Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21749 del 20/09/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 20/09/2017, (ud. 27/02/2017, dep.20/09/2017),  n. 21749

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso 12, l’Avvocatura

Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

Crival s.r.l. in liquidazione, rappresentata e difesa dall’avv.

Flavia Natali, con domicilio eletto presso il difensore in Lecco,

via Digione 10;

– controricorrente –

e sul ricorso iscritto al n. 28216/2012 R.G. proposto da:

CRIVAL S.R.L. in liquidazione, rappresentata e difesa dall’avv.

Flavia Natali, con domicilio eletto presso il difensore in Lecco,

via Digione 10;

– ricorrente incidentale –

Agenzia delle Entrate;

– intimata –

Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 93/05/12, depositata il 20 settembre 2012.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 21 febbraio 2017

dal Consigliere Giuseppe Tedesco;

udito l’avv. Gianna Galluzzo;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale Del Core Sergio, che ha concluso chiedendo l’accoglimento

del ricorso principale e l’accoglimento del ricorso incidentale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Commissione tributaria provinciale di Milano ha accolto il ricorso della contribuente contro avviso di accertamento, con il quale, in relazione all’anno 2005, fu induttivamente rettificato, ai fini Ires, Irap e Iva, il reddito di impresa.

Il particolare la Ctp ha ridotto il quantum determinato dal Fisco.

Contro la sentenza hanno proposto appello sia la contribuente e sia l’Amministrazione finanziaria, la prima per ottenere l’annullamento totale dell’atto impositivo, la seconda per ottenere il ripristino dell’importo per il quale l’avviso fu originariamente emesso.

La Commissione tributaria regionale della Lombardia (Ctr) ha accolto parzialmente l’appello della contribuente, riducendo il maggiore imponibile all’importo proposto dalla stessa contribuente.

Contro la sentenza l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

La contribuente ha reagito con controricorso contenente ricorso incidentale affidato a due motivi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il primo motivo del ricorso principale deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo del giudizio. Il fatto rispetto al quale la motivazione si assume omessa è la riferibilità dei maggiori ricavi all’annualità 2005, oggetto dell’avviso di accertamento.

Il motivo è inammissibile. Nel caso di specie è applicabile, in relazione alla data di pubblicazione della sentenza, la norma del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, convertito in L. n. 134 del 212, che ha modificato dell’art. 360 c.p.c., comma 1, il n. 5 prevedendo, quale motivo di ricorso per cassazione, l'”omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti”.

Senza che sia necessario indagare sui limiti della cognizione demandabile al giudice di legittimità in forza della nuova previsione (Cass. S.U. n. 8053/2014), è agevole rilevare che la ricorrente non deduce alcun fatto il cui esame fu omesso dalla Ctr, ma denuncia in blocco la valutazione positiva dei fatti operata dalla sentenza, pretendendone una diversa.

Il secondo motivo deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2967 c.c., là dove la Ctr aveva imputato all’Amministrazione finanziaria di non avere contestato la ricostruzione contabile proposta dalla contribuente.

Il motivo è infondato. Ai fini di una migliore comprensione della vicenda è bene ripercorrere in sintesi il metodo seguito dal Fisco per la ricostruzione analitica presuntiva dei ricavi per l’anno 2005.

I verificatori hanno inventariato la merce presente al momento dell’accertamento, selezionando un campione di prodotti (318 articoli su 536 inventariati, cfr. controricorso p. 10); quindi, sulla base del confronto fra il prezzo di cartellino e il costo di acquisto come da fatture di acquisto e bolle (riferite naturalmente al campione selezionato), hanno ipotizzato la percentuale di ricarico medio del 108%.

Sulla base di tale percentuale è stato induttivamente accertato il costo del venduto a cui riferire il ricavo dichiarato nel 2008.

Il dato così ricavato è stato poi utilizzato per correggere la rimanenza di magazzino di inizio anno, e così a ritroso fino al 2005, anno dell’accertamento.

Nel controricorso è riportato il seguente stralcio del verbale di constatazione: “la discordanza tra le rimanenze calcolate riscontrate fra le rimanenze calcolate dai militari e le rimanenze dichiarate dalla parte, sia per l’anno di imposta 2007, 2006 e 2005 a parere dei verbalizzanti è da ricondurre all’annualità 2005, salvo diverso avviso di codesta Agenzia”.

In altri termini, benchè il metodo utilizzato facesse emergere una giacenza iniziale di magazzino minore di quella dichiarata dalla contribuente per ciascuno degli anni dal 2008 e a ritroso fino al 2005; nondimeno la differenza fu interamente imputata al 2005.

In tema di accertamento presuntivo di maggiori ricavi ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 39, comma 1, lett. d) si determina l’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente se l’accertamento analitico induttivo è fondato su presunzioni gravi, precise e concordanti, là dove la Ctr ha ritenuto “non convincente l’addebitamento al 2005 anche per i presunti ricavi riguardanti gli anni 2006 e 2007”, così, implicitamente ma univocamente, escludendo la rilevanza presuntiva del metodo seguito dal Fisco per la rideterminazione dei ricavi per l’anno 2005 e la conseguente inversione dell’onere della prova a carico del contribuente.

L’iter logico giuridico che emerge dalla sentenza esclude che ci sia stata violazione dell’art. 2697 c.c., come infondatamente assume il Fisco con il motivo in esame, che va pertanto rigettato.

Il primo motivo del ricorso incidentale deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza o del procedimento per omessa pronuncia sulle domande con cui fu dedotta la nullità o l’annullabilità dell’avviso di accertamento.

Ma in questo senso il motivo è infondato. I vizi fatti valere dalla contribuente, qualora riscontrati positivamente, avrebbero travolto interamente l’atto impositivo, mentre così non è stato. Il che vuol dire, avuto riguardo all’evidente incompatibilità fra la decisione e le deduzione non esaminate, che queste sono state implicitamente rigettate (Cass. n. 20311/2011; conf. 17956/2015).

Il secondo motivo del ricorso incidentale deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15 e dell’art. 92 c.p.c.. L’aspetto della sentenza investito della censura è quello relativo alla compensazione delle spese di lite, che sarebbe stata disposta dalla Ctr in assenza del presupposto della soccombenza reciproca e di esplicitazione delle ragioni giustificative della statuizione.

Il motivo è infondato. In tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa; pertanto, esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso di altri giusti motivi (Cass. n. 15317/2013).

E’ in ogni caso errata la premessa da cui muove la ricorrente incidentale, che l’esito del giudizio identificava nell’Amministrazione finanziaria l’unica parte soccombente, se è vero che la Ctr ha comunque accertato maggior materia imponibile. Il fatto che i maggiori ricavi siano stati determinati nella misura proposta in via subordinata dalla contribuente non trasforma un esito, seppure in forma marginale, sfavorevole per la contribuente in una totale vittoria. E’ ovvio che il fatto che la riduzione sia stata proposta sotto forma di domanda è a tal fine irrilevante. Nel momento in cui la Ctr ha determinato i maggiori ricavi nella somma di Euro 10.000,00 non ha “accolto” una domanda della contribuente, ma ha pur sempre parzialmente confermato la pretesa del Fisco.

In conclusione vanno rigettati sia il ricorso principale e sia il ricorso incidentale.

PQM

 

rigetta il ricorso principale; rigetta il ricorso incidentale; compensa le spese processuali del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 27 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2017

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