comunque è infondato. Si prospetta il vizio motivazionale su un punto decisivo del giudizio, ma non si riesce agevolmente a comprendere cosa si intenda di preciso censurare. Se la doglianza riguarda la (ri)attivazione delle aperture nella proprietà degli attori, si richiama quanto affermato per il primo motivo (con conseguente assorbimento del presente). Se invece la ricorrente ha inteso contestare, alla luce dell’inadempimento degli obblighi sanciti nella scrittura del (OMISSIS), la mancata realizzazione della stradella di collegamento e l’impossibilità di accedere al magazzino, allora si registra un tentativo, inammissibile in questa sede, di riesame del merito della causa. Quanto alla questione del risarcimento del danno per mancato utilizzo del suddetto locale la censura resta assorbita dal rigetto del primo motivo, risultando comunque la pronuncia in punto determinazione del danno adeguatamente motivata avendo il giudice dell’appello affermato che “considerato che il Ina,g(uino degli appellanti ha una chiara destinazione commerciale e che, in assenza di comodo accesso carrabile, non ha potuto essere utilizzato in conformità a tale destinazione e che gli appellanti hanno perso l’occasione di locarlo, non v’è dubbio che abbiano diritto al risarcimento del danno subito commisurabile al reddito ricavabile è non percepito. Il CTU ha determinato al 30/9/96 il canone in Euro 396,00 mensili – quindi, tenendo conto di tale canone base ed applicando gli aumenti istat, aveva quantificato in Euro 35265,00 l’ammontare del reddito percepibile sino al 30/9/2004. L’appellante ha quantificato quello successivo sino al 30/9/2005 in ulteriori Euro 11.157,22”.

2.3 – Il terzo motivo è infondato, avendo il giudice dell’appello correttamente regolato le spese secondo il principio della soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente alle spese di giudizio, liquidate in 3.000,00 (tremila) Euro per compensi e 200,00 (duecento) Euro per spese, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 7 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2016

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