Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2175 del 31/01/2011

Cassazione civile sez. II, 31/01/2011, (ud. 14/12/2010, dep. 31/01/2011), n.2175

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 19287-2005 proposto da:

P.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA R. PIRIA 9, presso lo studio dell’avvocato SEGNALINI

FRANCO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

SERRATORE GIANFRANCO;

– ricorrente –

contro

A.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA CLITUNNO 51, presso lo studio dell’avvocato ONGARO FRANCO,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato TONETTO

GIANCARLO;

C.A. (OMISSIS), P.M.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZALE

CLODIO 14, presso lo studio dell’avvocato GRAZIANI GIANFRANCO, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato TORRE MARIAELISABETTA;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1071/2004 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 06/07/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/12/2010 dal Consigliere Dott. LUCIO MAZZIOTTI DI CELSO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI CARMELO che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

P.A. proponeva appello avverso la sentenza 16/4/2003 dei tribunale di Bassano del Grappa assumendo che la statuizione di rigetto della domanda di acquisto per usucapione dell’immobile sito nel Comune di (OMISSIS), da essa proposta nei confronti di C.A. e P. M., era frutto di errata valutazione della situazione reale.

All’udienza di prima comparizione comparivano solo gli appellati e A.L. – chiamata in garanzia nel giudizio di primo grado – e non l’appellante per cui veniva fissata nuova udienza ai sensi dell’art. 148 c.p.c.. Alla detta nuova udienza l’appellante P. non compariva. La Corte di appello, quindi, con sentenza 6/7/2004 dichiarava improcedibile l’appello.

La cassazione della detta sentenza è stata chiesta da P. A. con ricorso affidato ad un solo motivo. Hanno resistito C.A. e P.M. e, con separato controricorso, A.L..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso P.A. denuncia violazione dell’art. 115 c.c., comma 8 e vizi di motivazione sostenendo che il tribunale di Bassano del Grappa ha errato nel ritenere sussistente, tra le parti in causa, al rapporto di comodato avente ad oggetto l’immobile de quo. La realtà dei fatti non è questa in quanto nella specie non è stata mai dimostrata resistenza di detto contratto di comodalo. Le testimonianze riportate nelle motivazioni della sentenza di primo grado non chiariscono la circostanza dell’esistenza di tale tipo di contratto o di un rapporto di lavoro subordinato di custodia.

Il motivo è manifestamente inammissibile sotto un duplice profilo.

Occorre premettere che, come è pacifico nella giurisprudenza di legittimità, è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con cui si rivolgono censure contro la sentenza di primo grado, anzichè contro quella di appello, posto che oggetto del suddetto ricorso è – al di fuori dei casi eccezionali previsti dalla legge e non ricorrenti nella specie – normalmente la sentenza di secondo grado (tra le tante, sentenze 3/8/2007 n. 17072: 9/5/2007 n. 10626;

15/3/2006 n. 5637).

Del pari è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione contente censure non riferibili alla “ratio decidendi” della sentenza impugnata (sentenze 17/7/2007 n. 15952; 2/4/2007 n. 8087; 12/12/2005 n. 27391).

Nella fattispecie in esame sussistono gli estremi che consentono la pronuncia di inammissibilità dell’unico motivo di ricorso con il quale la P. ha mosso censure rivolte esclusivamente alla decisione di primo grado e che non sono in alcun modo riferibili alla impugnata sentenza di appello con la quale il gravame proposto dalla attuale ricorrente è stato dichiarato improcedibile ai sensi dell’art. 348 c.p.c.: avverso tale ratio decidendi non è stata formulata alcuna specifica e completa critica.

Il ricorso va pertanto rigettato per l’evidente e palese inammissibilità dell’unico motivo in base al quale è stato chiesto “annullamento della sentenza impugnata.

Le spese segiuono la soccombenza e vanno liquidate nella misura indicata in dispositivo in favore di ciascuna parte resistente.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in favore di C.A. e P.M. in complessivi Euro 200,00, oltre Euro 1.500,00 a titolo di onorari ed oltre accessori come per legge e, in favore di A.L. in complessivi Euro 200,00, oltre Euro 1.250,00 a titolo di onorari ed oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2011

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