Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21750 del 09/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 09/10/2020, (ud. 15/07/2020, dep. 09/10/2020), n.21750

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31395-2018 proposto da:

CREDIFARMA SPA, quale mandataria dei Dottori A.P., + ALTRI

OMESSI, nelle rispettive qualità di titolari delle omonime

Farmacie, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PAOLA FALCONIERI, 100, presso

lo studio dell’avvocato PAOLA FIECCHI, rappresentata e difesa

dall’avvocato GIUSEPPE MACCIOTTA;

– ricorrente –

contro

AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE ROMA (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

FILIPPO MEDA 35, presso lo studio dell’avvocato MARIA CRISTINA

TANDOI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati

GABRIELLA MAZZOLI, BARBARA BENTIVOGLIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2064/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 30/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata 15/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CLOTILDE

PARISE.

 

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 22821/2013, accoglieva l’opposizione proposta da ASL RM (OMISSIS) avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Presidente del Tribunale di Roma nei suoi confronti ed in favore di Credifarma s.p.a., nella qualità di mandataria dei farmacisti e titolari di farmacie in epigrafe indicati, avente ad oggetto il pagamento di Euro 4.372.360 a titolo di sorte capitale, in relazione a prestazioni farmaceutiche erogate nel settembre 2010, oltre interessi ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2002. Il Tribunale dichiarava la carenza di legittimazione passiva dell’Azienda USL Roma (OMISSIS) e, di conseguenza, revocava il decreto ingiuntivo opposto.

2. La Corte di Appello di Roma, con sentenza n. 2064/2018 depositata il 30-3-2018, ha dichiarato la legittimazione passiva dell’Azienda ULS Rm (OMISSIS), ora Roma (OMISSIS), accogliendo il primo motivo d’appello di Credifarma s.p.a., nonchè ha rigettato gli altri motivi di gravame. In particolare e per quanto ancora di interesse, la Corte territoriale, dopo aver dato atto che l’importo azionato in linea capitale era stato pagato, per i crediti cartolarizzati, il 3-2-2011 e per i crediti non cartolarizzati il 9-2-2011, ovvero prima della notifica del decreto ingiuntivo opposto (22-3-2011), e che l’appellante aveva rinunciato alla pretesa relativa agli interessi ex D.Lgs. n. 231 del 2002, giudicata in ogni caso infondata ai soli fini della valutazione della soccombenza virtuale, ha ritenuto non dovuti gli interessi al tasso legale dalla data di costituzione in mora, affermando di non aver rinvenuto nel fascicolo di parte dell’appellante il documento n. 1, attestante, secondo quanto addotto da Credifarma, atti di messa in mora anteriori alla notifica del decreto ingiuntivo.

Avverso la succitata sentenza, Credifarma propone ricorso per cassazione, con un solo motivo, alla quale la A.S.L. Roma (OMISSIS) resiste con controricorso. La parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

2. Con unico articolato motivo, la ricorrente denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, in violazione dell’art. 116 c.p.c.. In particolare rileva che, come attestato dalla Cancelleria della Corte d’appello di Roma, Credifarma aveva depositato l’atto di costituzione in mora n. (OMISSIS), effettuato con raccomandata secondo la modalità degli invii multipli D.M. 9 aprile 2001, ex art. 33, (doc. n. 1 del fascicolo di parte ricorrente, allegato alle seconde memorie di prova ex art. 183 c.p.c., del 28 giugno 2012) e dunque la pretesa di riconoscimento degli interessi legali era da ritenersi fondata, essendo il pagamento dell’importo dovuto in linea capitale avvenuto in data successiva alla costituzione in mora.

3. Il motivo è inammissibile.

3.1. Secondo l’orientamento di questa Corte, al quale il Collegio intende dare continuità, l’affermata inesistenza agli atti del processo di un documento ivi per contro ritualmente prodotto ed esistente dà luogo a vizio revocatorio della sentenza che abbia rigettato una domanda fondata sul detto documento, esclusivamente in base alla supposta inesistenza dello stesso. Ad escludere il vizio anzidetto ed a rendere ammissibile contro siffatta sentenza un rimedio diverso dall’impugnazione a norma dell’art. 395, n. 4, (ed in particolare il ricorso per cassazione ex art. 360, n. 5, stesso codice) non assumerebbe rilievo neppure il dibattito che fosse intervenuto fra le parti nel corso del giudizio circa l’interpretazione e l’efficacia del documento (quando esso non abbia investito la questione della sua rituale presenza negli atti di causa), atteso che neppure in tale ipotesi la materiale esistenza del documento avrebbe costituito oggetto della decisione quale punto controverso (Cass. n. 6556/1997 e Cass. n. 15043/2018).

3.2. Alla stregua di detti principi, deve ritenersi che nella fattispecie in esame, speculare a quelle scrutinate con le citate pronunce di questa Corte, l’omesso esame del documento, denunciato sub specie del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, si configuri come errore revocatorio ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, per avere la Corte territoriale affermato l’inesistenza agli atti del processo del documento n. 1 (atto di costituzione in mora), invece ritualmente prodotto ed esistente, senza che la materiale esistenza del suddetto documento abbia costituito oggetto della decisione quale punto controverso. La denunciata mera svista di carattere materiale in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale costituisce errore di fatto e motivo di revocazione a norma dell’art. 395 c.p.c., n. 4, che deve essere proposta allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza (art. 398 c.p.c., comma 1).

4. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.

5. Le spese del presente giudizio possono essere compensate, considerato che il ricorso è stato dichiarato inammissibile non in base ad eccezione formalizzata dalla parte controricorrente.

6. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto (Cass. S.U. n. 5314/2020).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 15 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2020

 

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